Quando chitarre grintose e voci graffianti fanno la storia del cinema.
Apocalypse now (1979) – “The End”, The Doors.
Ispirato al romanzo di Joseph Conrad, “Cuore di tenebra”, Apocalypse Now è uno dei capolavori di Francis Ford Coppola dovegli effetti traumatici della guerra in Vietnam fanno da sfondo a una colonna sonora intrinseca di musica rock: Rolling Stones, Beach Boys. ma ad essere indissolubilmente legati a questo film sono i The Doors con “The End”.
Chiunque abbia visto la pellicola ricorderà il suono rallentato e riverberato delle pale di un elicottero nella prima scena, un suono accompagnato dalle mistiche note della band californiana, un suono nel quale la voce di Jim Morrison sembra cogliere la distruzione che incombeva nel conflitto vietnamita. E non soltanto all’inizio, bensì anche durante l’assassinio del colonnello Kurtz: una condanna, una punizione, una fine pregna di significato in cui i The Doors sono onnipresenti.
La canzone, però, nasconde in sé molti significati non così semplici da cogliere. Dal complesso di Edipo ai concetti di Nietzsche e Jung, la versione usata da Coppola è diversa dall’originale del 1967. Nel remix, creato appositamente per la pellicola, si enfatizzano il canto e l’uso libero della tecnica scat di Morrison, mentre il finale è in crescendo.
Il Re Lucertola, che amava i classici, considerava Edipo:
il tipo di uomo nobile che, nonostante la saggezza è destinato all’orrore e alla sofferenza, ma che tuttavia, con le sue straordinarie sofferenze, esercita alla fine un fascino magico e benefico su tutti coloro che lo circondano, fascino che continua anche dopo la sua morte.”
Non a caso, l’orrore a cui accenna Kurtz è individuabile nel significato di tale complesso, ovvero la fase problematica in cui una persona tende a chiudersi in se stessa per proteggersi da uno stress intenso.
Ma, proseguendo col brano, «the blue bus is calling us» diventa l’autobus che conduce le nuove reclute ai campi di addestramento, lo stesso “blue bus” che Morrison considerava la «barca solare degli antichi egizi, la barca a bordo della quale i faraoni e chiunque altro attraversavano l’infinito e l’eternità», o almeno così affermava il tastierista dei The Doors Ray Manzarek.
Per quanto significativa possa essere la canzone, e per quanto “The End” raffiguri alla perfezione i momenti cruciali di “Apocalypse now”, è obbligatorio ricordare che diversi passaggi musicali presenti nel film sono stati scritti dallo stesso Francis Ford Coppola e da suo padre Carmine Coppola, compositore e direttore d’orchestra.
Forrest Gump (1994) – “Turn! Turn! Turn!”, The Byrds – Pete Seeger
«La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita» è forse una delle più famose citazioni tratta da “Forrest Gump”, ma in altrettanto modo la sua colonna sonora “Turn! Turn! Turn!” è indelebile nel cuore di chiunque abbia visto il film.
La pellicola, diretta da Robert Zemeckis, ripercorre trent’anni di storia americana: la nascita del rock’n’roll, la guerra in Vietnam, il pacifismo, fino a giungere alla regressione economica. Insomma, eventi decisivi per le nostra generazione, eventi che hanno avuto come colonna sonora le armonie vocali dei Byrds, band folk rock californiana fondata da Jim McGuinn e David Crosby.
Il secondo successo del gruppo è proprio la cover di “Turn! Turn! Turn!” scritta da Pete Seeger, uno dei grandi folk singer americani, il quale non l’aveva mai pubblicata in una sua versione. Canzone di protesta negli anni della guerra, il compositore si era ispirato a un brano della Bibbia contenuto nel libro delle Ecclesiaste. Dagli ultimi versetti del libro sacro, Seeger trae un brano che sarebbe rimasto in classica per undici settimane nella Top-40 USA, grazie ai Byrds.
In un’intervista del 1988, Pete Seeger parlerà al giornalista Paul Zollo, di “Songwriters On Songwriting”, della genesi della canzone:
Ho ricevuto una lettera dal mio editore, e lui dice: ‘Pete, non posso vendere queste canzoni di protesta che scrivi.’ Ed ero arrabbiato. Mi sono seduto con un registratore e ho detto: “Non posso scrivere il tipo di canzoni che vuoi. Devi andare da qualcun altro. Questo è l’unico tipo di canzone che so scrivere”. Ho tirato fuori questo foglietto di carta che avevo in tasca e ho improvvisato una melodia in quindici minuti. E gliel’ho inviato. E ho ricevuto una sua lettera la settimana successiva che diceva: “Meraviglioso! Proprio quello che sto cercando”. Nel giro di due mesi l’aveva venduto ai Limelighters e poi ai Byrds. Tra parentesi, il disco dei Byrds mi piaceva molto. Tutte quelle chitarre d’acciaio che tintinnavano – suonano come campane.“
Una cover che diventa un successo e la colonna sonora di un’intera nazione.
Rocky III (1982) – “Eye of the tiger”, Survivor (Peterik/Sullivan)
Quale canzone sarebbe stata capace di descrivere un pugile dal cuore d’oro pronto a prendere a pugni le difficoltà della vita?
Era una domanda che Sylvester Stallone si era posto in vista del terzo capitolo di “Rocky”. Cercava una colonna sono che avesse un sound dal rock moderno e un ritmo forte, un brano che somigliasse ad “Another One Bites the Dust” dei Queen – considerando che quest’ultimi non gli concessero di utilizzarla.
La ricerca terminò quando l’attore ascoltò il secondo album dei Survivor, una band di Chicago, il cui rock grintoso e moderno sembrava essere la commistione giusta per i lunghi round nei quali Balboa continuava imperterrito a combattere.
Tuttavia, Stallone non scelse una canzone già prodotta dal gruppo, bensì gliela commissionò. Dando loro un video con alcune scene del film – ancora in lavorazione – Peterik e Sullivan, i due leader dei Survivor, costruirono un brano attorno a una frase con cui Apollo Creed spronava il pugile: «keeping the eye of the tiger», un modo di dire per indicare un individuo dotato di grande determinazione e spietato con gli avversari.
Fu così che “Eye of the tiger” vide la luce, un pezzo che nella pellicola presenta anche i ruggiti di una tigre. Pubblicata come singolo di lancio del terzo album in studio della band, la canzone fu un enorme successo commerciale a tal punto che entrò nelle classifiche mondiali.
Negli USA restò al primo posto della Billboard Hot 100 per sei settimane consecutive diventando anche il secondo brano più venduto dell’anno. Certificato disco di platino nel 1982, “Eye of the tiger” rimarrà sempre una canzone indimenticabile tanto quanto Rocky Balboa.