Il 12 settembre 1989 esce il decimo album degli Aerosmith. Dopo Permanent Vacation un altro disco da record. Un tassello indispensabile nella discografia della band di Boston. Riscopriamo la storia di un disco fondamentale dell’hard rock.
Pump è un disco da record. L’album raggiunge la quinta posizione nelle classifiche statunitensi. Certificato sette volte disco di platino dalla RIAA nel 1995, contiene singoli di successo come Love in an Elevator, The Other Side, What It Takes e Janie’s Got a Gun, tutti quanti entrati nella Top 40 della Hot 100. Ha inoltre registrato vendite certificate per sette milioni di copie negli Stati Uniti fino ad oggi, ed è insieme al suo successore Get a Grip il secondo album in studio più venduto degli Aerosmith negli Stati Uniti (in testa a questa classifica c’è Toys in the Attic con nove milioni).
Pump è anche l’album delle prima volte. Per la prima volta infatti la band si aggiudica un Grammy Award con Janie’s Got a Gun. E non finisce qui: Love in an Elevator è diventata la prima canzone degli Aerosmith a raggiungere il numero uno nella classifica Mainstream Rock Tracks.
Il disco della consacrazione
Dopo la reunion del 1985 gli Aerosmith riescono a rinascere e diventano una band matura, con la testa sulle spalle. Come con Permanent Vacation, un disco di successo che rilancia la band nell’Olimpo del rock, torna per il nuovo album Bruce Fairbairn. Il suo lavoro riprende quasi letteralmente da dove aveva interrotto. La band, concluso il tour, inizia a lavorare alle nuove canzoni nell’autunno del 1988. In questo periodo il chitarrista Joe Perry e il cantante Steven Tyler si incontrano per lavorare ai nuovi pezzi.
Due mesi dopo la fine del tour, volevamo ricominciare da capo. Potevamo sentire che stava arrivando qualcosa di grosso. Il 1° novembre, Steven e io abbiamo iniziato a scrivere. Siamo semplicemente andati a lavorare.”
Joe Perry [Walk This Way: The Autobiography of Aerosmith, Stephen Davis]
In questo periodo la band è molto ispirata. Scrivono oltre 19 canzoni, divise tra una lista A, con canzoni considerate possibili successi, come Love in an Elevator e What It Takes. E poi c’è la Lista B, con canzoni ancora da sviluppare come Hoodoo/Voodoo Medicine Man.
Per scrivere i brani la band si allontana da tutto il resto, riunendosi in un piccolo studio in una piccola città del Massachusetts in modo da potersi concentrare senza distrazioni sui nuovi pezzi. Le sessioni di prova iniziano nel dicembre 1988 e vanno avanti per settimane, con Fairbairn che periodicamente si presenta per offrire indicazioni. “Era un po’ isolato per noi, il che è un buon modo di lavorare, davvero, quando devi portare a termine un sacco di lavoro impegnativo”, ha ricordato Tom Hamilton. “Tutti entravano la mattina, toglievano la neve dalle scarpe e ogni due settimane Bruce si presentava.”
Mi sono seduto alla mia [tastiera] e ho parlato molto con Joe e gli altri dei ragazzi che hanno comprato i nostri dischi: cosa ascoltavano, cosa volevano, cosa stavano facendo le band più giovani. Poi mi sono reso conto che non doveva fregarcene un c***o. Tutto quello che dovevamo fare era guardarci dentro e far uscire il ragazzo”.
Steven Tyler
La band registra il disco tra il febbraio e il maggio del 1989 presso i Little Mountain Sound Studios di Vancouver, Canada. La guida di Fairbairn è anche stavolta decisiva. A lui il compito di modellare quella che altrimenti sarebbe stata una mole sgraziata e informe di materiale. “È molto obiettivo riguardo alle canzoni, quindi è molto più facile per lui entrare e tagliare“, ha detto Perry a proposito dell’approccio di Fairbairn. “Alla fine dell’album di solito lo odio, perché è un sorvegliante. Ma dopo alcuni mesi, inizio a non vedere l’ora di parlare di nuovo con lui.”
Whitford in seguito affermò che “erano in uno spazio mentale così diverso. All’improvviso eravamo molto più sani e la musica scorreva come nei primi anni ’70. Pump è stato scritto nello stesso modo in cui era stato scritto il primo album“.
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Sarebbe sbagliato dire che i lavori procedono senza intoppi. Sussistono infatti tensioni tra Fairbairn, i membri della band e le indicazioni più ‘commerciali’ dell’A&R degli Aerosmith, John Kalodner. In studio la tensione è alta. Prima che Pump venga completato, litigano tra loro praticamente su tutto, da quali canzoni tagliare a quale sarebbe stato il titolo dell’album.
Il bassista Tom Hamilton ha offerto un’altra prospettiva nel documentario The Making of Pump:
La band ha avuto una progressione di album negli anni ’70, fino a Rocks, dove tutti sono migliorati, e il nostro stile è diventato sempre più ridotto alla sua essenza. Poi abbiamo iniziato a distrarci: abbiamo iniziato a corromperci e all’improvviso i nostri album non hanno fatto progressi. Ogni album non era migliore del precedente. Alla fine, la band si è sciolta per tre anni. Poi quando siamo tornati insieme, non abbiamo realizzato l’album che era il passo logico successivo: eravamo come una nuova band; dovevamo ricominciare il processo evolutivo.”
Tom Hamiton, The Making of Pump
Sembrano lontani i problemi legati all’abuso di alcool e stupefacenti, gli stessi che hanno portato alle difficoltà creative e hanno causato la temporanea rottura all’inizio degli anni Ottanta tra Perry e Tyler. Da quel punto di vista la band sembra aver raggiunto nuove consapevolezze, dopo i percorsi di disintossicazione portati avanti nel periodo della reunion. Tyler è rivitalizzato, un animale da studio.
Lo sa bene anche l’altro chitarrista Brad Whitford, che sostiene che in quel periodo la band “era in uno spazio mentale molto diverso”. Pump è un disco che li ha visti ringiovanire. “All’improvviso eravamo molto più sani e la musica scorreva come nei primi anni ’70. Pump è stato scritto nello stesso modo in cui abbiamo scritto il primo album”.
Abbiamo fatto Pump per noi stessi, solo per divertirci. Fondamentalmente, è stato davvero egoistico. È fantastico fare soldi – mi piace quella parte – ma fortunatamente non è questo il motivo per cui siamo lì. Altrimenti, avrei avuto sicuramente un’ulcera, c***o.”
Joe Perry
Curiosità sull’album
“Sono responsabile del titolo Pump; è colpa mia“, ha detto Brad Whitford ridendo. “È davvero un’epopea, l’intera storia del titolo. Mi è venuta in mente poco dopo la fine del nostro tour di Permanent Vacation. Ero ad una riunione di lavoro e, come al solito, stavo sognando ad occhi aperti. Stavo guardando tutti i titoli dei nostri album precedenti che adornano l’ufficio del nostro manager. Stavo dicendo: “Oh, dobbiamo farne un altro adesso“. Ed è da lì che nasce il titolo Pump, dalla vita frenetica del tour.
Ho pensato che il logo degli Aerosmith somigliasse al vecchio cartello della pompa di benzina Flying A, e ho iniziato a seguire l’intero tema della stazione di servizio e a lavorare con quello. […] Tutti pensavano che fosse fantastico, tranne i ragazzi della band.”
Brad Whitford
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La copertina dell’album presenta una foto in bianco e nero di un camion più piccolo della serie International K sopra un camion più grande della serie International KB, entrambi con i pianali di carico rimossi. I simboli internazionali cromati sui cofani sono stati sostituiti con le lettere F.I.N.E., abbreviazione di “Fucked Up, Insecure, Neurotic, and Emotional”, come indicato nelle note di copertina dell’album.
Steven Tyler si è pentito di non aver inserito i testi nel booklet dell’album. La Geffen infatti aveva paura che il Parents Music Resource Center avrebbe potuto protestare per il contenuto dei testi con molti riferimenti a sesso e droga. Per rimediare a questa omissione, i testi vengono inclusi nel programma del tour.
Gli Aerosmith ricevono una querela dopo che un piccolo gruppo rock chiamato Pump fa causa alla società di gestione degli Aerosmith per violazione del marchio di servizio, ma alla fine ha vinto la band di Tyler. I problemi legali con questo disco però non finiscono qui. Infatti il team di autori Holland-Dozier-Holland minaccia di citare in giudizio la band per la melodia principale del brano The Other Side che ricorda la melodia della canzone Standing in the Shadows of Love. Alla fine si arriva ad un accordo, e gli Aerosmith accettano di aggiungere gli autori nei credits del brano.
L’accoglienza della critica
Un disco vintage che guarda al periodo d’oro degli anni Ottanta. Un sound potente e glorioso che sa spaziare tra l’energia dell’hard rock e toccare le note più sdolcinate e smaccatamente pop. La band riesce a vestire entrambi i panni, eternamente ribelle e volgarmente romantica. Anche la critica l’ha premiato. L’album ha ricevuto un’accoglienza per lo più positiva e viene considerato il disco più bello al culmine della stagione glam metal.
“In un’epoca in cui i giovani talenti, dai Mötley Crüe ai Poison, facevano del loro meglio per sollevare la corona dell’heavy metal da artisti del calibro di Def Leppard e Bon Jovi,” ha osservato Q, “ci voleva un gruppo di vecchi stager canuti e confusi come gli Aerosmith per realizzare il miglior album metal dell’anno.”
“Gli Aerosmith sono ancora i re in carica”, ha scritto il magazine Rolling Stone. Secondo Hi-Fi News & Record Review, “hanno ripulito il loro spettacolo, si sono aspirati le narici, hanno aggiunto qualche altro elemento di verdura scelta ai loro pezzi di baccalà e hanno tirato fuori uno stonker.”
Spin lo ha posizionato al numero 279 nella lista dei 300 migliori album degli ultimi 30 anni, e ha detto che gli “Aerosmith non hanno rispetto per aver individuato quel perfetto punto debole tra la sfacciataggine dello sleaze-metal degli anni ’80 e l’autoconsapevolezza”. strizzando l’occhio alla cultura proto-ironica di MTV degli anni ’90”. Per Loudwire Pump, così come il suo predecessore, “soddisfa in modo sfacciato le tendenze hair metal degli anni ’80 con mega-produzioni patinate come Love in an Elevator e Janie’s Got a Gun“, ma ha anche fatto un encomiabile lavoro nel far rivivere lo stile vintage degli Aerosmith”.