Robert Plant, all’anagrafe Robert Anthony Plant nato a West Bromwich il 20 agosto del 1948, ancora oggi è un’autentica leggenda del rock grazie alla sua militanza nei Led Zeppelin e per i suoi album solisti come riporta il Telegraph (leggi qui).
Oggi, a 69 anni, e nonostante i lunghi capelli e la barba grigia è comunque un artista dotato di una grande energia e vivacità. Tutt’ora saluta sempre tutti per strada con un allegro “come va ragazzo?” e, quando si ferma in un ristorantino retro, si studia tutta la lista sul jukebox con nomi del calibro di Roy Orbison, Etta James e Ray Charles.
Come ha dichiarato la cameriera ogni tanto, durante la lettura, faceva qualche pausa per fare le sue considerazioni sulle grandi voci che ci stanno lasciando oggi e su quelle dei giorni nostri. Poi interrompe i suoi sofismi per dire “Meglio andare a vedere Planty! Per quanto ancora potrà reggere?”
Il nuovo album di Plant, “Carry Fire”, lo dimostra appieno. Un disco che mischia country, blues, folk, rock, beat ed anche delle melodie e dei ritmi nord africani a dimostrare l’ecletticità dell’artista inglese.
“Credo di stare migliorando – ha dichiarato Plant parlando dell’album che secondo lui è – una dichiarazione di quanto sono migliorato rispetto a me stesso, un flusso. Voglio dire, amo il flusso. Quando sono nella mia macchina vado e dico ‘yeah! Verso la Jurassic Coast oppure verso la Cambian Coast? Ci sarà acqua ed una donna? Non lo so”.
Come ricorda però è anche “la quindicesima raccolta di canzoni da quando Bonzo se n’è andato”. La morte del suo più vecchio amico, il batterista John Bonham nel 1980, ha portato alla fine dell’era dei Led Zeppelin, forse il più grande gruppo rock della Terra. Da allora il suo ex partner musicale, Jimmy Page, ha pubblicato cinque album, l’ultimo dei quali proprio con Plant nel 1998.
“Per essere un’entità musicale ricercata, prima di tutto, devi essere bravo. Secondo devi avere un qualche tipo di fascino. Terzo, devi tenere le distanze. Quindi dovresti apparire una volta ogni sette oppure otto anni. Purtroppo se non ho concerti devo esibirmi alle feste di compleanno, matrimoni e bar mitzvah. Devo fare questo. Sentire il ritmo”. Così è come Plant descrive se stesso oltre che come “un vecchio sessantenne che è ancora in volo. Non posso smettere con queste cose perché amo quello che faccio”.
Molti veterani della musica sembrano ormai stanchi dal viaggiare costantemente, ma Plant adora la vita itinerante “non è che non posso stabilirmi è che non dovrei. Ho una famiglia fantastica e loro mi lasciano essere quello che sono”.
Plant ha quattro figli adulti da due differenti mogli che sono anche sorelle tra di loro, la sua vita amorosa è stata decisamente complicata. A questo proposito ha dichiarato “con la giusta quantità di tempo prima del lungo silenzio mi sono mantenuto agile. Non vuol dire che mi avvantaggio o che sono nel mezzo di una storia o di una tresca. Al contrario, sono nel pieno della vita”.
Mentre in Inghilterra è rispettato sembra che in America non sia lo stesso e questo viene posto bene in evidenza da alcune canzoni del nuovo album, come “New World” e “Carving Up The World Again”, che parlano della paura dell’immigrazione durante la storia umana. “È una canzone antica. Non è l’America, è una canzone degli europei e prima ancora dei greci e dei re africani di Timbuctù. È così ormai da tempo immemore. Siamo dei demoni”.
Una cosa simile era già stata cantata ai tempi dei Led Zeppelin con la mitica “Immigrant Song” in cui gli immigrati erano gli invasori vichingi, “the hammer of the Gods”.
“Mi è sempre interessata la storia – ha dichiarato Plant – credo che questo alleggerisca un po’ il messaggio se lo metti nel giusto contesto. Non sono uno che commenta la società, ma mi sembra che stiamo esaurendo l’amore. Non c’è più molta gioia o speranza. C’è un’arroganza che non segue nemmeno una dottrina politica. Qualcuno dovrebbe metterle dei freni”.
Ovviamente Plant non parla spesso dei Led Zeppelin, ma nelle sue dichiarazioni pubbliche c’è sempre quella tenue possibilità di reunion in cui molti sperano. “Non puoi andare davvero indietro. È già abbastanza difficile ripetersi con qualcosa che ha un anno, non ha importanza se ne ha 49. Devo continuare a muovermi”.
Ci sono frequenti allusioni all’età ed all’inesorabilità del tempo nella sua musica, ma Plant ci scherza su dicendo “svegliandomi mi guardo allo specchio e dico ‘chi diavolo è quello?’. Non è mio padre, potrebbe essere mio nonno! Quindi credo che la vanità sia finita!”