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Un disco per il week end: “Brave New World” degli Iron Maiden

Brave New World

È l’alba di un nuovo millennio anche per i portabandiera per eccellenza dell’heavy metal inglese, gli Iron Maiden, alle prese con due notizie non da poco per il loro futuro.

Dopo il breve periodo con Blaze Bayley nella band ritornano i figlioli prodighi Bruce Dickinson (voce) e Adrian Smith (chitarra) dopo il loro relativo periodo come solisti in rotta di collisione con la band ed i fan storici dei Maiden.

Il disco che suggella tale reunion è lo stupendo Brave New World” del quale vi parlerò oggi. Diamo dunque un’occhiata più attenta alle tracce che lo compongono:

The Wicker Man: il pezzo parte con il riff granitico di Smith seguito dalle rullate di McBrain e dalla cavalcata di basso di Harris. La voce del figlio prodigo appena rientrato nella band, lo storico Bruce Dickinson, fa subito dimenticare quella di Blaze Bayley grazie alle sue instancabili corde vocali che saranno le protagoniste di un ritornello corale e trascinante, “your time will come”, che è tutto un programma. Naturalmente tra i ritorni non va assolutamente scordato quello di Smith. Questo è il primo singolo del disco ed è davvero una mossa più che azzeccata! Tratto dall’omonimo film horror inglese del 1973, tra gli attori c’era anche il compianto Cristopher Lee, parla dei sacrifici a questo grande uomo di vimini come si può ben vedere dal videoclip.

Ghost of the Navigator: chitarre più soft arricchite da chorus e delay aprono le danze ad una vera e propria bufera elettrica in pieno stile Iron Maiden. Qui Dickinson si fa narratore di una vicenda che potrebbe anche far ricordare vagamente l’Odissea di Omero a tinte horror, l’orrore è infatti uno dei pilastri su cui poggia la scrittura della storica band inglese. Un marinaio sta affrontando una tempesta di notte a bordo della sua barca, ma durante il suo difficile tragitto non mancano i fantasmi dei marinai defunti e le sirene che lo attirano sugli scogli.

Brave New World: tratto dall’omonimo romanzo di Aldous Huxley, Il mondo nuovo, anche questo pezzo comincia in sordina con chitarre clean e brevi arpeggi seguiti da piccoli riff che terminano fino al crescendo con la voce di Dickinson ed il basso di Harris bene in evidenza. Mistico e poetico il pezzo si caratterizza poi per uno dei migliori assoli del disco in cui il trio composto da Murray, Gers e Smith dà il suo meglio sulle rispettive sei corde.

Blood Brothers: con sonorità più folk ed orchestrali, qui grazie all’ottimo lavoro dello statunitense Jeff Bova, questa canzone ha comunque un tono decisamente nostalgico e triste distanziandosi dai classici standard degli Iron Maiden. Qui Harris è infatti l’unico autore di questo pezzo dedicato al defunto padre che viene ricordato con queste parole “Just for a second a glimpse of my father I see / And in a movement he beckons to me/ And in a moment the memories are all that remain / And all the wounds are reopening again”.

The Mercenary: tornano i memorabili riff a tre chitarre sorretti da un instancabile McBrain per un brano che riprende in pieno gli stilemi della band “abbandonati”nella canzone precedente. Questo pezzo parla infatti di un uomo costretto ad uccidere per poter rimanere in vita nonostante la paura e il dolore che deve assolutamente nascondere al nemico sulle sue tracce. Lasciamo che poi a parlare siano i vorticosi assoli di chitarra elettrica che si innalzano fino al cielo.

Dream of Mirrors: con i suoi quasi nove minuti e mezzo è la canzone più lunga di tutto il disco. Con atmosfere inizialmente sognanti con chitarre clean, qui infatti si parla di uno strano incubo, il brano si snoda così fino a circa il terzo minuto per poi lasciar spazio alla potente voce di Dickinson ed il robusto sound della band. Una scelta così si sentirà anche nel disco successivo della band, “Dance of Death” del 2003. “Dream of Mirrors” non è tra i pezzi più citati del gruppo, ma saprà colpirvi più che positivamente. Vi suggerisco infatti di ascoltarlo più volte soprattutto la parte finale!

The Fallen Angel: un assalto elettrico in pieno volto atterra letteralmente l’ascoltatore. Il brano ha uno stampo più mistico e religioso perché si assiste all’ennesimo scontro tra il male (Azazel e demoni vari) e il bene (Dio).

The Nomad: ritorno alle tematiche mistiche con le gesta di un misterioso cavaliere nomade. Lasciatevi incantare dai riff assassini e dai nove minuti di canzone dove le corde vocali di Dickinson danno il loro meglio.

Out of the Silent Planet: il secondo singolo dell’album. Epico, trascinante, irresistibile, lanciatissimo, insomma, alzate il volume al massimo!

The Thin Line Between Love and Hate: pezzo finale più corale e con vaghi richiami progressivi che narra del libero arbitrio dell’uomo. Un brano splendido e ben suonato per concludere in bellezza un gran disco.

 

Giudizio sintetico: un album veramente bello che dimostra, ancora una volta, come il posto di Dickinson e Smith sia tra le fila dei buoni vecchi Iron Maiden. Ovviamente senza nulla togliere ai loro lavori solisti. Da avere!

Copertina: il buon Eddie questa volta compare sotto forma di nube tempestosa, credo anche tossica, sopra Londra futuristica mentre ghigna di gusto

Etichetta: EMI

Line up: Bruce Dickinson (voce), Adrian Smith (chitarra), Dave Murray (chitarra), Janick Gers (chitarra), Steve Harris (basso), Nicko McBrain (batteria) e Jeff Bova (orchestrazione)

 

— Onda Musicale

Tags: Iron Maiden, Bruce Dickinson, Steve Harris, Dave Murray, Adrian Smith, Blaze Bayley, Heavy metal, Nicko McBrain
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