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Elvis e i Beatles: quando un padre canta i figli

Elvis Presley

Venerdì 27 agosto 1965: il cielo è azzurro su tutta Los Angeles. Si sta bene sulla West Coast, le palme ondeggiano accarezzate dal vento che risale dall’oceano.

“Before Elvis, there was nothing”
John Lennon

Ai camerieri è stato ordinato di non farsi vedere in giro e che sono liberi di andarsene con due ore d’anticipo. Elvis e Priscilla Presley avranno più tempo per prepararsi a ricevere alcuni ospiti speciali. Il loro entourage ha cercato di tenere la notizia ben nascosta ma quando, intorno alle 21, due limousine varcano il cancello al 565 di Perugia Way di Bel Air, fuori c’è veramente un sacco di gente.

Giornalisti e gente comune che attende di vedere di persona la prima e unica volta in cui i Beatles, John, Paul, Ringo e George incontreranno il padre “putativo”.

L’incontro era stato cercato dai ragazzi di Liverpool già l’anno prima, durante la prima tournée americana dei Beatles. L’occasione si ripresenta l’anno dopo: nell’agosto del 1965 i Fab Four si esibiranno all’Hollywood Bowl. Sono su di giri, specialmente John.

Hanno tanti aneddoti con cui inondare il loro mito

McCartney avrebbe ricordato il momento in cui aveva sentito per la prima volta Heartbreak Hotel, in un negozio di dischi, un lampo nel buio di un piovoso pomeriggio trascorso a Liverpool. Lennon invece gli avrebbe raccontato la sua prima volta, l’ascolto rivelatorio e segnante di una sua canzone sulle frequenze di Radio Lussemburgo, quando aveva solo 16 anni.

John Lennon, letteralmente, avrebbe voluto essere Elvis: avrebbe fatto di tutto, durante la sua inquieta adolescenza, per assomigliargli. Se non musicalmente, almeno negli atteggiamenti.  

Cercasi testimoni

Se l’incontro tra Elvis e i Fab Four fosse stato documentato con le odierne modalità Social, avremmo assistito ad un qualcosa di magico. Nel 1965 incarnavano l’idea stessa di Musica: Elvis era il profeta, i Beatles i suoi discepoli. Provate ad immaginare un drink tra Wolfang Amadeus Mozart e Ludwig Van Beethoven.

Assurdamente, di quella notte leggendaria, non restano che poche fotografie fuori fuoco, scattate da distanza proibitiva. Dell’incontro “a porte chiuse”, nessuna immagine, nessun filmato, nemmeno uno straccio di registrazione. Si narra che i Beatles rimasero a bocca aperta quando videro Elvis armeggiare un arnese e cambiare il canale della tv. Nessuno di loro aveva mai visto un telecomando.

I Beatles se ne andarono alle 2 del mattino e sembra che Elvis gli avesse regalato molti dischi. I Beatles avrebbero voluto ricambiare l’ospitalità e la bella serata.

Quel che resta della serata: su un bigliettino da visita, data e firme dei Beatles
Gli artisti più iconici del XX secolo non si sarebbero incontrati mai più

I Beatles erano in rampa di lancio e nonostante la casa discografica li stesse spingendo a sfornare dischi-fotocopia, dopo la pubblicazione di Revolver, il 5 agosto 1966, anche le eminenze grigie della EMI compresero che nulla sarebbe più stato uguale a prima. Nel giro di tre settimane infatti, la carriera “live” dei Beatles si sarebbe interrotta bruscamente, al temine di una giornata di pioggerellina, 380 miglia più a Nord, al Candlestick Park di San Francisco. Era il 29 agosto 1966, i Beatles si esibirono per l’ultima volta dal vivo.

il prezioso tagliando dell’ultima volta dei Beatles

Se i Beatles iniziavano a guardare oltre, alla ricerca di nuove sonorità, Elvis aveva iniziato, molto consapevolmente, a guardarsi alle spalle.  Era sulla breccia da un decennio, aveva cambiato per sempre la Musica, inventando le sonorità e le metriche tipiche del rock, del rock come siamo abituati ad ascoltarlo oggi. Tuttavia, aveva percepito la forza del cambiamento inarrestabile di cui la musica dei Beatles era portatrice.

Una forza che avrebbe potuto trasformarsi in una minaccia. Forse, è proprio per questo che Elvis, il “padre”, si mise in testa l’idea che un giorno avrebbe cantato i suoi “figli”.

La vita è un insieme di coincidenze

Nel 1969, quando l’alchimia che teneva insieme i Beatles praticamente non esisteva più, Elvis tornava sul palco dopo 8 anni di assenza. Presley inserì alcune hit dei Beatles nei suoi spettacoli live. In fin dei conti, Elvis non era mai stato un autore di canzoni, la sua “unicità” non poteva prescindere da belle canzoni da cantare. Negli anni Cinquanta era diventato il re del rock’ n’roll grazie alla sua straordinaria presenza scenica, seconda solo alla capacità di saper individuare le canzoni giuste per raggiungere le vette delle classifiche internazionali.

Non deve sorprenderci che Elvis fosse così lungimirante da coverizzare le canzoni dei Beatles, il gruppo che – come aveva spiegato John Lennon nel corso di un’innocente intervista – non sarebbe esistito, senza Elvis.

Queste sono le cinque canzoni dei Beatles cantate da Elvis Presley
  1. Something. Probabilmente è la canzone dei Beatles meglio interpretata da Elvis. Presley la cantò dal vivo durante il suo concerto Aloha from Hawaii nel 1973. Il concerto andò in mondovisione, una novità senza precedenti nella storia della musica.
La magia della Mondovisione per il Re del Rock’ n’roll

George Harrison nel 1995 rivelò (in The Beatles Anthology) di aver incontrato Elvis una seconda volta dopo l’incontro del 1965, a New York, al concerto che Elvis tenne al Madison Square Garden.

Harrison aggiunse che non gli piaceva affatto il suo sound anni Settanta e che auspicava tornasse a cantare i suoi vecchi successi di metà anni Cinquanta. Immaginate la sorpresa di George quando udì Elvis intonare Something durante lo show di Aloha from Hawaii.

2. Yesterday: Elvis è stato uno dei tanti a cimentarsi con Yesterday, la canzone più coverizzata di tutti i tempi.

Quando la cantò durante i suoi spettacoli nell’agosto 1969 a Las Vegas, v’infilò dentro un accenno di fuga al piano e un arrangiamento neoclassico.

3. Get Back: Elvis era noto per le sue jam session nei suoi spettacoli. A Las Vegas, di tanto in tanto, fondeva una canzone con un’altra. Riteneva che la canzone perfetta “da fondere” alla sua Little Sister fosse proprio Get Back.

4. Hey Jude: non era probabilmente la canzone più adatta al registro vocale di Elvis, ciò nonostante la sua interpretazione suona comunque sincera. Senza la sua approvazione, la sua versione di Hey Jude venne inserita nell’album Elvis Now.

5. Lady Madonna: Elvis registrò la sua versione di Lady Madonna durante una sessione di registrazione del maggio 1971. Stava lavorando sul nuovo album, il cui lancio era previsto per Natale.

La registrazione fu improvvisata, un Elvis poco concentrato eseguì alcune strofe ciancicando la maggior parte delle parole. Una canzone che forse non conosceva bene.Pubblicata come registrazione “informale” nell’album Elvis Back In Nashville, la sua Lady Madonna è un’ennesima testimonianza dell’interesse nutrito per la seconda fase artistica del quartetto di Liverpool.

Curiosamente, nessuna canzone di John Lennon è mai stata cantata da Elvis Presley

Sebbene in gioventù Lennon si ostinasse a ricalcarne le orme, John era del tutto antitetico al suo mito. Erano diversi in tutto, la pensavano in maniera diametralmente opposta, dalla guerra nel Vietnam, alla questione femminile e anche sul disarmo. Di contro, la sensibilità romantica di un outsider come Harrison, non mancò di affascinare un conservatore come Presley.

Nixon (che vedeva Lennon come fumo negli occhi) invitò Elvis alla Casa Bianca sperando di ottenere consensi dalle nuove generazioni di elettori – Washington D.C – 21 dicembre 1970.

Una sensibilità, quella di George Harrison, che avrebbe scosso anche un duro come Frank Sinatra. Elvis Presley interpretò Something da par suo, inserendovi un tocco calypso, sfornando un’esecuzione semplicemente perfetta e contribuendo, in modo decisivo, a rafforzare l’idea secondo cui, il capolavoro che apre Abbey Road, sia la canzone d’amore più bella di tutti i tempi.

Quando affermiamo che i Beatles sono sempre tra noi, possiamo affermare lo stesso anche per Elvis Presley. Perché in fondo, Lennon aveva ragione da vendere: prima di Elvis, non c’era nulla.

— Onda Musicale

Tags: The Beatles, Elvis
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