Nel 1975 aveva detto: «Preferirei essere morto che cantare Satisfaction a 45 anni». Da allora Mick Jagger l’ha cantata altre 793 volte.
Il rock è nato con dentro il mito dell’eterna giovinezza
La rottura che portò nella musica e nella società – anticipando la rivoluzione giovanile del Sessantotto – si basava proprio sull’anagrafe. Noi, giovani, e voi, i vecchi o i bambini. C’erano gli Who che in My Generation cantavano “I hope I die before I get old”, spero di morire prima di invecchiare. «Quella canzone non parlava tanto di età, quanto di creare un confine tra una generazione e l’altra. Quella frase era il modo per dire “non voglio essere come voi”», ha spiegato Pete Townshend, il chitarrista del gruppo inglese. E chissà cosa pensava Paul McCartney quando, in epoca Beatles, vedeva così lontano il traguardo dei 64 anni – oggi manco in pensione si può andare a quell’età – in When I’m Sixy-Four, quando avrò 64 anni: i capelli non li ha persi e non credo passi il tempo a strappare erbacce nel giardino come si era immaginato nel testo di quella canzone.

E allora buon compleanno con cifra tonda, ne fa 80 il 26 luglio, a Mick Jagger
Anche lui ci era cascato nella celebrazione dell’eterna giovinezza. Era 1975, aveva 31 anni: «Preferirei essere morto che cantare Satisfaction a 45 anni» disse in un’intervista al magazine americano People. «Potevo sbagliarmi più di così? – scrisse nell’autobiografia della band, Rolling Stones 50, per il mezzo secolo di carriera.
«Man mano che i decenni rotolavano via abbiamo continuato a fare quello che più di ogni altra cosa ci piace fare: suonare dal vivo e offrire un grande spettacolo»
Senza tempo
Secondo le statistiche dei fan quel brano iconico l’ha cantato altre 793 volte da allora, quel crescendo con una nemmeno troppo implicita venatura sessuale è un cardine dei loro concerti, compreso quello della scorsa estate a San Siro. Show che ha fatto morire di invidia i 56 mila presenti nello stadio milanese. Con quasi un’ora di show nelle gambe e nei polmoni, Mick ha impressionato tutti facendosi la passerella del palco di corsa durante un’infuocata versione di Miss You. Come se non bastasse per stupire, solo la settimana prima era risultato positivo al covid, che ha fiaccato fisici più giovani. Le rughe gli segnano il volto, non come al suo compagno di avventura Keith Richards che ha una faccia solcata dagli anni come il Grand Canyon, ma vorrei essere così io a 54 anni…

Gioventù bruciata, ma non del tutto
Tanti auguri Mick. Giovane anche nello spirito, a giudicare dai social network sui quali posta le sue foto in giro per il mondo a fare il turista culturale e non solo il divo che si chiude negli hotel a cinque stelle prima di salire sul palco. Quello che colpisce di Jagger è che, più di altri suoi colleghi finiti male, sembrava un candidato naturale al club dei 27, le star morte a quell’età, travolte dagli eccessi, come Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain o Amy Winehouse.
O forse ce l’ha solo fatto credere. «Faresti uscire tua sorella con uno dei Rolling Stones?»: questo titolo, suggerito dal loro geniale manager Andrew Oldham al Melody Maker per un articolo che uscì nel 1964, trasformò i Rolling Stones nei rivali dei troppo puliti Beatles, assegnando loro la casella dei bad boy della musica. E visto che il rock allora era considerato la musica del diavolo, figuriamoci l’effetto… Ne hanno poi combinate, ma la sensazione è che Mick a differenza di Keith che è rimasto un personaggio fuori dalle regole (ha confessato di essersi pippato pochi anni fa le ceneri del padre), attorno al mezzo del cammin di nostra vita il festeggiato si sia dato una regolata. Altro che Glimmer Twins come vennero soprannominati a metà degli Anni 70.

La forma fisica e l’allenamento
Dietro la forma di Mick c’è sicuramente la benedizione del Dna, ma anche tanta preparazione fisica che arriva forse da un’attitudine familiare: papà Jagger era un’insegnante di educazione fisica. «Sei settimane di allenamento prima ancora che iniziamo a fare le prove. E poi ballo e faccio palestra ogni giorno della settimana. Non mi piace molto, ma bisogna farlo», ha dichiarato l’anno scorso il frontman. Quando vennero a suonare sotto le mura di Lucca nel 2017, il camerino di Jagger aveva il nome in codice “Workout”, ovvero allenamento (quello di Keith era Camp X Ray, Ron Wood aveva scelto Recovery e Charlie Watts si accomodava al Cotton club), e un pavimento ricoperto di erba sintetica per potersi riscaldare. Nel rider, il documento con le richieste della band, era specificato che fosse almeno di dieci metri per tre.
“FARESTI USCIRE TUA SORELLA CON UN ROLLING STONES?“
Classe 1943, Jagger era cresciuto nei sobborghi londinesi a pane e blues
E una volta trovato un gruppo di amici con la stessa passione si era lanciato nella swinging London degli Anni 60. La forza dei Rolling Stones è stata quella di portare quella musica nera, che è rimasta come matrice di tutta la loro carriera, ai ragazzi bianchi: prima gli inglesi e quindi quelli di tutto il mondo. Trasgressione e hit, immagine ma anche sostanza (in tutti i sensi): non c’era momento in cui quella band non diventasse notizia.
I Glimmer Twins
A fare da traino alla scalata degli Stones nella storia del rock l’intuito musicale di Keith, capace di tirare fuori da una chitarra dei riff indimenticabili, e la presenza di Mick, una voce inconfondibile e una sensualità fatta di mosse – una rilettura al maschile di Tina Turner ha ricordato lui alla recente morte di lei – che sono diventate l’abc per chiunque voglia stare su un palco, tanto da aver prestato l’idea per una canzone, Moves Like Jagger, ai Maroon 5. E ci perdoni il dio del rock se abbiamo citato nella stessa frase le due band.

Mick ha anche pensato di poter fare a meno degli altri
Di essere lui l’origine del rock e la destinazione dell’amore dei fan. Erano gli Anni 80 e provò la carriera solista: un paio di album – She’s the Boss e Primitive Cool – accolti tiepidamente dal pubblico, un’esibizione stellare al Live Aid proprio con Tina Turner e un pugno di show fra Giappone e Australia. La linguaccia, il brand realizzato dal grafico John Pasche per 50 sterline nel 1970, era più forte della sua bocca; il brand più attraente del cognome. E da allora gli Stones sono diventati la band dei tour kolossal.
“OTTO FIGLI DA OTTO DONNE DIVERSE, UN DEBOLE PER LE TOP MODEL COME JERRY HALL,
CARLA BRUNI, LUCIANA GIMENEZ…”
Ci sono stati altri piccoli tradimenti su disco – i SuperHeavy con Dave Stewart, Joss Stone, Damien Marley e A. R. Rahman nel 2011 e altri due dischi da solo – ma sul palco sempre e solo con gli altri. Anche con la morte del batterista Charlie Watts – sono rimasti solo in tre, lui, Keith e Ron – la macchina non si è fermata e per l’ultimo tour mondiale, l’azienda ha fatturato 120 milioni di dollari.
Rockstar ma anche Sir
Simbolo della controcultura e non solo del rock Anni 60, icona immortalata da Andy Warhol (e con il resto della band pure nei Simpson), accettato dall’establishment con l’onorificenza di “sir” nel 2002, nel corso della sua vita Mick ha anche dato da lavorare ai magazine di gossip: qualche incidente con la giustizia per possesso di droga, otto figli da cinque donne diverse, un debole per top model come Jerry Hall, Carla Bruni e Luciana Gimenez, stiliste come L’Wren Scott (morta sucida nel 2014), conigliette di Playboy come Bebe Buell o colleghe come Marianne Faithfull a cui regalò, e il titolo dice tutto, Sister Morphine.
Lui e la band non si fermano. È in arrivo un nuovo album e chissà se ci saranno altri concerti, l’ennesimo “ultimo tour” che però loro mai hanno annunciato e mai annunceranno. Ci sono sempre, il rock è cresciuto e invecchiato sulla faccia e sulla bocca di Mick. La mancanza la sentiremo dopo.
(articolo scritto da Andrea Laffranchi e pubblicato su corriere.it)