Considerato una delle pietre miliari della musica del ‘900, Who’s Next è uno dei migliori dischi rock di tutti i tempi.
Prima c’è Tommy, il primo concept degli Who
Gli Who sono reduci da momenti intensissimi. Innanzitutto l’uscita di Tommy, il primo capolavoro scritto da Pete Townshend e reso tale dal contributo dei suoi quattro compagni. La band di Londra era infatti composta da quattro individui ben diversi tra loro, per atteggiamento e per caratteristiche.
Pete era la mente creativa, nonché autore della maggior parte dei brani e delle idee associate ai dischi; Roger Daltrey era il cantante carismatico che dava voce ai pensieri musicali di Pete, impersonificando i personaggi come pochi altri interpreti avrebbero saputo fare.
E poi la sezione ritmica composta dai compianti John Entwistle, il taciturno e flemmatico bassista, e Keith Moon, l’energico e completamente matto batterista. Tommy è stato uno dei loro più grandi successi, anche grazie al concerto durante il festival di Woodstock che li ha visti protagonisti assoluti. Ma a Pete non poteva bastare. Si cercava qualcosa di ancora più micidiale, che arrivò proprio con Who’s Next.
Lifehouse, l’altro concept degli Who
Subito dopo Tommy, Pete propone il progetto Lifehouse, concepito come romanzo fantascientifico sulla realtà virtuale che ha come protagonista un ragazzo alla riscoperta della musica rock.
Purtroppo, però, nonostante il periodo musicale per gli Who sia all’apice, non lo sono le situazioni “accessorie”. Ken Russell, il manager, approfitta del successo di Tommy per darsi ad una vita sfrenata, diventando dipendente dall’eroina in breve tempo.
Oppure, Pete subisce un pesante esaurimento nervoso, dovuto anche al fatto che gli altri pensano che Lifehouse sia un progetto troppo confuso. Ciononostante ci sono degli obblighi contrattuali riguardanti l’uscita di un nuovo film (Tommy uscirà solo nel 1975, ma è già in lavorazione), quindi si fa e via.
Anche la storia ha una genesi interessante
Parte dall’enorme rispetto di Pete per un santone indiano chiamato Meher Baba, la cui frase più detta era “Don’t worry, be happy”, poi ripresa da Bobby McFerrin per la sua canzone più celebre. E, visti i contenuti del messaggio della guida spirituale di Townshend, ecco che nelle canzoni vengono affrontate anche problematiche come la corruzione, l’inquinamento, il sovraffollamento, il senso di solitudine, il fascismo e lo strapotere dei governi della terra. Tutti temi cari agli Who.
Si tratta di persone che lottano con coerenza, senza gettare benzina sul fuoco, vivendo giorno per giorno e restando ancorate alla realtà. Il protagonista di Lifehouse è infatti un uomo comune che però, come Tommy, incarna nella sua anima un potenziale di infinito e di divino. Dal punto di vista storico e sociale, era il momento in cui anche l’Inghilterra sentiva l’eco del Vietnam. C’erano in ballo i diritti, quelli delle vittime, dei giovani mandati a morire, ma anche le rivendicazioni femministe, i movimenti ecologisti e degli omosessuali.
Dice lo stesso Pete Townshend (chitarrista degli Who):
Pensavo che nulla, meglio del rock e del cinema, che è il linguaggio universale dall’impatto più immediato e diffuso su tutta la Terra, avrebbe potuto veicolare meglio la necessità di trovare risposte più grandi sull’esistenza e di unirci in un mondo solo. A quel tempo, John Lennon cantava la stessa cosa in Imagine. La musica rock, poi, è sempre stata la calamita per unire il maggior numero di persone nello stesso posto, suscitando e comunicando emozioni forti e comuni, in grado di evocare un immediato senso di appartenenza”
Le canzoni di Who’s Next degli Who
Ci sono ben nove brani nel disco originale, uscito per la Decca nell’agosto del 1971. La prima è probabilmente la più famosa di tutte, fosse anche solo perché la si sente come sigla delle serie tv: Baba O’ Riley. Di fatto il titolo non ha nulla a che fare con il testo del brano, ma è un chiaro riferimento ai due personaggi che hanno ispirato il progetto Lifehouse: Meher Baba e Terry Riley, uno dei più importanti musicisti minimalisti degli anni ’60.
La canzone si apre con un synth che arpeggia delle note, e ha la particolarità di non avere una classica struttura strofa-ritornello. E addirittura c’è un assolo di viola alla fine. La seconda canzone degna di nota è My Wife, scritta da Entwistle. Non è la prima volta che John scrive qualcosa per gli Who e ogni volta lo fa con la sua tipica vena sarcastica e ricca di ironia. La canzone, che parla piuttosto male della propria moglie, considerata una mezza pazza, ha fatto divertire la signora Entwistle, che ebbe a dire:
Oh, lei la trova divertente. E sincera. In fondo, ha sempre desiderato lanciarmi una palla da biliardo in testa mentre sono sul palcoscenico”
E poi ancora
Le ultime due canzoni del disco, Behind Blues Eyes e Won’t Get Fooled Again, legate tra loro da un rockeggiante riff di chitarra, eco del lavoro svolto su Lifehouse.
Behind Blue Eyes è costruita a sezioni: la chitarra di Pete accompagna la voce di Roger. Si aggiungono pian piano il basso e tutto il resto, portando il brano ad una versione decisamente più rock.
Won’t Get Fooled Again è una canzone scritta con l’intento di dichiarare di essere contro i fascismi e i poteri autoritari. Nasce come ultimo brano di Lifehouse e la particolarità principale è l’utilizzo di un synth usato come campionatore di varie voci umane, a rappresentanza della comunione spirituale che Pete aveva trovato nella musica grazie alle opere di Meher Baba.
Who’s Next è un disco pieno di rimandi alle filosofie orientali, scritto con un fortissimo senso estetico e critico nei confronti del mondo di inizio anni ’70. Davvero il capolavoro di Pete e degli Who.