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Blowin’ In The Wind: ecco perchè è una della canzoni di protesta sociale più significative della storia del cantautorato rock

Blowin’ In The Wind“, scritta da Bob Dylan nel 1962, è una della canzoni di protesta sociale più significative della storia del cantautorato rock. 

Nel 1963, in un periodo di profondi cambiamenti e tensioni negli Stati Uniti, il cantautore Bob Dylan (al secolo Robert Allen Zimmermann) scrisse una canzone indimenticabile intrisa di poesia e significato sociale intitolata “Blowin’ in the Wind“. In un contesto di guerra in Vietnam e di lotte per i diritti civili, Dylan diede vita a un’opera che, attraverso una serie di domande retoriche, rivelava la sua prospettiva sulle sofferenze umane e sulla ricerca di pace e giustizia. Anche se nata in un’epoca specifica, la canzone si rivela straordinariamente attuale anche nel presente, risuonando con i conflitti e le ingiustizie che continuano a sconvolgere il mondo.

“How many roads must a man walk down before you call him a man?”
(Blowin’ in the Wind, Bob Dylan)

L’accusa di plagio

Appena uscita la canzone riscuote un grande successo, in parte offuscato da una voce che circolava nell’ambiente musicale locale e che attribuiva la paternità del brano ad uno studente di nome Lorre Wyatt. Alcune persone riferirono di averla sentita canticchiare proprio da lui in passato e Wyatt arrivò a sostenere di averla venduta per 1000 dollari (dati in beneficienza). In seguito lo studente ammise di avere mentito al solo scopo di acquisire notorietà nell’ambiente musicale.

Ecco il testo, la traduzione e il significato della canzone.

Blowin’ In The Wind: il testo

How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, ‘n’ how many times must the cannon balls fly
Before they’re forever banned?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the wind.

How many years can a mountain exist

Before it’s washed to the sea?
Yes, ‘n’ how many years can some people exist
Before they’re allowed to be free?
Yes, ‘n’ how many times can a man turn his head,
Pretending he just doesn’t see?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the wind.

How many times must a man look up
Before he can see the sky?
Yes, ‘n’ how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, ‘n’ how many deaths will it take till he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the wind.

Blowin’ In The Wind: la traduzione

Quante strade deve percorrere un uomo
Prima che lo si possa chiamare uomo?
Sì, e quanti mari deve navigare una bianca colomba
Prima che possa riposare nella sabbia?
Sì, e quante volte le palle di cannone dovranno volare
Prima che siano per sempre bandite?
La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento
La risposta sta soffiando nel vento

Per quanti anni può esistere una montagna

Prima che sia lavata dal mare?
Sì, e quanti anni possono vivere alcune persone
Prima che sia permesso loro di essere libere?
Sì, e quante volte un uomo può girare la testa
Fingendo di non vedere?
La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento
La risposta sta soffiando nel vento

Quante volte un uomo deve guardare verso l’alto
Prima che possa vedere il cielo?
Sì, e quante orecchie deve avere un uomo
Perché possa sentire la gente piangere?
Sì, e quante morti ci vorranno perchè egli sappia
Che troppe persone sono morte?
La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento
La risposta sta soffiando nel vento

Blowin’ In The Wind”: il significato

Blowin’ in the Wind” si presenta come una sequenza di domande che fluttuano nell’aria come foglie portate dal vento. Dylan pone quesiti fondamentali sul significato dell’esistenza umana e sulla ricerca di una società migliore. Attraverso metafore evocative, l’autore esprime una visione critica della guerra e dell’ingiustizia sociale, scegliendo di concentrarsi sulle vittime e sul loro immenso dolore che non potranno mai dimenticare.

Dylan si chiede quante prove un uomo debba superare per essere considerato un essere umano, riflettendo sulle sfide che ognuno affronta nel corso della propria vita. Le spiagge che una colomba dovrebbe vedere prima di potersi riposare nella sabbia simboleggiano la ricerca di un luogo sicuro e pacifico in un mondo in cui prevalgono la violenza e l’oppressione. Inoltre, il cantautore interroga sul numero di volte che le palle di cannone devono essere sparate prima di essere finalmente dimenticate, denunciando così l’assurdità delle guerre e la loro perpetua memoria di distruzione.

Il ritornello, ripetuto dopo ogni strofa, si rivolge all’ascoltatore come un amico, invitandolo a riflettere su un concetto essenziale

La risposta a tutte queste domande è nel vento, rappresentando la mutevolezza e l’ineluttabilità della vita stessa. L’uomo è chiamato ad adattarsi ai continui mutamenti e imprevisti come il vento che non può essere controllato. Le risposte alle domande sollevate da Dylan sono molteplici e soggettive, eppure tutte rimangono effimere come le parole stesse, che possono essere trasportate via dal vento.

Blowin’ in the Wind” rappresenta solo una delle tante espressioni poetiche nelle canzoni di Bob Dylan

La sua maestria nel trattare tematiche complesse con una serenità pacata è un elemento caratteristico del suo stile artistico. Questa canzone e il suo messaggio intramontabile possono ancora ispirare l’analisi critica e la riflessione su questioni sociali ed etiche.

Molte le cover di “Blowin’ in the Wind

Nel corso degli anni questa canzone ha avuto numerose rielaborazioni (cover), tanto in versione acustica quanto a ritmo rock, da parte di diversi gruppi e cantanti di ogni parte del mondo. Fatta propria dagli esponenti del movimento beatnik (i cosiddetti figli dei fiori) veniva spesso suonato – e ancora lo viene – sulle scalinate e lungo i borghi artistici delle principali metropoli del mondo.

Fra le tante, ricordiamo quelle incise in studio e dal vivo dallo stesso autore, del trio Peter, Paul & Mary e di Joan Baez nonché una versione in italiano tradotta da Mogol e cantata dai Kings nel 1966 e da Luigi Tenco in una versione pubblicata nel 1972.

E ancora The Hollies, Chet Atkins, Odetta, Dolly Parton, The Supremes, Judy Collins, The Kingston Trio, Marianne Faithfull (1964), Jackie DeShannon, The Seekers, Sam Cooke, Etta James, Duke Ellington, Neil Young, The Doodletown Pipers, Marlene Dietrich, Bobby Darin, Bruce Springsteen, Elvis Presley, Sielun Veljet, Stan Getz, Dionne Warwick, Stevie Wonder (1966), Cliff Richard, John Fogerty, The Hooters, e Cher.

(fonte: outsidersweb.it)

— Onda Musicale

Tags: Neil Young, Elvis Presley, Joan Baez, Cher, Chet Atkins
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