Se ne parlava da mesi. Oggi la notizia è ufficiale: la mostra “Pink Floyd: Their mortal remains“, appena conclusasi a Londra, si farà a Roma.
A Londra è stato un successo planetario, con quasi 400.000 visitatori, risultando più vista anche di quella dedicata a David Bowie, e segnando il nuovo record mondiale per una mostra a tema musicale. (leggi l’articolo)
La location scelta per il primo viaggio di questa esibizione (che nelle intenzioni degli organizzatori dovrebbe esse “in tour” in tutto il mondo per i prossimi dieci anni) è Roma, e più precisamente il Macro, situato in Via Nizza, 138.
La mostra aprirà il prossimo 19 gennaio, ed stato proprio Nick Mason in persona, batterista della band, ad annunciarlo durante una conferenza stampa nella Città Eterna.
Sicuramente un grande colpo in termini di visibilità nel panorama rock mondiale per la Capitale e sebbene gli italiani al V&A museum abbiano rappresentato la fetta maggiore dei visitatori esteri, siamo sicuri che in tanti non si lasceranno scappare l’occasione di vivere (o ri-vivere) nuovamente questo splendido percorso immersivo nella storia cinquantennale della band.
Ma essendo in Italia non potevano mancare le polemiche su un evento che, nel mondo del rock, accende i riflettori su Roma a livello mondiale. Il sito Artribune, quando ancora sulla mostra circolavano rumors e non c’era ancora stata la conferma definitiva, scriveva così “Una grande rassegna di sicura cassetta di cui la società Mondomostre ha intermediato i diritti prontamente rivenduti al Comune di Roma in cambio di non pochi denari. La mostra verrà presentata al Macro, le cui sale saranno chiuse per settimane e settimane a causa del laborioso allestimento. Ma pur volendo dar atto che la mostra sia di gran richiamo e volendone prevedere un successo in termini di numeri, quale è il senso di questa operazione? Perché allestire una mostra così commerciale e pop nello spazio che questa amministrazione ha voluto da subito immaginare destinato alla ricerca, alla sperimentazione e addirittura alla produzione artistica in loco? Come può uno spazio dedicato alla produzione trasformarsi in una location di mostre comprate chiavi in mano (questa la formula) a suon di milioni?”
(fonte: www.spettakolo.it – link)
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