Musica

Sfasciare una chitarra: la storia dietro al gesto

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Solo ieri abbiamo scritto di come Kurt Cobain dei Nirvana (vi riportiamo qui il link) amasse rompere le sue chitarre alla fine dei concerti, e oggi credo sia meglio fare un pò di chiarezza in merito.

Pete Townshend degli Who è spesso additato come il primo “rompi chitarre” della storia del rock, ma Paul McCartney, in una vecchia intervista, sostenne che sin dai tempi in cui i Beatles suonavano al Cavern, già loro avevano l’abitudine di spaccarle.

Dopo più di un concerto al giorno per più giorni di seguito, (non proprio la tematica di “Eight Days a Week”, ma usiamo questa citazione per cogliere lo stress) assieme ad ore ed ore di prove, rompere le chitarre era una reazione quasi naturale. Probabilmente complici anche tutti gli eccitanti e le anfetamine che prendevano per sostenere questi ritmi. L’uso di queste sostanze è peraltro testimoniato da brani come “Day Tripper” e “We Can Wort It Out”.

Lo “sfascia chitarre” più famoso rimane comunque Pete Townshend degli Who (senza scordare il buon Kurt Cobain) anche se va detto che ruppe la prima chitarra per errore.

Il nasuto chitarrista londinese, alla domanda sul perché avesse cominciato a suonare la chitarra, rispose in questo modo: “è per il mio naso amico, è enorme“. Era con gli Who in uno dei quei classici locali sotterranei, tipo Cavern per l’appunto, ed ha pensato bene di togliersi la chitarra alla fine di un pezzo.

Quello che purtroppo non ha calcolato è stata l’altezza del soffitto, ma mi spiego meglio. Il locale era sotterraneo e la band suonava su un palchetto per cui nello sfilarsi lo strumento Townshend urtò il soffitto e ruppe il manico. Pare che stesse usando una Rickenbacker. 

Nonostante la gioia del pubblico per l’apparente “provocazione”, Pete era addolorato dal gesto perché non era quello che voleva. Successivamente, quando gli Who cominciarono ad apparire nei vari show e festival, la gente li additava come “quelli che spaccano le chitarre” (vedere l’apparizione televisiva di “My Generation” per credere, dove lo vediamo assieme a degli scatenatissimi Roger Daltrey e Keith Moon ed un intimidito John Entwistle).

Più che per un iniziale ribellione ormai ha cominciato a farlo per rabbia verso la gente che li considerava solo come degli sfasciatori senza vedere oltre il proprio naso (perdona la frecciatina Pete).

Vi ricordiamo, inoltre, che Beatles e Who sono ancora collegati, nonostante le generazioni ed i lutti nelle rispettive band. Infatti, al posto di Keith Moon (morto il 7 settembre del 1978), dietro le pelli c’è Zak Starkey (collaborazione iniziata nel 1996), figlio del celebre Ringo Starr.

Due storie diverse per due gruppi altrettanto, diversi, ma esaminiamo brevemente i lati comuni. Erano tutti giovani e ribelli, erano gli anni ’60 in Inghilterra e la voglia di “spaccare” era tanta. Ritengo che non sia particolarmente importante definire chi fu il “primo a fare cosa”. 

Il mito non si è mai estinto tanto che i Clash immortalarono il tutto con la copertina dell’album “London Calling” del 1979.

Ai tempi nostri è molto facile vedere una band che rompe i propri strumenti sul palco, ma non dobbiamo dimenticare che neanche mezzo secolo fa il gesto era molto più provocatorio di oggi. 

Onore ai pionieri del punk.

 

Vanni Versini – Onda Musicale 

— Onda Musicale

Tags: Punk/Nirvana/The Beatles/Kurt Cobain/Pete Townshend/Roger Daltrey/Ringo Starr/Zak Starkey/Paul McCartney/The Clash/Vanni Versini/Keith Moon/John Entwistle
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