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Robert Wyatt… genio e pioniere del progressive rock

Robert Wyatt

Quando parliamo di rock progressivo, non possono non venirci in mente i mitici Procol Harum, veri e propri pionieri del genere a fine anni ’60.

E poi ci vengono in mente i Caravan, i Pink Floyd, gli Yes… e poi ancora i Genesis, i Camel… senza dimenticare chiaramente i leggendari King Crimson. E Dio mi perdoni se in questo momento non elenco tutti quei gruppi che in qualche modo hanno contribuito all’evoluzione straordinaria di questo genere musicale.

Il nostro amato prog è stato coniato da molti artisti, è stato plasmato da molti abili musicisti, tanti esaltati e tanti purtroppo a volte anche dimenticati

Una delle correnti più incredibili che il progressive abbia vissuto, è senz’altro la “scena di Canterbury. Molti di voi conosceranno già questa incredibile sfumatura di genere. Per gli altri che approcciano questo articolo, si tratta di una corrente prog nata tra i ’60 e i ’70, una corrente in grado di mescolare al suo interno vari generi, tra i quali il rock psichedelico, il jazz e la musica elettronica.

Tra gli artisti che hanno contribuito maggiormente alla nascita e alla formazione del prog, “passando” anche attraverso il Kent e Canterbury, ci sono Hugh Hopper e Kevin Ayers, veri e propri geni di questo mondo fatto di sperimentazione e alta improvvisazione musicale.

Ma oggi, con molta semplicità e gratitudine, vorrei rendere omaggio a quel signore che probabilmente ha reso possibile, con le sue intuizioni, la nascita di questa corrente progressive: Robert Wyatt

Tastierista, batterista, percussionista, cantante… cosa vogliamo aggiungere? Un artista eccezionale, dalla voce inconfondibile, capace di virtuosismi e voli pindarici in grado di raggiungere sfumature musicali eccezionali. Comunemente conosciuto come membro fondatore dei mitici Soft Machine, non tutti sanno che successivamente Wyatt creò dal nulla anche un altro gruppo decisivo nello sviluppo di Canterbury, i Matching Mole.

Gli inizi di carriera del nostro Robert, vedono il jazz ispiratore e regista, con i dischi di Stan Kenton grandi protagonisti di scena. E’ proprio il jazz, il jazz rock in particolare, a caratterizzare il sound sperimentale di Wyatt. La sua ascesa è veloce e inarrestabile, nascono i Soft Machine e il successo non tarda ad arrivare.

L’epoca è costellata dalla presenza di artisti incredibili, da Jimi Hendrix a Frank Zappa. Le collaborazioni dei Soft con questi artisti, contribuiscono a maturare il gruppo da tutti i punti di vista e la figura di Robert Wyatt, sia cantante sia batterista del gruppo, si pone all’avanguardia della scena musicale, colpendo pubblico e critica in modo straordinariamente grandioso, tale era il carisma trasmesso da Robert.

I primi album incisi e suonati dai Soft Machine sono pietre miliari di genere, ma a mio modesto parere, la vera e propria consacrazione di Wyatt avviene con la pubblicazione di Third nel 1970, il terzo album della band. Al suo interno, Wyatt raggiunge un livello compositivo eccelso, tanto da allontanarlo in concezione dal resto del gruppo, contrario alla creazione di pezzi troppo solitari e personali.

Nello stesso periodo di Third, Robert incide anche un disco da solista: The End of an Ear

Possiamo affermare con assoluta certezza che questo lavoro funge da vero e proprio segnalibro nella vita dell’artista, che si sposta definitivamente dalle atmosfere un po’ cupe dei Soft Machine per raggiungere e sposare una linea più morbida e leggera, in pieno stile Weather Report.

Nel 1971 nascono i Matching Mole. Un gruppo messo in piedi quasi esclusivamente da Robert Wyatt e dalla sua sete di rivincita verso le incomprensioni patite con i Soft Machine. I dischi sono pochi, la sperimentazione è portata ai massimi livelli, tanto da accostarsi alla fusion. In questi anni Wyatt da sfogo ai suoi virtuosismi canori e compositivi che lo portano, senza esagerazione, ai massimi livelli artistici dell’epoca.

La vita è strana amici miei e non guarda in faccia nessuno, questa è un’assoluta verità

Nel 1973 infatti, a seguito di un grave incidente, Wyatt rimane paralizzato su una sedia a rotelle e vede in qualche modo compromesso soprattutto il suo lavoro alla batteria. La sua vita cambia radicalmente e ovviamente, dando luogo a una lunga serie di collaborazioni e lavori da solista.

Oggi, se parliamo di prog, non possiamo non fare riferimento alla figura di Robert Wyatt da Bristol, un’artista spesso messo in soffitta o dimenticato a scapito di nomi più altisonanti e commerciali.

Per conoscerlo meglio e per percorrere la strada di Canterbury posso consigliare, con estremo piacere, l’ascolto di Third dei Soft Machine, di Rock Bottom di Robert Wyatt e di Little Red Record dei Matching Mole.

Come al solito, vi lascio con delle parole incredibili rilasciate proprio dal nostro Robert in seguito all’incidente che lo paralizzò per sempre:

«Il dottore era stupefatto. Mi disse: “Doveva essere proprio ubriaco per rimanere così rilassato mentre cadeva dal terzo piano”. Se fossi stato appena un po’ più sobrio, probabilmente oggi non sarei qui: avrei teso tutto il corpo per la paura e quindi mi sarei fracassato»

Che dire amici miei, augurandovi un buon viaggio progressive, vi do appuntamento al nostro prossimo incontro, sempre qui tra le righe di Onda Musicale.

Stay Tuned

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, Frank Zappa, Genesis, Yes, Jimi Hendrix, Caravan, Procol Harum, camel
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