Jamie Reid aveva 76 anni. Sua una delle illustrazioni più famose della storia: la regina Elisabetta in versione punk.
È stato l’autore di una delle immagini più famose della storia della musica e del costume: quella della regina Elisabetta con al posto degli occhi la scritta “God Save the Queen” e al posto della bocca il nome “Sex Pistols” realizzati con le lettere in stile missiva anonima, ma in realtà, Jamie Reid ha fatto molto di più. Ha creato l’immaginario di una delle controculture più importanti della storia contemporanea, il punk. Proprio questa settimana Robinson, il settimanale culturale di Repubblica (lo trovate in edicola fino a venerdì), celebra la storia di questo importante movimento attraverso un’intervista a uno dei volti più importanti che lo hanno caratterizzato: John Lydon, meglio noto come Johnny Rotten.
Ma se Rotten è stato il volto della rivoluzione punk, Jamie Reid, è stato lo stile
Senza di lui molto probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. A cooptarlo fu Malcolm McLaren, manager dei Sex Pistols, suo compagno di corso presso l’Art School di Londra. Era proprio Reid ad essere più vicino a correnti di pensiero politico quali il situazionismo a cui in seguito McLaren farà spesso riferimento nel suo racconto di come avrebbe imposto ai media i Sex Pistols attraverso una precisa strategia. Il creare “situazioni” potenzialmente deflagranti era infatti alla base delle teorie di Guy Debord che del situazionismo è stato il teorico.
Il percorso di Reid nel mondo dell’arte ha avuto inizio negli anni ’60, influenzato dagli emergenti movimenti controculturali e dalle correnti artistiche dell’epoca
Ha trovato la sua voce in un panorama in rapida evoluzione, abbracciando fin dall’inizio l’etica ribelle e anti-establishment che avrebbe sempre contraddistinto il suo lavoro. I suoi riferimenti principali vengono da fonti diverse quali il surrealismo, il dadaismo, il situazionismo e la pop art, influenze che ha saputo fondere in un linguaggio artistico nuovo, unico e potente.
Artista rivoluzionario e iconoclasta
E’ principalmente conosciuto per il suo innovativo lavoro con i Sex Pistols, la band punk che ha catturato l’energia cruda e la disillusione della fine degli anni ’70. Il design grafico e le immagini visive di Reid sono diventate sinonimo dell’etica della band, creando un’identità visiva inconfondibile tanto provocatoria quanto la musica stessa. Le sue opere in stile collage, di provenienza surrealista, caratterizzate dall’uso di colori audaci, testi provocatori e immagini iconoclaste, hanno catturato e definito lo spirito anarchico del punk e agito come una potente forma di commento sociale.
La creazione più famosa di Reid è senza dubbio la copertina del primo 45 giri dei Sex Pistols, God Save the Queen
L’immagine iconica di una Regina Elisabetta che è stata ripresa in molte, diverse versioni. La più celebre, quella che appare in copertina del 45 giri, è la meno oltraggiosa. Molto più forte è la versione in cui la regina appare con una spilla nel labbro e due svastiche nell’iride facendo luce, una volta per tutte sul presunto “fascismo” dei Sex Pistols, come racconta anche John Lydon su Robinson, spiegando una volte per tutte il vero senso del famoso verso “God save the Queen/ the fascist regime”, che, insieme all’utilizzo provocatorio della svastica, aveva in passato generato equivoci facendo passare i Sex Pistols ma anche i Clash (!) e il punk in generale come movimento di matrice neonazista.
Più di ogni altra dunque questa immagine è probabilmente questa che ha incarnato l’approccio sovversivo di Reid
Sfidando i simboli tradizionali dell’autorità e sovvertendo le norme sociali. Tanto che quest’opera, non solo è diventata un emblema del movimento punk, ma ha anche consolidato lo status di Reid come provocatore culturale, facendo di lui la vera matrice politica dietro i Sex Pistols, al di là delle affermazioni di McLaren che in molte occasioni alla formazione sociologico/artistico/culturale di Reid si è abbeverato.
Il binomio Reid-Sex Pistols
Sebbene l’associazione di Reid con i Sex Pistols gli abbia portato un riconoscimento diffuso, i suoi sforzi artistici si sono estesi ben oltre questa collaborazione, tanto che le sue opere sono ospitate nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art di New York, del Victoria & Albert Museum di Londra e della Tate Modern Gallery. Ha continuato ad affrontare questioni politiche e sociali, creando opere d’arte che criticavano il consumismo, le politiche governative e lo stato della società moderna. Il suo impegno nell’arte e la sua capacità di usare i media visivi per comunicare messaggi potenti lo hanno consolidato come un pioniere nel campo dell’arte di protesta. E anche se la portata della sua opera in paesi come l’Italia non è sufficientemente conosciuta, nel mondo anglosassone, grazie all’opera di autori come Jon Savage, Mark Fisher e Simon Reynolds è stato riconosciuto in maniera chiara il suo apporto dietro le quinte.
L’impatto di Jamie Reid sull’arte e sulla cultura infatti, è in realtà incommensurabile
La sua fusione tra arte visiva e dissenso politico ha aperto la strada a future generazioni di artisti che usano il loro lavoro come forma di critica sociale. Lo stile di Reid continua a ispirare street artist, designer grafici e attivisti contemporanei che cercano di sfidare le narrazioni dominanti e mettere in discussione l’autorità attraverso le loro creazioni. Primo fra tutti Banksy che proviene da un simile sostrato musicale e culturale.
La vita e l’opera di Jamie Reid rimangono una testimonianza della potenza dell’arte come strumento di ribellione e cambiamento
Attraverso la sua esplorazione senza paura dei tabù sociali, ha lasciato un’impronta duratura nel mondo dell’arte e della cultura popolare. Come artista che ha osato sfidare le norme e spingere i confini, l’eredità di Reid continua a riflettersi in coloro che valorizzano l’espressione artistica come mezzo per sfidare lo status quo.
(di Luca Valtorta – pubblicato su repubblica.it)