All’Ilva di Taranto sembra che nulla sia destinato a mutare, che i figli erediteranno fatica e privilegi dei padri. Ma le vicende di due operai metteranno in dubbio questo stato delle cose.
Siamo nello stabilimento più grande d’Europa, l’Ilva. Siamo in uno dei tanti reparti giganteschi della fabbrica, Acciaieria 1 reparto RH. Qui l’acciaio fuso transita per raggiungere il reparto della colata e gli operai sono chiamati a controllare la qualità della miscela. La temperatura è di 1600 gradi centigradi.
Due operaisul posto di lavoro. Il primo è un veterano, venti anni di servizio alle spalle e un carattere prepotente, di chi si è lavorato la vita ai fianchi e il poco che ha lo difende coi denti, compreso il suo piccolo desiderio: fuggire da Taranto, coi suoi figli, per non tornarci più. Il secondo è una matricola, un giovane di venticinque anni appena assunto nello stabilimento.
I due potrebbero essere padre e figlio. In questo stabilimento dal 1962 ci sono generazioni di operai che si avvicendano, si confrontano, si scontrano e si uniscono. I padri hanno fatto posto ai figli e ai nipoti senza che nulla sia intervenuto a modificare questo flusso di forza lavoro.
Si sono tramandati saperi ed esperienze così come usi e abusi, leggi tacite e modi di fare. Sembra che in questo scenario nulla sia destinato a mutare, che i figli erediteranno fatica e privilegi dei padri. Ma è davvero così?
Nuova drammaturgia, teatro civile… etichette possibili per una urgenza che non vuole essere chiusa o bollata con un’etichetta, ma vuole essere un prendere parola, restituire un sentimento di dolore e di impotenza insieme, condividendolo con una città e non solo, come il teatro sa fare. I gesti, i volti, le voci di attori possono riuscire a raccontare il sangue di una città ferita e divisa. Oltre l’informazione.
Il Crest, produttore dello spettacolo, che sta per “collettivo di ricerche espressive e sperimentazione teatrale”, nasce nel 1977, in un contesto difficile dal punto di vista sociale e culturale. Dopo 30 anni di attività “senza fissa dimora”, dal 2009 la Compagnia dispone di mille metri quadrati di “teatro da abitare”, il TaTÀ, nel quartiere popolare ed operaio per eccellenza della città, il rione Tamburi appunto, il più contiguo alle svettanti ciminiere Ilva.
Un teatro da 300 posti che mira a diventare polo di attrazione di artisti italiani e stranieri, diventando modello di mediazione tra il teatro e le altre forme di comunicazione/creazione quali la scrittura, la pittura, il video, la danza, la musica.
Una produzione Crest – Teatri Abitati
Capatosta
scritto da Gaetano Colella
con Gaetano Colellae Andrea Simonetti
composizione sonora di Mirko Lodedo
scene di Massimo Staich– disegno luci di Fausto Bonvini
regia di Enrico Messina
in collaborazione con Armamaxateatro
Teatro comunale di Pergine
Giovedì 2 febbraio ore 20.45
{loadposition testSignature}