Le Stratocaster degli anni ’70 non sono affatto da buttare, e la “Duck” di Yngwie J Malmsteen ne è una dimostrazione lampante.
Truss rod in stile bullett e il discussissimo palettone a svettare in cima a un manico interamente in acero: la Strato solid body simbolo del virtuoso scandinavo è inconfondibilmente anni ’70, ma si può sfidare chiunque a dire che sia un cattivo strumento. Nel 70esimo anniversario della Strat, Malmsteen si pronuncia in favore di alcune delle Stratocaster più bistrattate di sempre: quelle prodotte a partire dal 1965 col passaggio di Fender sotto la proprietà di CBS.
La sua Duck, Stratocaster del 1972 in finitura Olympic White, è una di queste, e Yngwie la tiene a esempio di come quella produzione non sia affatto cattiva in sé per sé, ma riservi picchi altissimi di qualità se si sa dove cercare
Ingiallita dal tempo e messa duramente alla prova da anni di palco, la Duck è riconoscibile per l’adesivo “Play Loud” sul corno superiore. È la chitarra usata sui primi album di Malmsteen, quelli che hanno lanciato il fenomeno del virtuosismo neo-classico e tutt’ora fanno scuola nel genere, per stile quanto per il sound che proprio quello strumento ha contribuire a delineare in modo importante.
La Duck però non è la sola Strat nell’arsenale del chitarrista, che vanta una faretra particolarmente ricca a cui attingere
Più che un collezionista, lo si potrebbe definire un consumatore affamato di Strato d’epoca. Le accumula, le strapazza, le maltratta sul palco e non gli riserva troppo riguardo neanche dietro le quinte, come testimoniano alcuni celebri video che lo vedono letteralmente lanciare la custodia di una Fender appena acquistata nella sua auto oppure, nel suo studio, riporre chitarre accatastate una sull’altra in un angolo.
Però, sul suono e sulla capacità di riconoscere uno strumento (una Strato) ben fatto e che assecondi il suo playing, non gli si può dire niente.
Così Yngwie si schiera contro chi “boccia” a prescindere la produzione Fender nel cosiddetto periodo CBS, quando cioè la società fu ceduta da Leo alla Columbia Broadcasting System
Sotto la guida di CBS, dal 1965 un laboratorio in pieno boom compirà una serie di scelte sbagliate che nel giro vent’anni lo porterà sul lastrico. Il declino durerà fino alla metà degli anni ’80, quando saranno gli stessi dipendenti Fender a rilevare l’azienda per avviare il riscatto che porterà poi alla moderna Fender Musical Instruments.
Per questo, quella di CBS viene ricordata come l’epoca buia di Fender
La storia però è più complessa di così, e il passaggio dalla proprietà di Leo Fender a CBS non è stato così immediato come molti credono. Leo rimase per diverso tempo ad affiancare l’azienda in qualità di consulente, e le ultime sue idee presero forma proprio in quegli anni, prima di essere trasportate e ampliate nelle sue future avventure di Music Man e G&L. Allo stesso modo la forza lavoro, i progetti e i materiali non cambiarono immediatamente.
Eppure, col nascere del fenomeno vintage e col mito delle pre-CBS, le chitarre di tutti quei vent’anni sono state per lungo tempo viste come scarti, strumenti da cui scappare come se d’improvviso Fender avesse dimenticato come si fa una chitarra di qualità, da un giorno all’altro. La loro storia è raccontata sul libro “Stratocaster“, scritto ed edito da Accordo con la collaborazione e testimonianza di artisti di levatura internazionale.
Nel tempo e con la maturità degli anni, i collezionisti hanno imparato a rivalutare molti esemplari della prima era CBS. Strumenti di gran fascino, valore e qualità, che anche Malmsteen ha a cuore come spiega in una recente dichiarazione.
La produzione anni ’70 delle Strato ha in effetti acquistato nuovamente l’interesse degli appassionati, e canoni estetici e costruttivi tipici dell’epoca tornano oggi sui palchi, riguadagnando un certo terreno anche nei moderni cataloghi Fender con tributi, repliche fino anche a strumenti inediti che si ispirano all’epoca. Insomma, non sempre il palettone è sinonimo di declino, e il tempo rivela tutto.
(fonte: accordo.it)