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Esce il 4 dicembre “Odin’s Raven Magic”, il nuovo disco dei Sigur Rós che viene dal passato. Storia di un capolavoro non più nascosto.

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Su etichetta Krunk, distribuita da Warner Classics e anticipato dal singolo Dvergmál (LINK), esce dopo 7 anni dal precedente Odin’s Raven Magic, il nuovo album degli islandesi Sigur Rós.

Nuovo discograficamente (2LP vinile nero, 2LP vinile bianco, CD), viene dal passato. Eccone l’avvincente storia.

In Islanda, il contrasto tra vulcani e ghiacciai, in un paesaggio frastagliato governato dalle placche tettoniche, è schiavo della potenza e della gloria della natura. Nel tentativo di dare un senso alla maestosità di questo contrasto, innumerevoli generazioni di islandesi hanno creato miti e leggende senza tempo, riassunti dalle Edda, due opere letterarie islandesi medievali (l’Edda in prosa e l’Edda poetica) risalenti al XIII secolo.

Il suono meraviglioso ed ampio dei Sigur Rós riesce ad evocare gli elementi: fuoco e ghiaccio, oceano e cielo, musica che vola ma contestualmente ribolle di una serenità altrettanto intensa, musica che non poteva non attingere all’antico pozzo di saggezza e fantasia dell’Edda. E come l’Edda, che risale a secoli fa, Odin’s Raven Magic fa parte della storia (relativamente) antica della band: concepita nel 2002 ed eseguita solo una manciata di volte quell’anno, la composizione è diventata parte della mitologia dei Sigur Rós. Esisteva in frammenti reperibili online, ma dopo 18 anni la registrazione dal vivo dell’esecuzione, di 70 minuti, alla Grande Halle de la Villette di Parigi vede finalmente la luce.

I vulcani si prendono il loro tempo per esplodere, mentre i ghiacciai si muovono a ritmo glaciale…

“Se n’è sempre parlato, ma la realizzazione di un nuovo film in parallelo con la pubblicazione della musica e altri aspetti concettuali hanno comportato complicazioni – spiega l’ex tastierista e arrangiatore della band Kjartan Sveinsson – Alla fine abbiamo deciso che era ridicolo continuare ad attendere quando, invece, ci sono persone che vogliono ascoltarlo.”

Odin’s Raven Magic (La magia del corvo di Odino) è il frutto della collaborazione principalmente con Hilmar Örn Hilmarsson, leggenda della musica islandese e ordinato ‘dio principale’ (‘allsherjargoði’) della religione pagana norrena Ásatrúarfélagið, e con Steindór Andersen, pescatore ma anche il cantore più rispettato del racconto epico tradizionale islandese noto come Rímur. Le origini della composizione risiedono nella curiosità intellettuale, culturale e basata sulla fede di Hilmarsson. Dopo aver ascoltato l’album d’esordio dei Sigur Rós nel 1997, Von, Hilmarsson desiderava lavorare con la band. Nel 1999, lui e il regista Friðrik Þór Friðriksson chiesero alla band di contribuire alla colonna sonora che Hilmar stava realizzando per il film islandese Angels Of The Universe. Pochi mesi dopo, il Reykjavik Arts Festival commissionò a Hilmarsson un nuovo componimento, che lo condusse di nuovo ai Sigur Rós.

Da lungo tempo, Hilmarsson era affascinato da un capitolo dell’Edda, Hrafnagaldur Óðins, ovvero Odin’s Raven Magic, così chiamato perché il dio nordico aveva due corvi (Huginn e Muninn) che volavano sulla Terra (nella mitologia norrena, Midgard) per riportargli informazioni. Il poema (26 stanze di otto versi) raccontava di un grande banchetto tenuto dagli dei mentre segni minacciosi predicevano la fine del mondo, sia degli dei sia degli uomini. Nel 1867 il poema fu giudicato un falso, risalente al XVIII secolo. Nel 2002, gli studiosi ne confermarono l’autenticità, facendolo risalire al XIV secolo. “Stavo facendo una crociata per il riconoscimento del poema – dice Hilmarsson – pensavo che fosse stato rinnegato per qualche particolare ragione.”

Quando Hilmarsson chiese ai Sigur Rós di aiutarlo a concepire un adattamento musicale, erano impegnati a registrare il seguito del loro secondo (e rivoluzionario) album Ágætis Byrjun, ma accettarono la collaborazione. Dopo l’incontro con il cantante/chitarrista della band Jónsi, Hilmarsson ricorda: “Fui seguito da due corvi, cosa che presi come un buon segno. Jónsi era molto eccitato. Diventò un puzzle: come possiamo risolverlo?”

“Non sapevamo del poema”, ricorda Sveinsson, “ma era bellissimo e volevamo essere coinvolti, anche se avevamo solo due settimane per realizzare il progetto! Fu pazzesco.”

Per prima cosa chiamarono Andersen, con il quale i Sigur Rós avevano arrangiato antichi canti nell’EP Rímur del 2001.

Jónsi e Hilmar avevano visto separatamente una mostra dello scultore e artista Páll Guðmundsson il quale aveva costruito una marimba unica nel suo genere, con pezzi di pietra grezzi e s’innamorarono dello strumento. Hilmar conosceva appena Páll e si mise in contatto con lui; il gruppo decise di andare a visitare la sua fattoria a due ore di macchina da Reykjavík.

“Fu allora che il progetto cominciò a svilupparsi”, dice Sveinsson. “Le pietre ci avevano chiamato. Scrivemmo un sacco di temi per la marimba, poi Steindór ci scrisse sopra le melodie.”

“L’Islanda non ha una tradizione di litofoni [strumenti ricavati dalla roccia, ndr]”, dice Hilmarsson. “Ma la marimba di pietra era stata costruita dalla terra, quindi aveva un valore emotivo.”

Oltre alle parti della band furono utilizzati anche campionamenti ed elettronica, mentre Sveinsson e la sua compagna Maria Huld Markan Sigfúsdóttir (del quartetto d’archi Amiina) si occuparono principalmente degli arrangiamenti orchestrali e corali, mentre Hilmarsson contribuì anche con arrangiamenti e temi musicali. Nonostante la sua genesi frettolosa, Odin’s Raven Magic in otto parti è un piatto di squisita varietà tonale, che varia tra le parti riconoscibilmente simili ai Sigur nella sua tendenza a librarsi verso l’alto e abbassarsi a fuoco lento, ma al centro ci sono i timbri ipnotici della marimba, suonata sul palco dal suo creatore ma anche da altri, per utilizzarne appieno la gamma di quasi cinque ottave. Cantando i versi del poema, l’intima voce baritonale di Andersen è altrettanto vitale, rispetto al senso di grandezza del coro. E il poema stesso, ovviamente: dei particolari si perdono nella traduzione, ma strofe come “Hugur then disappears, seeking the heavens / Men’s ruin is suspected, if he’s delayed” e “Actions are numbed, the arms slump / a swon cover over the white god’s sword” danno il senso della linguaggio e del suo valore.

Jónsi è più chitarrista che cantante in questo caso, ma canta in due parti: “Passaggi in cui il poema racconta di cose che vanno male”, spiega Hilmarsson. “È stato l’istinto di Jónsi a renderlo così. Quello che canta alla fine è molto triste, perché il mondo è tutto fregato”.

Dopo, forse anche questo straordinario adattamento musicale è rimasto fregato. La performance a Parigi fu filmata e registrata, dice Hilmarsson, “ma il lavoro di ripresa fu come un video di Hollywood, che volava in giro, tutto aspetto e nessun contenuto. Lo odiavamo tutti.” Un nuovo mix stereo fu completato nel 2005, ma la ricerca di un accompagnamento visivo adeguato sfuggì ancora al team di lavoro e Odin’s Raven Magic tornò in magazzino, fino ad oggi. La composizione almeno servì a suscitare nuovamente l’interesse per il poema (“Hrafnagaldur Óðins non era più studiato seriamente da 40 anni”, afferma Hilmarsson) e ora ne è stata riconosciuta l’autenticità facendolo risalire al XVII secolo, sebbene appartenga ancora alla tradizione eddica. Quindi, è stato ritrovato un pezzo ‘perduto’ della tradizione letteraria islandese; nello stesso tempo, un pezzo di storia dei Sigur Rós.

“Hrafnagaldur Óðins ha molte interpretazioni e implicazioni che accendono l’immaginazione, riferendosi a miti che pensavo fossero persi per sempre”, conclude Hilmarsson. “È un poema molto visionario, con immagini incentrate sulla caduta e un mondo che gela da nord a sud. Era un avvertimento apocalittico. Forse la gente del tempo se lo sentiva sulla pelle. Oggi, ovviamente, l’Islanda è coinvolta nelle questioni ambientali che riguardano l’energia idroelettrica e la distruzione degli altopiani. È un nuovo avvertimento.”

 

  Carlo Maucioni

— Onda Musicale

Tags: Sigur Ros
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