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Rosa Romano e “Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione”

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Nella nostra rubrica dedicata alle recensioni letterarie, da sempre, ci piace dare una possibilità a volumi della piccola editoria. Quest’oggi vi proponiamo un romanzo che è un piccolo gioiello per chi ama le storie ambientate durante la II Guerra Mondiale: Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione di Rosa Romano.

Rosa Romano è un’autrice nata a Napoli ma da sempre adottata da Legnano. Attiva dalla fine degli anni Novanta ha al suo attivo tanti premi e racconti pubblicati un po’ ovunque e ha scritto per il teatro. Con Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione ha voluto finalmente cimentarsi sulla lunga distanza del romanzo.

Il libro, edito da Solfanelli, sarà presentato al Salone del Libro di Torino, assieme alla nuova uscita, una raccolta di racconti (Primule, violaciocche e garofani rossi) pubblicata per Tabula Fati.

Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione è ambientato nell’estate del 1943. Un periodo tra i più difficili della storia del nostro paese, quando l’Italia fascista, trascinata in un’assurda campagna militare dalla follia imperialista di Benito Mussolini, si ritrova a capitolare contro eserciti ben più attrezzati.

Sono quindi i giorni che precedono e seguono l’armistizio dell’otto settembre, la precipitosa fuga del re e del dittatore e il velleitario tentativo di restaurare il regime con la Repubblica Sociale di Salò. Con la Storia con la esse maiuscola sullo sfondo, si snoda il romanzo di Rosa Romano. Si tratta di una vicenda corale, come si usa definire il genere, ambientata in gran parte in Val Veddasca, zona di confine tra la Lombardia e la Svizzera del Ticino.

Un’altra parte della storie, però, forse quella più intensa, si svolge sulla strada, on the road per dirla con Kerouac. Ma andiamo con ordine. In Val Veddasca si dipanano le vicende di Annetta e di altri personaggi del paesino dove vive, uomini e donne che sono rimasti in attesa, fuori dalla guerra, e cercano di tirare avanti con dignità.

Annetta, figura di donna intensa e coraggiosa ma pienamente calata nel suo tempo, aspetta il ritorno del marito Antonio, militare e fervente fascista impegnato sul fronte albanese. La donna è divisa tra la morale dell’epoca, che le impone una rettitudine che si traduce in una vita di stenti, e la tentazione di qualcosa d’altro.

Annetta è infatti oggetto delle attenzioni di Luisin, amore di gioventù e ora impegnato sul fronte opposto di Antonio, nella Resistenza. D’altra parte, la donna è anche tentata di sbarcare il lunario in modo più accettabile col mercato nero di beni come farina e riso con la vicina Svizzera.

In Val Veddasca ci sono però una serie di altri personaggi minori nell’economia della storia, ma che spesso rimangono impressi ancora di più nella memoria del lettore. Mariella, soprattutto, donna misteriosa e ritenuta troppo fuori dai canoni, se non pazza, un po’ da tutti e la cui storia si svelerà solo nel finale.

Il personaggio più forte del romanzo è però forse Micuccio, giovanissimo marinaio ragazzino che Antonio incontra nella sua avventurosa fuga dall’Albania all’indomani dell’armistizio. Non diciamo di più per non rovinare ai lettori la sorpresa, ma Micuccio è un carattere degno del grande romanzo verista italiano. E sono proprio gli incontri che Antonio fa sulla lunga strada del ritorno a segnare la parte più interessante della storia di Rosa Romano. L’uomo è infatti partito per il fronte dopo essersi innamorato del sogno imperiale di Mussolini.

Antonio si è arruolato senza porsi domande ma, una volta testimone dell’assurdità della guerra e dei massacri inutili a cui assiste, inizia a chiedersi se dopotutto sia giusto quel sogno in cui tanto ha creduto. È molto interessante il modo in Rosa Romano ci fa entrare nella mentalità di un giovane soldato dell’epoca.

Sì, perché se da un lato è incomprensibile ancora oggi la follia scellerata del dittatore Mussolini, è però possibile capire come ingenuamente tanti giovani potessero aver creduto in quei progetti megalomani. E allora Antonio ci aiuta a capire come anche un giovane con la testa sulle spalle, anche se dal pensiero sicuramente reazionario, potesse in buona fede credere alle lusinghe di un’Italia vincente in un conflitto magari veloce e quasi indolore.

Antonio – durante il suo viaggio on the road – cresce forse più in pochi giorni che in tutta la sua vita. Sarà però la notizia udita alla radio della costituzione della Repubblica Sociale a confondere ancora l’uomo, diviso tra la voglia di tornare dalla sua famiglia e il dovere di soldato di aderire alla repubblica. Il lettore, fino all’ultima pagina, rimarrà col fiato sospeso riguardo alla sua scelta.

Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione è insomma un romanzo ben riuscito, grazie ai contenuti ma anche alla scrittura di Rosa Romano, fluida e scorrevole e ricca di introspezione psicologica. Per gli amanti del periodo e magari del cinema di quegli anni, di quel neorealismo venato di sentimenti veri, la lettura sarà sicuramente un piacevole tuffo nel passato.

L’unico neo è forse nell’eccessiva brevità. Sì, perché probabilmente alcuni personaggi avrebbero meritato più spazio e approfondimento. Ecco, se le storie di Annetta, del Luisin e di Mariella avessero avuto maggiore respiro, forse Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione sarebbe davvero potuta essere una grande saga. Tutte le scelte narrative hanno però pro e contro, e allora in questo modo il romanzo acquista comunque un altro pregio, quello dell’agilità di lettura.

Quando l’amore sfidò la sorte e la ragione di Rosa Romano è – in conclusione – una lettura fortemente consigliata.

— Onda Musicale

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