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Council Skies, il ritorno di Noel Gallagher e degli High Flying Birds

Council Skies

Council Skies è il quarto album dei Noel Gallagher’s High Flying Birds. Un lavoro che segna il ritorno ai suoni che hanno fatto la fortuna di Noel, in tutte le sue incarnazioni.

Fateci caso, capita a molte star del rock: Council Skies arriva nel tredicesimo anno di attività della band di Noel Gallagher, eppure è quasi impossibile scollare l’immagine di Noel a quella degli Oasis. La mitica band di Manchester, principale artefice dell’esplosione brit rock degli anni Novanta, è stata insieme più o meno per gli stessi anni dei Noel Gallagher’s High Flying Birds.

Questo accade perché gli anni degli Oasis hanno sicuramente un peso specifico maggiore, ma anche perché è difficile smarcarsi da certi stereotipi che il pubblico ti appiccica addosso. E allora, ecco che Noel è ancora sulla bocca di tutti per le sue infinite liti col fratello Liam, per le beghe personali, quelle che tutti abbiamo, o per qualche esperimento inusitato che fa storcere il naso ai fan.

Si finisce, dunque, per parlare di qualsiasi cosa tranne che della sua musica. Ed è un peccato, perché Noel è uno dei più grandi scrittori di canzoni degli ultimi trent’anni. Certo, un’altra Wonderwall o Whatever o Don’t Look Back in Anger probabilmente il nostro non la scriverà mai, ma sarebbe anche ingiusto chiederglielo.

Impossibile, infatti, riprodurre l’alchimia degli Oasis e la magia di quegli anni in cui alla band riusciva tutto facile. Impossibile tornare alla giovinezza, per dirla semplicemente. Il Noel Gallagher post-Oasis è però un artista che sa rinnovarsi senza perdere la sua personalità, e molte canzoni della sua seconda band non hanno molto da invidiare alla band madre.

Council Skies non fa eccezione, anzi. Secondo alcuni si tratta del lavoro più maturo e meglio riuscito di Noel. Sarà per il ritorno a certi suoni da ballate anni Novanta, certi passaggi non avrebbero sfigurato nei migliori album degli Oasis, o forse perché il disco è stato concepito sotto cieli bigi, fatto sta che funziona.

Ma facciamo ordine, quali sono i fatti che rendono Council Skies un lavoro cupo e incline alla malinconia? Il lockdown, innanzitutto. Il lavoro è stato infatti scritto nel periodo Covid, quando l’ottimismo era merce rara. Aggiungiamo la separazione da Sarah MacDonald dopo il decennale matrimonio e le idee sono più chiare. Inoltre, certi esperimenti al limitare dell’elettronica erano rimasti piuttosto indigesti ai fan.

E così, Noel ha ripreso a fare quello in cui è sempre stato maestro. Ha ripreso la chitarra acustica e ha buttato giù una dozzina di canzoni perfette, di quelle per cui va giustamente famoso. Poi si è chiuso nel Lone Star, il suo studio di registrazione, e le ha incise con una vera band. Gem Archer e Chris Sharrock, membri fissi della band e già con Noel in alcune versioni degli Oasis, ma anche un numero uno come Johnny Marr.

Il risultato è Council Skies, un album compatto – come purtroppo se ne fanno ancora raramente – e suonato dalla prima all’ultima nota.

Council Skies si apre con la delicata e solare I’m Not Giving Up Tonight, canzone che doveva in origine finire sul precedente Who Built The Moon? Si tratta di una canzone insolitamente leggera, condita da archi beatlesiani e cori quasi gospel. La voce di Noel è sempre quella, malinconica e carezzevole, quella che si prendeva sempre le ballate degli Oasis e molti preferivano all’ugola di carta vetrata del fratello Liam.

Pretty Boy, già fuori da un po’, incede con un piglio new wave che l’autore stesso imputa alle influenze dei Cure; proprio a Robert Smith, l’iconico leader dei Cure, ne ha curato un remix finito nell’edizione deluxe. Pretty Boy è anche uno dei tre pezzi in cui compare la chitarra di Johnny Marr. Un brano dal ritornello azzeccato che sicuramente dal vivo farà cantare tutti gli ancora tanti fan di Gallagher.

Dead To The World è una delle magiche ballate che possono uscire solo dalla chitarra di Noel. Particolarmente pregiato è l’arrangiamento degli archi che dà al brano un’atmosfera suggestiva e di gran classe quasi da classico alla Burt Bacharach. Il falsetto di Noel nel ritornello rimanda a certe pagine indimenticate del canzoniere degli Oasis. Dead To The World è sicuramente uno dei passaggi più illuminati di Council Skies.

Open The Door, See What You Find, ancora con Marr, è un altro bel pezzo che mette un po’ da parte la malinconia. Si tratta di uno dei pochi passaggi del disco in cui Noel accelera un po’ il passo, con la batteria che pesta un po’ più duro e la voce che forza maggiormente.

Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt. 1 è un altro dei momenti alti del disco. La canzone, aperta dalla inconfondibile chitarra acustica che sciorina accordi semplici ma non banali, pare uscita da una capsula del tempo. Diciamo la verità, se Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt. 1 stesse in una raccolta tipo The Masterplan nessuno si stupirebbe.

Non solo, prima dell’ingresso degli archi la bocca corre quasi automaticamente a intonare un ritornello alla Little by Little, e invece è un’altra canzone, tutta nuova. Una canzone dei Noel Gallagher’s High Flying Birds che nulla ha da invidiare a un passato ingombrante. Forse solo una durata maggiore, magari una bella coda strumentale, l’avrebbe resa ancora migliore.

Si arriva così a quello che è il vero centro di Council Skies, Easy Now.
Il brano, scelto sia come singolo che come pezzo forte del futuro tour, è il tipico capolavoro di equilibrio di Noel. Una melodia perfetta, che si pianta in testa al primo ascolto ma non tende a diventare stucchevole, un arrangiamento perfetto più per sottrazione e la voce di Gallagher che in questi casi si esalta.

Da segnalare anche il video, bellissimo e liberatorio, in perfetto stile di certo cinema british anni Novanta. Peccato che non sia più tempo per valorizzare una piccola opera d’arte del genere.

Arriviamo alla title-track, un brano rilassato che strizza ancora gli occhi al decennio caro a Gallagher. Un pezzo non troppo immediato che però ha classe da vendere e cresce con gli ascolti. There She Blows! rimanda, più che altro nel titolo, alla classica There She Goes, brano dei La’s e vera pietra angolare del brit-pop. Una canzone che parte benissimo e che forse non decolla quanto potrebbe, ma comunque un brano per cui un’infinità di band farebbe le carte false.

Love is a Rich Man è un’altra delle poche accelerazioni di un disco abbastanza blando nel cercare l’intuizione rock. Think of a Number è la canzone più lunga di Council Skies, anche grazie a diverse parti strumentali. Il ritornello spariglia le carte new wave e si apre, insolitamente solare.

La coda spetta a We’re Gonna Get There In The End, ancora un pezzo smaccatamente nello stile che ha reso grande Noel e – li citiamo ancora – gli Oasis. Una chiusura improntata all’ottimismo e ai ritornelli larger than life tipici di Noel.

Council Skies si chiude così, lasciando un’impressione sfuggente di nostalgia per un’epoca – forse l’ultima – in cui la musica contava davvero qualcosa e in cui i giovani si riunivano per ascoltare il nuovo CD della band preferita. Siamo invece di fronte all’arte di un musicista di oltre cinquant’anni ma capace di suonare molto più fresco di tante paturnie di prodotti molto più freschi sulla carta.

Un’ultima riflessione sui fratelli Gallagher e gli Oasis. Si dice spesso che in una band il contributo dei singoli talenti finisca per dare una somma maggiore si quella meramente algebrica. Accade anche con gli Oasis, nonostante Noel ne fosse la vera anima, il compositore maggiore e l’artefice dei maggiori successi.

Quello che manca, nei dischi con gli High Flying Birds, sono proprio quelle accelerazioni grezze e un po’ fracassone da pub e da serata alcolica che nella band d’origine erano appannaggio di Liam. Una Live Forever o una Supersonic, magari non capolavori di composizione ma che davano all’ascoltatore la giusta varietà di toni.

Insomma, come a ogni uscita di Noel e Liam, è inevitabile pensare a quante belle canzoni abbiamo dovuto rinunciare a causa delle loro beghe.

— Onda Musicale

Tags: Noel Gallagher, Liam Gallagher, Oasis
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