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Un disco per il week end: Misplaced Childhood dei Marillion

Siamo nell’Inghilterra di fine anni ’70 ed i Marillion possono essere considerato come il punto focale della scena neo – progressiva inglese. Una band che ha saputo collegare l’ondata del neo – prog con il vecchio progressive rock visto nello scorso disco per il weekend (leggi l’articolo).

Sound più “morbidi”, a volte anche più “radio friendly”, ma sempre mantenendo alti livelli di tecnica strumentale, vocale e la poesia dei testi.

I Marillion, in particolare, possono ricordare molto i Genesis dato che il vocalist Fish (all’anagrafe Derek William Dick) aveva deciso di cantare dopo aver visto un concerto di Peter Gabriel.

Un breve e folle viaggio nella mente in pieno delirio da LSD del gigantesco Fish che, sulla sua bicicletta, sfreccia a tutta velocità verso la casa del chitarrista Steve Rothery.

Dopo aver guardato un film il chitarrista lo riaccompagna a casa ed è lì che tutto prende vita. A terra, guardando un quadro e scrivendo su di un taccuino ecco che nasce Misplaced Childhood (“infanzia fuori luogo” tradotta letteralmente) che venne registrato a Berlino Ovest.

Luogo che Fish stesso definì “un parco giochi per adulti”. Gli acidi, la tristezza, i problemi della crescita ed un nome di donna, Kayleigh.

Queste le componenti di uno dei più grandi successi discografici del gruppo capitanato dal vocalist Fish (sostituito da Steve Hogarth nel 1988).

Questo album inoltre, il terzo per la precisione, doveva anche sobbarcarsi il peso di reggere il confronto con i precedenti Script for a Jester’s Tear del 1983 (esordio del gruppo albionico) e Fugazi del 1984.

Nella edizione rimasterizzata del 1998, completa di demo e B – Side, compare anche la splendida Lady Nina il cui videoclip narra perfettamente la canzone.

Una ragazza sposata con figli che, quando esce la sera, si concede al primo venuto grazie anche qualche cocktail in più. “Oh, Lady Nina, where did the romance go?” è una delle domande che si pone Fish.

Un po’ come fecero con l’altrettanto malinconica Sugar Mice (coverizzata anche dai Dream Theater) che parla del dramma di una separazione di una coppia con figli.

Il dramma si racchiude dunque nell’essere topi di zucchero che si sciolgono a contatto con la pioggia “sugar mice in the rain, your daddy took a raincheck”. Da ricordare la particolare Freaks

Ma passiamo alla tracklist:

 

1) Pseudo Silk Kimono: una delle prime canzoni composte durante il delirio di Fish raggomitolato per terra. Un brano dominato dalle imponenti tastiere di Mark Kelly e la malinconica voce di Fish che si erge, da terra fino al cielo, come le tastiere. Dopo l’enigmatica frase finale, in sospeso, vi è l’attacco per la traccia successiva

2) Kayleigh: la canzone simbolo dell’intero album basata sulla rottura con la fidanzata di Fish, tale Kay Lee, che narra la fine di una storia d’amore tra due fidanzati.

Una storia che parte dai lontani e dolci ricordi, riff ad opera di Rothery per stupire la sua futura moglie, a cui segue la dolorosa separazione ed il rimpianto per qualcosa che non tornerà più.

Il video vede il bambino della copertina (Robert Mead) disegnare un cuore sul muro di Berlino mentre si alternano momenti in cui i Marillion suonano e Fish si vede con una misteriosa donna.

Kayleigh is it too late to say I’m sorry? And Kayleigh could we get it together again? I just can’t go on pretending that it came to a natural end, questo il lamento per la canzone simbolo dell’album e della band. Da ricordare che anche qui vige lo stesso discorso di ricollegarsi alla canzone successiva partendo dal finale

3) Lavender: come una sorta di filastrocca per bambini musicata in cui la chitarra di Rothery chiude in bellezza il brano dalla trascinante melodia

4) Bitter Suite: atmosfere sospese scandite dalle tastiere di Kelly, la batteria di Mosley e la chitarra di Rothery per il brano diviso in cinque movimenti (Brief Encounter”, “Lost Weekend”, “Blue Angel”, “Mispaced Rendezvouse Windswept Thumb) che riprendono alcune melodie e giri strumentali dalle canzoni precedenti, così come il titolo del disco

5) Heart of Lothian: canzone divisa in due parti, Wide Boye Curtain Call, e più rock in cui Fish da tutta la sua energia vocale per un crescendo continuo. Altra enigmatica frase finale, “and the man in the mirror has sad eyes”

6) Waterhole (Expresso Bongo): un continuo gioco dove le tastiere di Kelly e la voce di Fish si rincorrono senza sosta. Il tutto è sorretto dall’implacabile batteria di Ian Mosley

7) Lords of the Backstage: il ritmo è più allegro, ma il testo è sempre pregno di delusione e tristezza. Ad ogni modo, il ritornello è molto trascinante “I just wanted you be the first one. Ashes are burning, burning”

8) Blind Curve: echi dei Pink Floyd in questa suite di quasi 10 minuti divisa in cinque parti, una migliore dell’altra. Vocal Under A Bloodlight”, “Passing Strangers”, “Mylo”, “Perimeter WalkeThreshold sono le parti in questione in cui echeggiano, comunque, le altre tracce del disco

9) Childhoods End?: canzone che parla di uno dei temi fondamentali del concept, la fine dell’infanzia e che descrive alla perfezione la copertina. Lascio dunque che a parlare siano i versi dell’imponente Fish.

“And it was morning and I found myself mourning, for a childhood that I thought had disappeared. I looked out the window and I saw a magpie in the rainbow, the rain had gone”. Le inconfondibili, e magistrali, tastiere di Kelly conferiscono al brano quel tocco in più

10) White Feather: chiusura in bellezza del capolavoro che è Misplaced Childhood

 

Giudizio sintetico: Disco imprescindibile per chi voglia capire le fasi della complessa evoluzione del progressive rock. Piacerà molto ai “non addetti ai lavori” grazie a Kayleigh e Lavender

Copertina: Come descritta in Childhoods End? la copertina vede un bambino scalzo in divisa con una gazza ladra in mano. Un’altra è sopra la gabbia dov’è tenuto prigioniero un camaleonte e, frattanto, un giullare, uno dei simboli preferiti di Fish, scappa da una finestra

Etichetta: EMI

Lineup: Fish (voce), Steve Rothery (chitarra), Pete Trewavas (basso), Mark Kelly (tastiere) ed Ian Mosley (batteria)

 

Vanni Versini – Onda Musicale

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Tags: Pink Floyd, Genesis, Emi, Peter Gabriel, Dream Theater, Fugazi, Prog Rock, Vanni Versini, Pete Trewavas, Marillion, Fish, Steve Rothery, Misplaced Childhood, Steve Hogarth
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