Il racconto di Bono Vox, frontman degli U2: “Freddie si avvicinò e mi disse: ‘abbiamo tutti deciso che ci piacete molto’“.
A mezzogiorno del 13 luglio 1985 allo stadio di Wembley, Londra (e in contemporanea allo stadio J.J. Kennedy di Phailedlphia negli Stato Uniti) inizia uno degli eventi più importanti nella storia del rock, il concerto benefico in favore dell’Etiopia colpita dalla carestia organizzato da Bob Geldof e Midge Ure, il Live Aid.
Un “jukebox globale” come lo definisce Bob Geldof, in cui i più grandi artisti della musica inglese si esibiscono per venti minuti davanti a 72.000 spettatori:
Per comunicare con il mondo quanto sia assurdo e moralmente riprovevole che ci siano persone che muoiono di fame mentre altre vivono nell’abbondanza e nello spreco usando la lingua franca del pianeta, che non è l’inglese ma il rock’n’roll»
Ogni band e artista ha a disposizione tre o quattro brani per dimostrare il proprio impegno e la propria grandezza dal vivo al pubblico di Wembley (e al miliardo di telespettatori che seguono il Live Aid in diretta), senza soundcheck, tutti con lo stesso tipo di palco, luci, ed effetti Il concerto di Londra parte con Rockin All Over the World degli Status Quo, poi arrivano gli Style Council di Paul Weller, i Boomtown Rats, Adam Ant (che fa un solo brano, Vive Le Rock), gli Ultravox, Spandau Ballet, Elvis Costello, Nick Kershaw, Sade, Sting e Phil Collins, Howard Jones, Bryan Ferry con David Gilmour alla chitarra e Paul Young.
Alle 17.09 salgono sul palco gli U2, che eseguono Sunday Bloody Sunday e una versione lunga undici minuti di Bad con intermezzi di Satellite of Love e Walk on the Wild Side di Lou Reed e Ruby Tuesday e Simpathy for the Devil dei Rolling Stones
Gli U2 hanno appena pubblicato The Unforgettable e grazie al successo del singolo Pride (In the Name of Love) sono la band dell’impegno e della passione. Per Bono, fedele all’etica punk degli esordi (nonostante il look new romantic), salire sul palco vuole dire sempre lanciare dei messaggi. Durante Bad, Bono vede nel pubblico una ragazza in difficoltà in prima fila, chiede alla sicurezza di intervenire, poi salta giù dal palco e la tira fuori dalla folla, la abbraccia e balla con lei. È un momento di umanità che colpisce il mondo, come la successiva impeccabile performance dei Dire Straits di Mark Knopfler.
Alle 6.41 del pomeriggio, però, inizia uno show che viene considerato unanimemente da musicisti, critici e pubblico come una delle migliori esibizioni dal vivo nella storia del rock, quello dei Queen. Freddie Mercury esce sul palco, tiene i 70.000 di Wembley in mano, guida la band in un medley di sei canzoni che parte con Bohemian Rhapspdy e finisce con We Are the Champions, fa battere le mani a tutto lo stadio durante Radio Ga Ga, scarica la sua energia rock durante Hammer to Fall, Crazy Little Thing Called Love e We Will Rock You, scherza con un cameraman sul palco e fa cantare tutti con un coro.
È la consacrazione definitiva di Freddie Mercury come uno dei migliori frontman di sempre, riunisce i Queen e li conferma come la band più amata in Inghilterra
Dopo i Queen, David Bowie incanta con Heroes, poi arrivano gli Who ed Elton John, prima del ritorno di Freddie Mercury con Brian May per il pezzo acustico Is This The World We Created?, prima del finale con Paul McCartney che canta Let it Be con David Bowie, Bob Geldof, Aison Moyet e Pete Townshend e tutti gli artisti di Band Aid per Do They Know It’s Christmas. Finita la sua esibizione, Bono ha raccontato di aver incontrato Freddie Mercury nel backstage dello stadio di Wembley:
(fonte Virgin Radio)