Dopo il recente incontro con lo scrittore trentino Roberto Corradini, organizzato dal Circolo culturale Ipazia di Mattarello, abbiamo pensato di proporre una intervista all’autore de “Il sangue e l’inchiostro”, edito da Curcu&Genovese nel 2015.
In questa sua prima prova, un romanzo epistolare in 12 lettere, scritto in modo scorrevole, quasi musicale, Corradini narra degli importanti cambiamenti che il mondo registrava tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento. Il romanzo ha visto anche il prezioso adattamento radiofonico in 14 puntate, prodotto e trasmesso da Rai Radio 2. E dalla città di Trento, inizia l’avventura di due fratelli di modesta, dignitosa e sobria famiglia che nel corso della vita avranno modo di assistere all’evoluzione geopolitica del nostro territorio (dagli Asburgo al fascismo), di osservarne i conseguenti cambiamenti di costume e di valori, insomma, una società che muta e che richiede la stessa capacità agli uomini e alle donne che la abitano.
Ma non solo qui in Trentino, perché uno dei protagonisti spicca il volo, o meglio, prende il largo sulle navi che tracciano le lunghe rotte oceaniche cercando approdi di fortuna nel Nuovo Mondo. Qui, babele di lingue, incroci improbabili e fortunosi, mettono la vita alla mercé del destino. Qui, assistiamo alla nascita della grande nazione USA, fatta di etnie eterogenee, talvolta dalla difficile convivenza, ma innervate di quella ebbrezza e resistenza che rende possibili le grandi imprese e l’emergere degli ingegni.
Della scrittura e della sua importanza però, in ultima analisi, racconta l’opera che attraverso le lettere dei due protagonisti lontani mantiene caldo il legame affettivo e non lascia disperdere il patrimonio dei sentimenti.
Tutto questo perché una infanzia attenta alle storie trasmesse oralmente dai familiari ha “formato” lo scrittore lasciandogli un debito di riconoscenza e solidarietà intima con quanto ascoltato.
Ora, Roberto Corradini si appresta a dare alle stampe, sempre per lo stesso editore, il suo secondo romanzo. E proprio a proposito di questa sua nuova creatura vogliamo rivolgergli alcune domande, ringraziandolo per la disponibilità e la gentilezza che ci ha riservato.
Roberto Corradini, il suo primo romanzo “Il sangue e l’inchiostro” ha raggiunto in poco più di un anno tre edizioni, è stato trasmesso da Rai Radio 2 nella scorsa estate ed è stato presentato più volte ad un pubblico partecipe e numeroso – partendo proprio da quel teatro San Marco di Trento dove inizia il suo romanzo. Lei ne sarà sicuramente soddisfatto. Ebbene, tra poche settimane uscirà la sua seconda opera. Ce ne vuole parlare? E come vive questo momento?
“Vivo questo momento con gioia (il mio primo libro è stato letto ed apprezzato anche fuori dal Trentino, in varie zone d’Italia e perfino a Parigi e in Brasile), lo vivo con gratitudine (per le molte persone che mi hanno letto con attenzione e che mi hanno poi trasmesso un positivo riscontro) e lo vivo con grande aspettativa nei confronti della seconda opera che sta per uscire con il titolo “Gente Libera” e che sarà presentata a Trento, sabato 20 maggio alle ore 17 presso l’omonima Cassa Rurale, in via Belenzani.”
“Gente Libera” sarà in continuità con le vicende narrate ne “Il sangue e l’inchiostro”? In quale periodo storico è ambientato?
“No, “Gente Libera” avrà personaggi completamente diversi da quelli che sono protagonisti di “Il sangue e l’inchiostro”, non ne sarà dunque il “sequel” . Ai Corradini subentreranno i Libera (precisamente tre generazioni di una famiglia trentina, Libera di cognome e di temperamento). Avrà però quale riferimento e scenario un periodo storico simile o uguale, precisamente quello che va dal 1850 al 1950 circa; in quel secolo di tempo ci sono stati eventi terribili (crisi in campo agricolo, carenze culturali, diverse epidemie, ondate di emigrazione e – in mezzo a due guerre mondiali – cambio di confini e di sovrano, dittature, crisi finanziaria ed economica post 1929, occupazione nazista e lotta di liberazione) ma poi anche eventi positivi e carichi di speranza, quali passaggio da Monarchia a Repubblica, entrata in vigore di una nuova Costituzione, avvento della democrazia, ricostruzione di un nuovo tessuto sociale, politico e progresso economico.”
Infatti, Lei nel primo romanzo dà grande importanza al quadro storico generale dentro il quale si svolgono le vicende familiari dei personaggi, riuscendo comunque a mantenere e descrivere con grande intensità i sentimenti ed i caratteri personali. Sarà così anche nel secondo libro?
“Certamente. Anche questa volta racconto la storia di tre generazioni di una famiglia trentina all’interno di una Storia molto più grande della loro; quella che in un secolo ha fatto da cupo sottofondo collettivo e sconvolto la vita di milioni di europei. Cosicché, io spero ancora che in quelle storie (vere anche se romanzate) possano riconoscersi anche i lettori (non solo trentini) che hanno avuto padri, nonni e bisnonni protagonisti o vittime degli stessi eventi sopra elencati.”
Dov’è ambientato il suo secondo romanzo?
“Non più in Brasile o negli Stati Uniti. Non solo in Trentino. La storia di “Gente Libera” nasce ad Ala, si sposta nel Lombardo-Veneto (precisamente a Verona), poi a Salisburgo, Sadowa ed Innsbruck; torna ad Ala, Avio e Trento; poi ha un intreccio fra Trento e la Galizia e un altro ancora fra Trento e Firenze ed anche Roma; ha uno sviluppo in Argentina (precisamente a Buenos Aires) e una parentesi bellica in Grecia e in Albania; si conclude a Trento.”
Nel primo romanzo, Lei mette in risalto anche i cambiamenti di costume ed i progressi tecnologici di quel tempo: navi più veloci ed affidabili per i viaggi in oceano Atlantico, uso sempre più diffuso della fotografia, della radio e del telefono, avvento e successo del cinema, ecc. Darà spazio a questi aspetti anche nel secondo libro?
“Senz’altro. Ma in “Gente Libera” metterò ancora in risalto soprattutto il modo onorevole in cui i protagonisti (alla pari della maggior parte dei loro conterranei e coetanei) abbiano saputo/dovuto/voluto affrontare i terribili eventi del secolo considerato facendo leva soprattutto sulle loro forze interiori: attaccamento al territorio e alle radici sociali, capacità di lavoro, resistenza alla fatica, determinazione, volontà di riscatto sociale, coesione familiare, affetto, voglia di vivere, fede e coerenza; testimonierò la loro capacità di attendere con costanza le cose essenziali della vita, di saper rinunciare a quelle meno essenziali, di saper distinguere tra le prime e le seconde, di lottare comunque e di sopravvivere alle avversità anche attraverso la solidarietà e la volontà di tenere viva la storia delle loro fatiche e delle loro gioie.”
Anche “Gente Libera” avrà forma epistolare? E, se sì, perché?
“Sì, anche nel secondo romanzo ho fatto scambiare ai miei personaggi lettere intense, gliele ho dettate io immedesimandomi in loro. Le mie fonti di storia sono state ancora orali, cioè le storie che farò scrivere ai miei personaggi non sono state da me attinte da lettere autentiche. Ho voluto privilegiare ancora la forma epistolare, perché in quei tempi le lettere erano l’unico mezzo possibile per la trasmissione delle notizie “private” tra parenti e persone (anche di ceto umile) che vivevano in località lontane; perché quando esse arrivavano a destinazione (spesso in ritardo colossale) causavano gioia o disperazione enorme; perché – tra qualche decennio – non sarà più possibile scrivere un romanzo epistolare, visto che non sarà più credibile, visto che le lettere spariranno del tutto, come le cartoline e le fotografie stampate su carta.”
Il nuovo romanzo avrà ancora lo stile che io ho definito “scorrevole e musicale”, caratterizzato da frasi per lo più brevi, che finiscono con parole in rima?
“Sì, è il mio stile personale. L’italiano è una lingua musicale per eccellenza. Come i miei coetanei sono cresciuto ascoltando bellissime canzoni straniere, ma anche italiane. Viviamo in un Paese di cantautori: non occorre elencarli tutti, ne ricordo uno che è indimenticabile (Fabrizio De André), ne ricordo un album eccelso (La Buona Novella), ne ricordo una sola frase “… gli uomini della sabbia hanno profili da assassini, rinchiusi nei silenzi d’una prigione senza confini …”. Ho reso l’idea? Certo, De Andrè è un grande, io no. Ma sono stato influenzato da lui e da tutti quelli come lui.”
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Clara Lunardelli – Onda Musicale