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“Pazza idea” compie cinquant’anni. Storia della canzone femminista che non sapeva di esserlo

Il 7 luglio di cinquant’anni fa Pazza Idea entrava in hit parade. Romantica e trasgressiva, fu uno dei più grandi successi del 1973. La storia della canzone femminista che non sapeva di esserlo.

Il giorno che Nicoletta apparve in pubblico non passò inosservata. Bionda, molto magra, una timbrica vocale tendente al basso, un registro inconsueto per una ragazza di vent’anni. Come vedremo, erano già abbastanza, vista l’epoca e il contesto storico.

Nicoletta a Venezia in un’immagine degli Anni Sessanta

Era nata e cresciuta in una Venezia in cui i veneziani ancora abitavano la loro città. Una Venezia dall’anima silenziosa, fuori dal tempo, priva di automobili, clacson e supermercati. Era un luogo incantato, il silenzio era rotto solo dal rumore dei passanti, tra il Canal Grande e i vicoli di Santa Marta.

È qui che Nicoletta vive. In una casa di Calle dei Secchi, sola con i nonni. I suoi genitori si sono spostati a Mestre, insieme ai fratelli più piccoli. Nonno Domenico la iscrive a un corso di pianoforte della Fenice e nel 1958 entra a far parte del Conservatorio Benedetto Marcello. Oltre al piano, frequenterà anche il corso di direzione d’orchestra.

La tessera di riconoscimento del Conservatorio Benedetto Marcello

In parallelo si diletta con la danza classica, sviluppando la sua grande attitudine alla gestualità. Sente la teatralità nascerle dentro. Inequivocabili indizi sul personaggio che verrà. Quando approda a Roma, nel 1966 ha già cambiato due volte nome e città. Londra non l’ha convinta, così come il primo nome d’arte, Guy Magenta.

L’irresistibile leggerezza del Piper.

A Roma diventerà una star. In via Tagliamento, nell’esoterico Quartiere Coppedè, il Piper è un locale frequentato da cuori ribelli, sedicenti play boy, da chi ama divertirsi, preferibilmente di notte.  

Nicoletta Strambelli deve scegliersi un nome d’arte e le atmosfere assorbite a Soho le suggeriscono Patty. Firma il suo primo contratto con l’etichetta ARC e arriva subito il primo successo, con il singolo Ragazzo triste. È la versione italiana di But you’re mine di Sonny & Cher, con cui partecipa alla seguitissima trasmissione Scala Reale.

Si presenta al pubblico televisivo con un look vagamente androgino, uno smoking Yves Saint Laurent: è il 12 novembre 1966. Un 45 giri che stabilirà un primato: sarà la prima canzone pop ad essere trasmessa dalla Radio Vaticana. Prudentemente, le hanno chiesto di cambiare un verso: «scoprire insieme il mondo che ci apparterrà» è ritenuto inopportuno. La RCA, che controlla la piccola etichetta ARC, edulcora il verso: «scoprire insieme il mondo che ci ospiterà».  

Nel 1968 arriva il secondo grande successo, un altro singolo, La bambola.

La bambola è una collezione di lamentele di una donna, che chiede rispetto al proprio uomo, che la tratta come se fosse una bambola. Usandola e sfruttandola a proprio piacimento, buttandola giù quando non è più utile. Il brano viene proposto a Caterina Caselli, che lo rifiuta.

Allora quelli della ARC lo propongono a lei. Non sembra adatto a Patty, che si sta dedicando principalmente alle cover di brani in inglese, che le garantiscono un successo sicuro. La bambola è invece il tipico brano pop all’italiana ed ha un testo che, come vedremo in seguito, Patty vorrà dimenticare in fretta.

Intanto però, con questo successo è diventata famosa. La Bambola le ha conferito un’aura da ragazza innocente, bella ed ingenua. Con queste caratteristiche può partecipare ad un programma televisivo per famiglie, come vedremo nel siparietto che segue. Duetterà con Corrado, uno dei volti più amati della Rai, che le chiederà informazioni relative alla sua magrezza.  

L’alba degli Anni Settanta.

Patty Pravo ha catalizzato l’attenzione del pubblico grazie alla sua presenza scenica e alla fortissima personalità interpretativa. Tuttavia, ha continuato ad aggirarsi sul territorio delle nuove libertà giovanili. Per rompere definitivamente gli schemi non è sufficiente protestare alla maniera degli altri artisti. In piena autonomia decide di attuare azioni a sorpresa. Siamo all’alba degli Anni Settanta.

Nonostante gli inviti alla prudenza suggeriti dal suo entourage, si dichiara a favore sia dell’aborto che del divorzio. E soprattutto, della libertà sessuale, che deve essere un diritto delle donne esattamente come lo è per gli uomini. Qui affonda il colpo: la sua “posizione” obbligherà a riconsiderare l’idea stessa di canzone all’italiana, che andrà osservata da una prospettiva femminile, all’epoca relegata in secondo piano.

Tra il 1971 e il 1972 Patty è stata sotto contratto con la milanese Phonogram. Alla RCA la rivogliono fissa a Roma. Per convincerla, le assicurano lo studio più all’avanguardia dello stabilimento sulla Tiburtina. Troverà un testo scritto su misura per una personalità come la sua. 

Aveva iniziato a detestare La bambola: un grande successo certo, ma con liriche in cui non poteva riconoscersi: era costretta ad immedesimarsi nello stereotipo di donna sottomessa. A Roma è attesa da autori talentuosi. Le stanno componendo un testo innovativo, che farà percepire l’esatto contrario di quanto La Bambola aveva lasciato intendere. Il brano rivelerà un capovolgimento di ruoli. Un rapporto alla pari, con la possibilità di dettare tempi e modi.

È l’inverno del 1973 quando Patty Pravo entra in sala d’incisione.

I tecnici al di là del vetro restano a bocca aperta. La peculiare timbrica bassa rende ancora più sensuale il suo disegnare traiettorie invisibili con le mani, trame arabeggianti che replicherà nelle apparizioni televisive. Non sembrerebbe una cosa semplice inventare un ruolo così trasgressivo. Invece, il fatto che il testo sia provocatorio e insolito, sembra facilitarle il compito.

La canzone racconta la storia di una donna che ripensa un grande amore. Una storia finita: all’amore e alla gelosia lui aveva risposto in modo elusivo. Dopo un anno, si è rifatta una vita, ma il ricordo di lui bussa alla porta, anche nei momenti di intimità col nuovo amante, al punto che mentre fa l’amore con lui, le basta chiudere gli occhi per illudersi di essere ancora tra le braccia dell’altro:

Se immagino che tu

sei qui con me,

sto male, lo sai!

Voglio illudermi di riaverti ancora,

com’era un anno fa.

Io stasera insieme a un altro,

e tu sarai forse a ridere di me,

della mia gelosia, che non passa più,

ormai non passa più.

È un guardarsi dentro, un dialogo interno in cui riesce a sorridere di sé stessa. È nella seconda strofa che il brano esplode in tutta la sua trasgressività:

Tu guidavi mentre io ubriaca di gelosia

continuavo a chiedere.

E poi mi hai detto: ‘Senti camminiamo’,

Siamo scesi in fretta, ma restati lì…

In silenzio soli, io ti ho stretto, stretto a me.

La tua giacca sul mio viso

mi hai detto: ‘Basta amore,

sono stanco, lo vuoi tu?

Pazza Idea entrò in classifica nove mesi prima del referendum sul divorzio, in un clima di profonde tensioni sociali. L’aborto veniva ancora praticato in clandestinità, ponendo le donne in una condizione di grande rischio e sofferenza.

La protagonista di Pazza Idea rappresentò un modello di donna moderna, disinibita, emancipata, in grado di far cambiare opinione anche al mondo bigotto intorno a lei.

Patty Pravo ebbe un ruolo importante, spalancando le porte all’emancipazione femminile su un tema che era stato sempre considerato una prerogativa maschile.

Pazza idea taglia il traguardo del mezzo secolo proprio in questi giorni. Un brano talmente attuale da sfociare nel post-moderno. Fosse rimasto chiuso in un cassetto e venisse proposto oggi, nessuno sospetterebbe che si tratta di una canzone proveniente dal nostro passato profondo.

Cinquant’anni fa, il 7 luglio 1973, salì trionfalmente sul podio dei 45 giri più venduti a pochi giorni dal lancio. Dominò la classifica per tutta l’estate, accompagnando gli italiani durante il periodo delle vacanze.

Le lunghe estati di cinquant’anni fa.

Erano estati dal sapore prolungato, molto diverso dalle “vacanze mondi e fuggi” di oggi. Era il tempo della “villeggiatura”: le famiglie che se lo potevano permettere (gli effetti del boom economico erano ancora visibili) lasciavano le città alla chiusura delle scuole e vi facevano rientro a metà settembre.

istantanea di un’estate italiana dei primi Anni Settanta

Gli uomini rimanevano a presidio delle città svuotate mentre il Popolo delle donne, composto per la gran parte da casalinghe a tempo pieno (nel mezzogiorno era impiegata una donna su dieci) si riversava sulle spiagge con prole al seguito. Qui, dai jukebox dei bar negli stabilimenti, dalle radioline tra le file di ombrelloni, entravano dentro di noi canzoni come questa.

Tra un cavallone e un ghiacciolo, in pochissimi prestarono la giusta attenzione alle parole di Patty. La Pazza idea di Patty Pravo incendiò quell’estate, facendoci scoprire un ideale di donna totalmente diverso dall’immaginario condiviso. L’angelo del focolare andava a riposarsi sotto l’ombrellone, cambiava la stagione, ma rimaneva inalterata la sostanza.

Oggi potremmo definire Pazza idea una canzone postmoderna: in effetti, una donna come la protagonista della canzone di Patty Pravo non è più l’eccezione, ma la regola.

Arrangiamento sontuoso.

Le intriganti liriche del brano, il gusto per il proibito, la suadente voce dell’artista e la bellezza delle sue movenze teatrali, non debbono distoglierci dalla grandezza della musica. In questo, la canzone appartiene felicemente al passato.

Le registrazioni di Pazza idea, iniziarono presso lo Studio Sonic di Roma e vennero ultimate presso lo Studio C della RCA.  Scritta da Maurizio Monti, Cesare Gigli e Paolo Dossena per il testo e da Giovanni Ullu per la musica, con l’arrangiamento di Giampiero “Gepi” Scalamogna e Toto Torquati il brano venne pubblicato il 30 aprile del 1973, sia nel 45 giri sia nell’omonimo album.

La RCA fece le cose in grande stile per il ritorno della Ragazza del Piper alla casa madre dopo due anni alla ARC. Mise a disposizione i migliori artisti della etichetta, come Marco Luberti, Amerigo Paolo Casella e l’esordiente Riccardo – anzi Richard – Cocciante per realizzare le altre tracce che completarono il 33 giri.

La retrocopertina del 33 giri, opera di Gordon Faggetter

Chiamò inoltre anche lo storico gruppo che aveva accompagnato la Patty degli esordi, i Cyan Three, tra i quali il suo primo marito, Gordon Faggetter, batterista e talentuoso pittore, che realizzò per l’occasione un libretto di dodici pagine, che andarono ad impreziosire l’album.

The Cyan Three: Roger Michael Smith al basso e Gordon Faggetter (seminascosto dalla batteria) accompagnano Patty Pravo sul palco del Piper – Roma 1966

Pazza idea era una gemma incastonata in un arrangiamento orchestrale sontuoso.

Una delle immagini del libretto a corredo del Long Playing Pazza Idea

Lasciatevi trasportare dalla sensualità del preludio, dagli arpeggi delle chitarre, dalla magia delle tastiere, dalle trame del basso interpolate ai misurati colpi di tom. Qualcuno ci giudicherà dei super-boomer ma vi invitiamo a riascoltarla quest’estate, al mare, sotto l’ombrellone.

Si chiamava Pazza Idea e fu la regina dell’estate 1973: canzoni del genere, oggi nessuno riesce a scriverle più.

— Onda Musicale

Tags: Patty Pravo
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