Siamo nella Swinging London degli anni ’60 ed il suono del beat si sta facendo sempre più forte, così come le urla di ribellione della gioventù del dopoguerra e le chitarre di uno dei gruppi di punta, i Rolling Stones.
Era il 1965 e, da poco più di un anno, gli Stones giravano per i vari locali proponendo il loro sound innovativo e, soprattutto, irriverente sporcato di blues.
Come ogni buon gruppo che si rispetti ci vuole un pezzo identificativo, un vero e proprio marchio di fabbrica se vogliamo metterla su questo piano, ma a volte l’ispirazione arriva per puro caso.
Il singolo per eccellenza delle Pietre Rotolanti è, ovviamente, “(I Can’t Get No) Satisfaction” resa celebre dal riff del chitarrista Keith Richards e dal testo che raccontava la rabbia di una generazione ed il suo rifiuto verso il sistema capitalistico.
Ma concentriamoci sul riff, poche note essenziali che hanno portato gli Stones al successo planetario tanto che la suonano ancora dopo più di quarant’anni di musica ed eccessi.
Keith Richardssta dormendo nella sua camera d’albergo, ma ad un certo punto si sveglia, imbraccia la sua fida sei corde ed accende un piccolo registratore portatile.
Incide varie prove, o delle take molto artigianali, dell’iconico riff e poi ritorna a dormire. Il mattino dopo riascolta la registrazione e scopre che quanto inciso ammonta a circa due minuti, i restati quaranta sono il suo russare.
Stanchezza a parte, il brano viene consegnato a Mick Jagger e soci che fanno diventare “Satisfaction” uno dei pezzi più memorabili dell’intera storia del rock.
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