Certamente, se agli inizi degli anni ’70 mi parlavate di piano rock, non poteva non venirmi in mente il sound del mitico Little Richard o lo stile inconfondibile di Jerry Lee Lewis, veri e propri pionieri del genere già dai fantastici anni ’50.
Siamo in Inghilterra, immersi tra le nuvole e la pioggerella fine di Londra, quando ad un certo punto di questa vita terrena, decide di palesarsi uno dei talenti più incredibili che la musica abbia mai vissuto: Reginald Kenneth Dwight… in arte e successivamente noto con il nome di Elton John.
Molti di voi conoscono Elton soprattutto per i vari successi pop che hanno costellato la sua incredibile carriera, ma in pochi sanno che gli inizi furono timbrati da ben altro tono, da veri e propri sbandamenti rock e piano rock, destinati a rimanere impressi per sempre nella nostra memoria musicale.
Sir, Baronetto… come lo vogliamo chiamare? Secondo me, semplicemente genio
E non importa la riluttanza del padre. Nonostante tutti i freni e tutte le restrizioni, con l’aiuto prezioso di mamma, questo straordinario artista inizia a suonare il piano, inizia a nutrirsi di musica, inizia a battere la strada dei miti e delle leggende, fino a diventare quel che è oggi per tutti noi: un’icona vera e propria.
Vedete, quel che mi infastidisce molte volte, è il timido e superficiale accostamento di Elton a semplici ballate romantiche, a pezzi pop banali, a dischi commerciali e scontati.
Tutto questo è evidentemente falso per chi, come noi, conosce Elton fin dagli albori
Gli inizi blues nei Bluesology ne sono un tipico esempio, ma quel che mi interessa oggi, è mettere l’accento sulla vera e propria vena artistica che ha sempre contraddistinto il nostro Reginald, ovvero evidenziare il suo incredibile ruolo nello sviluppo di questo sottogenere musicale: il piano rock. Gli anni ’50 sono ormai lontani quando nel 1972, esce l’album con la “A” maiuscola del nostro Baronetto inglese: Honky Chateau.
Honky Chateau è un album spettacolare, caratterizzato da sonorità rock e soft rock di altissima qualità, apportate con maestria dalla Elton John Band. In questo scorcio di carriera, Elton si avvale di musicisti impressionanti, tra i quali spicca il nome di Davey Johnstone alla chitarra, al mandolino e al banjo. La band risulta composta da artisti di primissima fila, in grado di conferire all’album un vero e proprio tocco di magia, basti pensare all’utilizzo del celebre jazzista Jean-Luc Ponty, capace di regalare alla musica di Elton anche delle sonorità fino a quel momento inesplorate.
La magia di Elton al piano è tale da far riconsiderare in modo tangibile anche i pionieri del passato, tale è la forza e l’energia che Reginald Dwight trasmette al pubblico
Honky Chateau crea il panico alla sua uscita, nel maggio del ’72, batte record su record e mette in evidenza due tra i singoli più amati del repertorio di Sir Elton John: Rocket Man e Honky Cat. Honky Chateau è un grandissimo disco, molto elegante e raffinato, in grado di portare alle nostre orecchie sonorità di ogni tipo, facendoci esplorare atmosfere rock non troppo vistose e ingombranti.
Il look esibito nei concerti, tipico del Glam Rock dell’epoca esaltato da David Bowie, contribuisce a rendere memorabile la scalata al successo di Honky Chateau, ma contribuisce anche in modo indiretto a etichettare per sempre la vita di Elton.
Stupiti e stupefatti dai costumi dell’artista, molti critici cadono infatti nella tentazione di giudicare l’uomo e non la sua musica
Oggi, se parliamo di Elton John, in molti dipingono quadri stravaganti e sopra le righe, basandosi assai poco sul vero apporto che quest’artista ha contribuito a dare alla musica mondiale. Honky Chateau rappresenta un disco memorabile per ogni collezionista di musica, ma soprattutto rappresenta la vera ispirazione di Elton John, nato e plasmato dal rock, passato dal pop e giunto a noi in carne ed ossa con abiti stravaganti e fuori moda.
Consigliandovi caldamente l’ascolto di questo splendido album, vi lascio con delle parole molto significative, pronunciate proprio da Elton riguardo le sue esibizioni. Parole forti, che senza dubbio possono essere tranquillamente accostate anche alla società odierna.
E con questo è tutto amici miei, vi do appuntamento al prossimo viaggio insieme, sempre qui, tra le righe di Onda Musicale.
Stay Tuned