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Syd Barrett: 10 anni senza il “Diamante Pazzo” di Cambridge

6 gennaio 1946, è un giorno felice in casa Barrett perché benedetto dalla nascita del loro terzo figlio, il futuro Pink Floyd, Roger Keith Barrett, alias Syd Barrett.

Come recitano le parole della stessa famiglia, il giovane Barrett è un bambino buono e simpatico e sta a cuore a tutti. In particolare, il piccolo adora la sorellina Rosemary con la quale trascorre molti giorni spensierati a giocare.

Roger Keith ama anche la lettura ed il disegno, elementi che influiscono non poco nella genesi floydiana, optando per i classici della letteratura per l’infanzia, Tolkien, Carroll (stessa cosa dicasi per Peter Gabriel) e per i primi disegni a neanche due anni.

Ovviamente arriva anche la musica e, a sette anni, Keith comincia a prendere lezioni di piano e ad esibirsi con l’amata sorellina alle recite scolastiche mentre, in casa, ascolta molta musica grazie anche al padre ed al fratello, entrambi pianisti.

Tra i dieci e gli undici anni passa dall’ukulele al banjo e, a quattordici anni, prende in mano per la prima volta la chitarra, lo strumento che lo accompagnerà per una vita intera. Con il passare degli anni si appassiona anche alla fantascienza ed ormai è chiaro come il sole che il suo destino è studiare arte, materia in cui eccelle brillantemente.

Con la prima invasione del blues e del folk americano, e con l’arrivo della prima chitarra elettrica, il giovane Barrett milita in una miriade di gruppi musicali nei quali, in maniera più o meno casuale, suonano anche alcuni dei futuri Pink Floyd.

Per lui sono giorni di fermento e di sperimentazione, anche di marijuana, ma tutto ciò viene bruscamente interrotto dalla morte per tumore di suo padre.

La mamma di Syd, rimasta vedova, decide quindi di affittare alcune stanze della casa per superare le iniziali difficoltà economiche. La biancheria femminile stesa ad asciugare sarà tra le ispirazioni di uno dei primi singoli dei Pink Floyd, Arnold Layne (leggi qui e qui).

Passano gli anni e, tra gli avventori del Riverside Jazz Club di Cambridge, c’è un bassista di nome Sid Barrett. Il locale è frequentato anche da Keith e dai suoi amici i quali gli “affibbiano” il soprannone che lo avrebbe reso celebre in futuro. E’ in in quell’esatto momento del 1964 che nasce ufficialmente Syd Barrett.

Syd dunque, frequentando certi ambienti musicali, assorbe come una spugna l’improvvisazione jazz e le opere di autori beat come Jack Kerouac e William Burroughs famosi per i rispettivi “Sulla strada” (“On the Road”) e “Pasto nudo” (“Naked Lunch”).

Nello stesso anno Syd si trasferisce a Londra per studiare pittura e scultura nella prestigiosa Camberwell School of Arts and Crafts entrando in contatto con Richard Wright, Nick Mason e Roger Waters che studiavano nella capitale britannica.

Proprio l’insegnante di quest’ultimo, tale Mike Leonard, convince il giovane Waters ad imbracciare la chitarra ed affitta delle stanze nella sua casa ai futuri Pink Floyd.

Ovviamente il primo nome non è Pink Floyd (leggi l’articolo sull’origine del nome), ma ce n’erano svariati e cambiavano a seconda delle occasioni, un po’ come i Jethro Tull dei primi tempi. Stessa cosa vale per i componenti della band, che si altrenavano fra loro.

All’inizio ci sono  anche Bob Klose alla chitarra e Chris Dennis al microfono, per esempio, così come Leonard che influenza non poco il gruppo (anche se poi viene cacciato perché più grande di età).

Per esemplificare l’evoluzione del nome basti dire che dai primordiali The Tea Set si passa alla Pink Floyd Blues Band, The Pink Floyd fino ai Pink Floyd, ridotti ormai a quattro componenti dopo l’uscita degli altri membri della band.

Per ovviare all’emergenza, Syd impara anche le parti soliste unendole alla sua ritmica e integrando perfettamente la sua Esquire a specchi nel sound della band.

Il primo frutto del lavoro dei quattro ragazzi è il disco The Piper at the Gates of Dawn (1967) contenente canzoni come la già accennata Arnold Layne, See Emily Play (leggi l’articolo), Bike e la psichedelica Interstellar Overdrive. Un disco in cui si fondono perfettamente psichedelia, favole, fantascienza e passaggi strumentali.

Purtroppo la salute mentale di Barrett viene minata dall’uso eccessivo di droghe e, durante i vari tour inglesi, Syd è solito dimenticare la chitarra, non presentarsi alle prove, suonare un solo accordo per tutta la sera o smettere addirittura di suonare dando le spalle al pubblico (notate anche voi la somiglianza con il primo periodo di Peter Gabriel?). 

I primi tentativi di soccorso, dopo le sedute psichiatriche a cui non si è mai presentato, prendono la forma dell’amico David Gilmour che finisce per sostituire definitivamente Syd anche se all’inizio doveva essere solo di supporto.

A Saucerful of Secrets ne è una prova lampante ed il 6 aprile 1968 Syd (leggi qui l’articolo sul suo ultimo concerto) esce ufficialmente dalla band.

Il periodo non è certo facile dato che, già da tempo, i suoi segni di squilibrio erano peggiorati. Per questa ragione Syd decide di rifugiarsi nella sua Cambridge in compagnia dei suoi quadri. Ovviamente non sono mancati i suoi album solisti, gli psichedelici The Madcap Laughs e Barrett, entrambi del 1970.

Il suo stato di salute, sia mentale che fisica, peggiora sempre più e la prova e la sua improvvisata nello studio dei Pink Floyd nel 1975 dove stavano incidendo quel brano che sarebbe diventato proprio un tributo a lui, Wish You Were Here”. Il giovano era talmente cambiato che all’inizio nessuno lo riconosce (leggi qui l’articolo).

Dopo l’allucinante incontro, Syd torna a Cambridge dove diabete e cancro, uniti alla mente debilitata dalle molte droghe, causano la sua morte il 7 luglio 2006.

Al Corn Exchange di Cambridge – dove Syd Barrett tenne i suoi ultimi concerti nel 1972 – si è deciso di inaugurare un memoriale permanente in ricordo dell’ex membro dei Pink Floyd.

Infatti, Cambridge Live – il settore del comune di Cambridge che si occupa di arte e la cultura – ha annunciato l’intenzione di lavorare con la famiglia di Syd per commemorare il musicista in occasione del decennale della morte con un quadro, una scultura o una installazione artistica.

Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, c’è una grande voglia di ricordare un artista complesso e tormentato che, nonostante la sua follia, ha lasciato un segno indelebile nei Pink Floyd e nella musica.

La sorella di Barrett, Rosemary Breen, dice: “Syd amava Cambridge, per lui ha sempre significato casa. Sarebbe molto sorpreso e felice di essere ricordato in questo modo. La famiglia desidera ringraziare tutte le persone coinvolte in questo ricordo.”

Il direttore di Cambridge Live, Neil Jones, aggiunge: “E’ fantastico essere in grado di rendere omaggio così in grande al figlio musicale più famoso della città. Ha tenuto i suoi ultimi concerti in questo posto ed è giusto che la sua vita e il suo lavoro vengano celebrati nel medesimo luogo.”

Per ricordare Syd potremmo anche citare direttamente Nick Mason, il batterista della band, il quale ricorda come Barrett fosse devvero unico (leggi qui) o ricordare come il giovane fosse presente al Festival dell’Isola di Wight (leggi qui).

Però, nostalgici e un pò malinconici, ci sembra più opportuno ricordarlo con le parole, magnifiche e struggenti, che la band ha voluto dedicargli con una delle più belle canzoni del ricchissimo repertorio della progressive band inglese:

“Remember when you were young. You shone like the sun / Shine on you crazy diamond / Now there’s a look in your eyes / Like black holes in the sky”.

(“Shine On You Crazy Diamond“)

Ciao Syd, noi tutti ti ringraziamo e ti ricordiamo con affetto, keep on shining.

 

 Stefano Leto – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, Shine on you crazy diamond, David Gilmour, Roger Waters, Richard Wright, Nick Mason, Peter Gabriel, The Piper at the Gates of Dawn, Syd Barrett, Jethro Tull, A Saucerful of Secrets, Tolkien, The Madcap Laughs
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