Musica

Il rock e le sue antiche radici: ‘nomos’, percussioni, e We Will Rock You

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Ripercorrere la storia del rock significa avviarsi in un tunnel con milioni di ramificazioni. Un labirinto dal quale non se ne esce. Piacevolmente, s’intende.

Ma soprattutto i suoi sottogeneri hanno dato scontro a storiche diatribe tra sostenitori dell’uno piuttosto che dell’altro cantante, del plettro e del non plettro, del Vasco o del Liga; altro che referendum.

Ma soprattutto ci dà modo di rinvenire parallelismi spesso non evidenziati adeguatamente, talvolta non considerati, che invece ci aprirebbero – eccome – le meningi. Chi non conosce il ritmo di We Will Rock You dei Queen? Ecco, partiamo da quel ritmo. Un ritmo che ha fatto la storia della musica, che tutti conosciamo e riconosciamo. Un successo non solo per le hit parade ma anche negli stadi, sugli spalti, nelle vite quotidiane. Ritmo tambureggiante. Oserei: una vera e propria ispirazione musical mitologica da Lino e Orfeo.

Sembra quasi che quel ritmo fosse, e sia tutt’oggi – in fondo, è immortale – ispirato da un suono primordiale, per una vera e propria musica d’accompagnamento della vita quotidiana, dal lavoro alle pulizie domestiche. E We will rock you assunse le parvenze di un nomos greco.

Cos’è il nomos?

Trattavasi di melodia orecchiabile composte nell’Antica Grecia, non trasmesse in maniera scritta – per qualche motivo, i greci ritenevano che la musica dovesse esser ricordata dal cervello e non dalla scrittura -, tendenzialmente monodica, composta per lo più dai poeti – che all’epoca erano considerati musicisti della parola – ma anche da chiunque fosse caratterizzato sostanzialmente dalla volontà di far suonare i piattini. Lo scopo? Celebrare le vittorie degli atleti alle Olimpiadi. Sì, lo sport e la musica, soprattutto se composta da percussioni varie, era fondamentale nelle manifestazioni sportive. Insomma, esattamente ciò che avviene tutt’oggi sugli spalti degli stadi di calcio con tamburi e cori facilmente cantabili.

Il rock ha attinto molto, forse a sua insaputa, da una caratteristica della musica antica: l’estro. Aumentando i Conservatori, aumentano le conoscenze tecniche, e diminuiscono fantasie, invenzioni, estri vari. Oggigiorno è impensabile che un giovine del Conservatorio non sappia leggere uno spartito. Ebbene, il primo David Gilmour usava la tablatura. Sì, uno dei più grandi chitarristi di sempre usava i numeretti per comporre riff indimenticabili.

Improvvisazione; estro; fantasia. Questi i tre ingredienti per un rock che sia roccioso, per davvero. Altrimenti, miei cari, avviamoci pure a issare bandiera bianca.

I nomoi furono prodromici alle armonie, le prime scale musicali insomma. Erano numerose, avevano moltissime articolazioni interne, adatte sia per lo sport che per le guerre. Un po’ come We will rock you.

 

  Daniele Martignetti – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Queen/We Will Rock You
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