Musica

Addio Françoise Hardy: musa malinconica ispiratrice di una generazione (e di Bob Dylan)

|

Françoise Hardy

Françoise Hardy aveva appena 16 anni quando iniziava a cantare. E nel 1962 e raccontava, poco più che ragazzina, l’invidia per i coetanei innamorati che facevano progetti per il futuro, augurandosi di trovare un amore tutto suo.

In un’epoca in cui il rock invadeva da Ovest un’Europa a cavallo tra i pettinati Cinquanta e gli arrabbiati Settanta, questa ragazza dalla vocetta dolce e la frangetta, dall’intrigante sguardo acqua e sapone, cantava l’amore e non ancora la ribellione, dall’alto della sua minigonna e delle sue ballerine.
Era nata ansiosa e malinconica Françoise Hardy, nel bel mezzo di un allarme antiaereo nel freddo gennaio del 1944. Un imprinting che le avrebbe lasciato quella vena di dolce tristezza che avrebbe riversato nei suoi dischi. Un’infanzia solitaria, un padre assente, una famiglia ristretta a sua mamma e sua sorella in un modesto appartamento in Rue d’Aumale nella Parigi del Dopoguerra. Uniche fughe dallo squallore quotidiano, la scuola e il pianoforte. Ottime premesse per vendere due milioni di dischi, accreditandosi come un’icona yeyé della musica francese e mondiale.

A quelli che non “perdonarono” a questa diciottenne nostalgica con un perenne male al cuore di essere troppo interessata all’amore va ricordato che i più grandi di quegli anni dedicarono all’Hardy i loro versi

Dapprima fu Bob Dylan che nel 1964 le dedicò una poesia, stampandola addirittura sulla copertina del suo album Another Side Of Bob Dylan: “Per Françoise Hardy, sulla riva della Senna, un’ombra gigante di Notre Dame cerca di afferrarmi il piede“. Hardy parlerà sempre con commozione delle lettere, di cui non divulgò mai il contenuto, in cui il menestrello le cantava del posto che aveva preso nella sua mente e nel suo cuore. “Una fissazione romantica” che non ebbe alcun seguito, ma che la cantante custodì sempre gelosamente, avendole lette tardivamente. Perfino il poeta Jacques Prévert nel 1965 scrisse un testo intitolato Une plante verte per il programma del secondo passaggio della Hardy all’Olympia nell’ottobre 1965. E ancora, come se non bastasse, nel 1967 lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán le dedicò una poesia intitolata proprio Françoise Hardy.

Ma cosa aveva questa ragazzetta di così magnetico da far innamorare una generazione? 

Era tristealiena. Cantava l’amore non corrisposto, il disagio, la lentezza. Mon amie la rose, Toi, je ne t’oublierai pasL’amour ne dure pas toujours cantavano il malessere dei tardoadolescenti urbani e lo inzuppavano nelle corde della chitarra. Aveva imparato a suonarla da sola, Françoise, così come fece per tante altre cose. Nel maggio francese, scelse di non essere dans la rue come i suoi coetanei. Lasciò la capitale, dandosi alla vita di provincia tanto cara a Balzac. Si rifugiò nella sua casa in Provenza con il suo fidanzato dell’epoca: Jacques Dutronc.

Con l’arrivo degli anni Settanta e la sua psichedelia, la stella di Françoise Hardy andò svanendo

Si moltiplicarono le interpretazioni di canzoni altrui che hanno lasciato dei capolavori ancora più immensi degli originali: la sua versione in francese di Suzanne di Leonard Cohen commuove quasi fino a far singhiozzare: sembra essere stata scritta per lei.

Così come il suo duetto con Georges Moustaki — L’ Habit — in Personal Message , il suo album del 1973 prodotto da un altro francese memorabile quale fu Serge Gainsbourg. Un ritiro lento e progressivo dalle scene, ponendosi dietro le quinte, apparendo di tanto in tanto. Poi, vent’anni fa, l’incontro con la malattia. Sconfitta la prima, nel 2019 un mostro le prese definitivamente la gola, impendendole di cantare ancora. Sempre bellissima, tra qualche ruga, i capelli bianchi e quel viso triste incorniciato da una sempiterna frangetta, Hardy si era appellata al presidente Macron chiedendogli di aiutarla a morire con dignità: lei colonna sonora di anni traboccanti di bellezza dal 2019 respirava a fatica, parlava a stento. La perdita dell’udito e la vista quasi offuscata.

Stasera la sua generazione tirerà fuori quel vecchio vinile e il giradischi carico di tempo e saluterà Françoise come merita. Forse lo farà anche quel burbero di Bob Dylan, piangendo quella ragazzina che non si innamorò mai di lui.

“Tutti i ragazzi e le ragazze della mia età/ passeggiano per la strada a due a due
Tutti i ragazzi e le ragazze della mia età/ sanno ben cosa significhi essere felici
E gli occhi negli occhi e la mano nella mano/ Se ne vanno innamorati senza paura del domani”

(fonte: link)

— Onda Musicale

Tags: Bob Dylan
Segui la pagina Facebook di Onda Musicale
Leggi anche

Altri articoli