La storia del cacciatore di vicende irrisolte dell’avanzata alleata in Italia è diventata un film. Basato sul libro scritto con il giornalista di Repubblica Marco Patucchi, 'My war is not over' si vedrà al Torino Film Festival.
La storia semplice e straordinaria di Harry Shindler, soldato che sbarcò nel ’44 ad Anzio con l’esercito inglese e che oggi, a 95 anni, spende la vita a caccia di storie irrisolte dell’avanzata alleata in Italia, è diventato un film. Un documentario che prende il nome dall’edizione inglese del libro scritto da Shindler con il giornalista di Repubblica Marco Patucchi. My war is not over, la mia guerra non è finita, si vedrà al Torino Film Festival, dal 27 al 29 novembre. Cinquantacinque minuti che ci portano indietro di settantatré anni, preziose immagini di repertorio affiancate alla ricerca quotidiana di Shindler.
Ogni volta che restituisce identità a un caduto ignoto il “cacciatore di memoria” dice: "Ecco, per lui la guerra ora è finita". Sono tanti i parenti che si sono rivolti al veterano per conoscere il destino dei propri cari. Racconta il regista, Bruno Bigoni: "Questo film nasce dall’incontro casuale con i cimiteri di guerra, sono 27, dalla Sicilia al Friuli. Luoghi particolari perché pieni di giovani. Ho capito che il lavoro di Harry Shindler era un modo di raccontare i tanti caduti, 120 mila solo nelle spiagge di questo paese"
Il doc si apre sul litorale di San Benedetto del Tronto, dove vive Shindler: una lunga carrellata che evoca sbarchi e battaglie. "Mentre preparavo il documentario è uscito Dunkirk. Ho pensato che, con un’iperbole, questo doc potrebbe esserne il seguito. Quel film racconta la fuga dell’esercito inglese dalla Francia, una notte in cui muoiono in 60 mila. Il nostro si occupa dei giovani abbandonati sulle spiagge, accerchiati dai nazisti. Cosa possono ancora dire oggi? My war is not over e i casi che affronta, tre a significarne moltissimi altri, cerca di dare voce a queste persone".
Bigoni ha pensato il film anche per un pubblico di ragazzi "trovando un linguaggio e una forma espressiva che rispettassero l’andamento di Harry, che non corre ma è di pensiero lucido, tagliente, ironico. L’ho affiancato a Marco Patucchi, che Shindler considera una figura imprescindibile per il suo lavoro".