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Clara Moroni, la “bambina brava” del rock …(Intervista)

La performer Clara Moroni

Clara Moroni, cantautrice e rocker italiana, ai più è conosciuta come la backing vocalist di Vasco Rossi, un sodalizio durato 22 anni.

Clara Moroni – classe 1964 – nasce musicalmente molto giovane, enfant prodige del punk rock anni ’80. Si fa notare per la sua voce dal sound “straniero” e durante le registrazioni delle voci dell’album di Alberto Fortis, “Carta del cielo”, conosce Il produttore Guido Elmi (già storico produttore di Vasco Rossi). Da questo incontro nasce il progetto: “Clara & The Black Cars”.

Negli anni ’90, vengono prodotti due album: Chi ha paura di chi” (1990 EMI) e “Spiriti” (1992 EMI) che vedono come special guest Maurizio Solieri. Dal lavoro in studio con Elmi, nasce anche l’invito a partecipare agli arrangiamenti vocali dell’album di Vasco Rossi, “Gli spari sopra” (1993 EMI). Inizia, così, una collaborazione in studio che continua su tutti gli album fino al 2017.

Nel 1994 fonda la propria casa discografica, la Delta Music Industry, assieme ad altri due soci produttori. Sfondano nel mercato giapponese con brani come “Night of fire” di Niko, e successivamente nel mercato USA con brani come “Running in the 90’s” di Max Coveri. L’etichetta ha al suo attivo circa 500 brani editi e distribuiti in tutto il mondo.

L’intervista

Onda Musicale l’ha intervistata in prossimità del concerto del 12 ottobre a Milano. L’occasione per rilanciare i suoi due album storici che le hanno aperto la strada al rock made in Italy. In questa intervista a cuore aperto, Clara anticipa il suo nuovo album, parla a ruota libera del mondo della discografia italiana e internazionale, aneddoti e storie, la voglia di scrivere un libro, i suoi sogni nel cassetto dentro e fuori la musica e molto altro … non solo Vasco.

OM: Clara è appena uscito il doppio re-mastering di “Chi ha paura di chi” e “Spiriti”. All’ascolto, sono album freschi e attuali, non sembrano arrivare dagli anni ’90, come te lo spieghi? È il rock eterno, cosa rende questo genere sempre vincente?

Partiamo dal presupposto che già negli anni ’90 non si trattavano di album con sonorità molto “italiane”, si rifacevano più al rock americano, a sonorità più straniere. Quindi, come suono era già abbastanza antesignano, nonché abbastanza unico, al di fuori di quelli che erano i canoni del rock italiano dell’epoca; quindi rimasterizzandoli, togliendo le connotazioni sonore dell’epoca, non so, i rullanti, i riverberi, molti effetti sulla voce in generale, è uscito fuori un suono pulito e ha tirato fuori un sound attuale. Un sound di molte band rock di oggi che si rifanno a quell’epoca, gli anni ’90.

Il rock, poi, per chi piace è immortale, poi c’è gente a cui non piace. … definire il rock è difficile, non è soltanto chitarre, heavy metal o urla sataniche, il rock è anche David Bowie, Pink Floyd, Led Zeppelin. Diciamo che il rock è il bacino musicale che ha dato più creatività e sfaccettature alla musica contemporanea e moderna. Il rock, insieme al pop, e anche mischiato come pop-rock, sono i due più grandi bacini di creatività musicale dal secolo scorso

Presenterai i due album in un concerto a Milano il 12 ottobre. Un evento unico, ma pensi di programmare un tour?

No, è un evento unico.

In questo momento sto preparando un nuovo album con un grande produttore che è Fabrizio Simoncioni che ha prodotto Ligabue, Litfiba, Carmen Consoli, Nannini, insomma … uno dei motivi per cui ho deciso di rimasterizzare questi album è perché mi sono resa conto che comunque la maggioranza delle persone – a parte chi mi conosceva già da prima – mi conosce grazie al ventennio con Vasco (Rossi), però io non sono nata sul palco di Vasco. Non ci sono neanche caduta per sbaglio. Io arrivo sul palco di Vasco proprio grazie a questi due album, che sono stati la genesi di tutto quello che poi è venuto dopo. Sono stati il mio biglietto da visita che mi hanno aperto le porte. All’epoca non c’erano donne che facevano rock in quel modo, è chiaro che dopo aver fatto le voci per “Gli spari sopra” è venuto da sé continuare, non c’erano donne che lo facevano, la scelta è caduta naturalmente su di me, avevo anche il physique du rôle per poter stare su quel palco. Quindi volevo far capire o conoscere a chi non lo sapeva che c’è un bel pregresso…

Quanto sono importanti i live per te?

Beh! sono molto Importanti, ma non fondamentali.

Per motivi personali ho messo un attimo da parte la musica, ma dall’anno scorso mi si è riaccesa la fiamma, ho deciso di tornare a fare musica, ho cominciato a lavorare su questo nuovo album e in questi giorni, dopo il concerto del 12, sarò in studio per finalizzarlo e spero di poter fare uscire un singolo entro la fine dell’anno e continuare poi per tutto il 2025. E quindi fare concerti nel 2025.

E allora facciamo conoscere al pubblico il tuo pregresso. Nasci come artista “punk” – giovanissima, con i The Kubrick – e ti trasferisci a Londra per vivere a pieno tutti gli umori di quell’ambiente. Non ti chiedo aneddoti o ricordi, ma la prima impressione, la prima sensazione a pelle che ti ha fatto percepire una netta differenza con l’Italia.

Innanzitutto l’atmosfera di Londra, il numero spropositato di concerti a cui si poteva andare tutte le sere, i locali storici come il Marquee Club, dove ho conosciuto Glen Matlock, il primo bassista originale dei Sex Pistols e tutti erano lì, parlavano tra di loro… siamo nel ’79, primi anni ’80 non ricordo bene ero minorenne …

Erano gli anni del fermento musicale anglo-americano, della dominanza della musica britannica

Sì, specialmente per chi amava il genere, il punk, il metal, la new wave, c’era un gran fermento, era una scena viva, stimolante, in divenire … ogni sera un concerto diverso …

E proprio durante questi concerti hai conosciuto Adam and the Ants, citavi prima i Sex Pistols, cosa provavi davanti queste icone del momento, immagino che hai cercato di imparare tanto, tutto, il più possibile?

Quando sono arrivata a Londra, ho conosciuto Adam and The Ants grazie a Tony Fisher – un amico che mi accompagnava (risata) – eravamo partiti insieme per incontrarci a Londra con altri italiani che erano già su eh niente, mi ricordo che lui aveva il numero di questa sua amica e lei dice “Sì, venite a questo indirizzo, siamo qui, stiamo mangiando del pollo” e, insomma, quell’indirizzo era la casa di Adam Ant. Io, a momenti, crollavo per terra, ragazzina … poi Adam Ant era un sex symbol, un figo terrificante …

Perché allora sei tornata in Italia?

Primo perché avevo finito i soldi. E Londra era molto molto costosa in quegli anni. E secondariamente perché ero minorenne, dovevo andare a scuola e poi non ero ancora preparata per intraprendere una carriera musicale professionale in Inghilterra, in quel momento. Era stata un’avventura che mi è piaciuta tanto.

Ma poi c’è da dire anche che gli inglesi nei nostri confronti sono anche molto, molto snob … e quindi cercare di entrare in qualsiasi cosa avesse avuto a che fare con la musica inglese avrebbe significato impiegare anni, significava fermarsi lì e forse in 5 – 3 anni con un colpo di fortuna riuscire a emergere.

Lo hai vissuto un po’ come un ambiente ostile, in genere, verso gli stranieri?

Direi di sì, l’Inghilterra non è certo un ambiente molto aperto verso gli “stranieri”, ecco. Anche se siamo europei, musicalmente è molto difficile farsi strada lì. Almeno all’epoca, io adesso non saprei, non la seguo tantissimo la scena musicale inglese.

L’Inghilterra secondo me sta vivendo un momento di crisi profonda, sia politica che economica, e di conseguenza sociale e culturale e anche creativa. Infatti, non la seguo. Se parliamo in Italia, la musica americana e italiana è egemonica, mentre, invece, una volta, l’Inghilterra diceva la sua e la diceva anche più forte dell’America. Gli anni ’80 e ’90 erano dominati dalla cultura “british”. Oggi, devo dire che la musica inglese è abbastanza opaca, anzi non la sento. Non so se è una mancanza mia …

Forse non si sente, perché magari anche la radio oggi trasmettono meno musica inglese, in genere, capta meno le tendenze …

Ah questo è sicuro! Oggi le radio sono focalizzate sul repertorio italiano e ci becchiamo quello che ci becchiamo! Però c’è da dire che anche le radio che sono british oriented, non so, non si sente nulla di interessante …

Prima accennavi al fatto che nel panorama rock italiano le rock band al femminile sono praticamente assenti. Ti senti una mosca bianca nel panorama musicale italiano oppure ci sono colleghe che potresti definire davvero portatrici sane del rock in Italia, penso a Loredana Bertè su tutte?

Allora, se parliamo di musica è una cosa se parliamo di personaggio è un altro … la Bertè è un personaggio rock, per la sua vita, ma lei rappresenta la musica cantautorale italiana.

L’unica che si è avvicinata agli stilemi musicali del rock è stata agli inizi la Nannini con “America”, ma poi anche lei si è allontanata. La Nannini di rock ha la voce, quella voce roca, graffiante, ma non la si può definire dentro gli stilemi del rock.

In Italia ci sono e ci sono state delle realtà rock che sono grosse e molto interessanti che, però, come al solito l’Italia non ha saputo valorizzare … Non si è mai profeti in Italia, cambierei il modo di dire “non si è profeti in patria” con “non si è profeti in Italia, mai”! Per esempio, i Lacuna Coil con Cristina Scabbia, una band che da 20 anni è in giro, hanno preso “miliardi” di premi e riconoscimenti, fanno tour su tour in tutto il mondo, ma qui in Italia non ne parla nessuno, solamente quelli di nicchia del settore del metal. Capisco che è la nicchia del metal, però comunque è un patrimonio. Non capisco perché dobbiamo dare spazio solo ai successi del … del “Volo”, per esempio, perché fanno musica tradizionale melodica italiana e, invece, non diamo spazio ai successi dei Lacuna Coil che fanno un altro genere: è sempre nella musica, è sempre patrimonio nazionale … come dire: sì, parliamo bene del salame, ma non parliamo della mozzarella, sono entrambi prodotti italiani, parliamo bene di entrambi perché fa bene a noi in primis.

Poi ci sono stati anche gruppi nel passato, con grandissimi cantanti come Roberto Tiranti, il cantante dei Labyrinth che hanno venduto milioni di dischi nel mondo facendo rock. Non ne ha parlato mai nessuno e non ne parla nessuno.

Oggi, non so chi faccia rock bene in Italia. Conosco più realtà che fanno punk-rock come per esempio Le Bambole di Pezza. Sono una bella realtà, sono brave, sono cazzute, ma che si muovono all’interno della nicchia.

E poi ci sono i grandi “vecchi” rocker – vecchi nel senso di “storici” – come Vasco, Ligabue, gruppi come i Negrita, se vuoi i Litfiba …

E secondo te è una questione di “genere” (uomo /donna) o di appartenenza al mainstream: ci sono delle eccezioni che emergono e poi riscompaiono nell’ombra …

Beh, la discografia in Italia è maschilista. In più c’è una precisa scelta di marketing

 Io ho anche un’etichetta discografica e ti posso dire che con il marketing tu fai andare quello che vuoi tu. C’è un circolo vizioso che sono talent, case discografiche e radio che decidono esattamente cosa va e cosa deve andare nel mainstream … poi ci sono fenomeni che emergono da soli attraverso i social e Tik Tok che vengono intercettati dalle case discografiche o dai talent che ti spingono.

C’è un circuito di marketing che decide cosa gli italiani devono ascoltare. È una legge discografica. Sarà così finché non arriva qualcuno che dice “adesso gli italiani devono ascoltare anche qualcos’altro”, e ascolteranno – perché io non ascolto – gli italiani ascolteranno quello che le case discografiche insieme alle produzioni decidono.

È tutto qua, me lo ha insegnato uno dei più grandi discografici giapponesi, Tom (Tatsumi) Yoda, l’ho conosciuto, stavamo parlando di musica e a proposito di Britney Spears mi disse: “Diventerà la nuova Madonna” ed io risposi “Wow! Mi sembra difficile” perché Madonna ha carisma, ha una storia, mentre la Spears era appena uscita con “(Baby) One more Time” e lui rispose: “È già stato deciso. E quando è stato deciso, lo si marketizza e lo si piazza sul mercato. Punto”.

Per cambiare … è come i governi, devono cambiare i ministri, i primi ministri. È così

Adesso facciamo di nuovo un passaggio all’estero, al tuo capitolo americano. Qui, invece, come hai vissuto l’esperienza discografica americana. Quali altre differenze – se ci sono – hai notato nella discografia americana rispetto a quella europea?

Gli americani sono diametralmente opposti agli inglesi. Lì non sono snob, lì c’è un’altra situazione. Ti vai a scontrare con milioni – sì, si può dire milioni in questo caso, – di batteristi, chitarristi, bassisti, sassofonisti che spaccano il culo ai passeri. In America sono tutti determinati, pertinaci, testardi, sgomitanti, vogliono lavorare e la competizione è altissima ed è per quello che chi arriva al successo in America non ci arriva per caso: arriva perché ha delle qualità eccezionali. Però sono molto più aperti alle collaborazioni, molto più aperti al mondo, infatti, ci sono anche tantissimi italiani che hanno trovato spazio e che lavorano. Io stessa ho un sacco di amici che lavorano in studio, come chitarristi, batteristi. Anche se c’è crisi anche lì, non siamo più negli anni ’90 …

Lì hanno deciso di marketizzare il rap, l’hip pop …

Sì, ma se guardi bene, sta cambiando qualcosa, hanno deciso di chiudere questa storia. Ascolta l’ultimo di Bruno Mars, di Lady Gaga, ascolta le ultime uscite, gli americani stanno tornando a fare musica. È un segno chiaro che sento nelle nuove uscite. Intendo fare musica con accordi: l’ultimo pezzo di Bruno Mars e quello di Lady Gaga, persino il fenomeno Taylor Swift e simili mi dice che il trend sta cambiando.

C’è tuttavia una tradizione musicale “black”, ricca che viene da lontano con un passato ricchissimo da cui attingere, però non è egemonico. In America c’è spazio per tanti generi, gli americani sono più “colti” musicalmente, anche il camionista in autostrada ascolta di tutto dai Led Zeppelin a Springsteen …

Per non parlare di generi musicali che vanno per la maggiore in America come il country, che da noi non arrivano …

Assolutamente sì, per dirne una il padre di Miley Cyrus (Billy Ray Cyrus n.d.r.) è un grandissimo, Garth Brooks è la più grande star del country, ma anche donne della musica country riempiono gli stadi, ma anche la Christian music ha un ruolo, ci sono molte più sfaccettature e il pubblico le coglie tutte, è in grado di coglierle e ognuna ha il suo pubblico, il suo spazio. Qui, abbiamo tre generi e ne conosciamo solo tre, in America c’è un crossover e una commistione pazzesca: tra rock e funky, funky e jazz, tra jazz e R&B, tra R6B e pop, di tutto …

A proposito di voci e generi musicali, il tuo timbro vocale ricorda molto Sheryl Crow, Patti Smith, il graffio di Bonny Tyler, controllo e potenza allo stesso tempo, però hai studiato canto lirico per molti anni, quanto è stato importante lo studio del belcanto italiano?

Ho studiato canto lirico perché avevo un problema di voce: mi erano venuti i noduli. Siccome sono amica di Roberto Colombo che è il marito di Antonella Ruggero, una sera a casa loro, ho esposto questo problema, il fatto che cantavo e a metà concerto mi andava via la voce e che mi avevano trovato dei noduli. E lei (Antonella), mi ha consigliato di andare dalla sua insegnante, la Cavalli e mi ha sistemato. Infatti, sono andata da questa insegnante e senza fare operazioni – perché non si devono fare le operazioni – nell’arco di due, tre mesi ho risolto i miei problemi e ho usato 7 anni di lezioni di canto lirico per perfezionare la mia tecnica. Quindi, io ora sono in grado di cantare per lunghi periodi di tempo con qualsiasi condizione sonora senza rovinarmi la voce, senza procurarmi noduli, polipi, danni.

La maestra è morta e mi manca moltissimo perché adesso vorrei fare lezione con lei, ma purtroppo non c’è. Per carità potrei fare anche da sola dopo tanti anni, però con lei era un’altra cosa … cantare lirica è una delle cose più fighe del mondo … la potenza che si sviluppa quando fai un acuto in lirica non si può capire per uno che fa solo musica leggera, una roba che ti dà un godimento interiore terrificante nel senso della potenza …

Se non erro hai usato un interludio lirico proprio durante i concerti di Vasco?

Sì, al Modena Park, ma solo quella volta. Perché volevano fare un interludio, una cosa alla Game of Thrones – Trono di spade – e quindi mi hanno chiesto di fare questa parte lirica, anche perché … appunto, potevo farla. Le altre volte ho cantato con la mia timbrica normale.

Una domanda inevitabile e provocatoria su Vasco Rossi, però la faccio: 22 anni di carriera in tour con Vasco Rossi. Un sodalizio. Ma senza Vasco, chi sarebbe diventata Clara Moroni?

Oddio! Come si può rispondere? Non lo so.

Beh io scrivevo comunque la mia musica, Dopo i Black Cars ho continuato comunque ad alimentare la mia carriera indipendente di cantautrice. Non lo so quali incontri avrei potuto fare, quali sliding doors sarebbero potute arrivare. Sicuramente entrare nell’orbita di Vasco Rossi mi ha dato tantissimo, ma c’è sempre un prezzo da pagare, perché io comunque mi sono messa a sua disposizione – non dico di essermi messa da parte perché comunque ho continuato a fare altro, però … c’è sempre un prezzo da pagare.

È un prezzo che io ho pagato molto volentieri, rifarei tutto quello che ho fatto, per filo e per segno, direi di sì un’altra volta e rifarei le stesse cose, perché è chiaro che stando vicino a lui, vivi di luce riflessa, splendi anche tu, è come se ti si accendesse un riflettore addosso, magari se non avessi iniziato a lavorare con lui quel riflettore si sarebbe potuto accendere dopo o poteva non accendersi mai. Però, credo che chi ha valore e chi fa, alla fine arriva sempre…

Cosa ti resta ancora da fare e provare? Sogni nel cassetto?

Innanzitutto voglio far uscire questo album, perché è un album stupendo, un album dove ho scritto musica, testi, tutto ed è veramente particolare. Tutti quelli che ci hanno lavorato hanno dato il massimo e a tutti piace tantissimo. Quindi, la prima cosa è far sentire la mia nuova musica il più possibile alla gente.

Sogni particolari nel cassetto, potrei dirti, scrivere un libro, per raccontare le mie innumerevoli esperienze musicali, umane, disumane (risata) che ho vissuto.

Per il resto, non ha niente a che fare con la musica, ma mi piacerebbe aprire un rifugio per cani e per gatti abbandonati. Questa è una cosa che appena avrò un attimo di tempo la farò sicuramente

O.M. Grazie per la bella chiacchierata, a presto e buona fortuna!

C.M. Grazie a te!

Clara Moroni

— Onda Musicale

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