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Procol Harum: ecco le 15 migliori canzoni della band britannica

Procol Harum

I Procol Harum rappresentano uno dei pilastri fondamentali del prog rock britannico, emergendo nella seconda metà degli anni ’60 con un sound unico che ha saputo fondere magistralmente rock, musica classica e poesia.

La band dei Procol Harum, formata nel 1967, si è distinta fin dall’inizio per la particolare miscela di pianoforte, organo Hammond e testi complessi, creando un ponte tra la musica barocca e il rock psichedelico emergente. La scelta del nome è una storpiatura della line di pedigree del gatto di un loro amico, Procul Harum.

Sotto la guida del cantante e pianista Gary Brooker, con i testi enigmatici di Keith Reid, i Procol Harum hanno sviluppato uno stile inconfondibile, caratterizzato da arrangiamenti orchestrali sofisticati e melodie memorabili. La loro capacità di integrare elementi classici nel contesto rock, senza mai perdere l’immediatezza comunicativa, li ha resi pionieri di un genere che avrebbe influenzato generazioni di musicisti.

Ecco le loro 15 migliori canzoni, che rappresentano l’essenza della loro arte e innovazione musicale:

1. “A Whiter Shade of Pale” (1967)

Il capolavoro assoluto della band, questa canzone rappresenta la perfetta fusione tra rock e musica classica. Ispirata a Bach ma con un’anima profondamente rock, la melodia dell’organo Hammond è diventata uno dei riff più riconoscibili nella storia della musica. I testi surreali e poetici di A Whiter Shade of Pale, combinati con la voce soul di Brooker, creano un’atmosfera onirica che ha definito un’intera era. La canzone mantiene ancora oggi un’aura di mistero che continua ad affascinare gli ascoltatori.

2. “Conquistador” (1967/1972)

Originariamente registrata nel 1967, ma diventata un successo nella versione live del 1972 con la Edmonton Symphony Orchestra, questa canzone mostra la capacità della band di creare epiche rock con arrangiamenti orchestrali maestosi. La versione sinfonica aggiunge una dimensione cinematografica alla già potente composizione originale, con gli ottoni che enfatizzano perfettamente il tema principale.

3. “Salty Dog” (1969)

Una ballata marinaresca che si trasforma in un’opera rock in miniatura. L’arrangiamento orchestrale e il crescendo drammatico mostrano la band al massimo della loro capacità compositiva. La voce di Brooker brilla particolarmente in questo brano, oscillando tra momenti intimi e esplosioni di potenza vocale.

4. “Homburg” (1967)

Il seguito diretto di “A Whiter Shade of Pale” mantiene lo stesso livello di eccellenza del suo predecessore. Con un testo altrettanto criptico e una melodia altrettanto memorabile, “Homburg” dimostra che il successo della band non era un caso isolato. L’organo Hammond rimane protagonista, ma in modo più sottile e sofisticato.

5. “Grand Hotel” (1973)

Una composizione elaborata che dipinge un quadro sonoro di decadente splendore. Gli arrangiamenti orchestrali sono particolarmente sontuosi, creando un’atmosfera che evoca perfettamente l’ambientazione di un grand hotel della Belle Époque. La struttura del brano è complessa ma sempre accessibile.

6. “Pandora’s Box” (1975)

Un brano più tardivo che mostra l’evoluzione del sound della band verso territori più rock, pur mantenendo la loro caratteristica fusione con elementi classici. Il ritornello è tra i più immediati del loro repertorio, bilanciato da versi ricchi di riferimenti mitologici.

7. “Simple Sister” (1971)

Uno dei brani più rock della band, con un riff di chitarra memorabile e una struttura più diretta rispetto alle loro composizioni più elaborate. Dimostra la versatilità della band nel padroneggiare anche sonorità più aggressive mantenendo la loro identità distintiva.

8. “Shine On Brightly” (1968)

Title track dell’album omonimo, questo brano rappresenta perfettamente il periodo psichedelico della band. Gli arrangiamenti complessi e i cambi di tempo mostrano già la direzione progressiva che la band avrebbe preso negli anni successivi.

9. “Power Failure” (1971)

Un tour de force ritmico che mostra il lato più energico della band. Il pianoforte di Brooker è particolarmente in evidenza, creando un dialogo serrato con la batteria in un brano che mantiene alta la tensione dall’inizio alla fine.

10. “Nothing But the Truth” (1974)

Un esempio perfetto della capacità della band di creare rock progressivo accessibile. Il brano combina elementi blues con arrangiamenti orchestrali sofisticati, culminando in uno dei loro ritornelli più memorabili.

10. “Bringing Home the Bacon” (1973)

Un brano che mostra il lato più funky dei Procol Harum, con un groove irresistibile e arrangiamenti orchestrali che aggiungono profondità alla base ritmica. Il testo, come sempre curato da Reid, aggiunge strati di significato a una composizione già ricca musicalmente.

12. “About to Die” (1969)

Una composizione drammatica che mostra il lato più teatrale della band. Gli arrangiamenti orchestrali sono particolarmente efficaci nel creare tensione e release, mentre il testo esplora temi esistenziali con la consueta profondità.

13. “Beyond the Pale” (1974)

Un brano che bilancia perfettamente gli elementi rock e classici della band. La struttura complessa non sacrifica la melodia, creando un perfetto esempio del loro stile maturo.

14. “Repent Walpurgis” (1967)

Una composizione strumentale che chiude il loro album di debutto, mostrando già la loro capacità di fondere rock e classica in modo innovativo. L’organo Hammond di Matthew Fisher brilla particolarmente in questo brano, creando un ponte perfetto tra Bach e il rock progressivo.

15. “Pilgrim’s Progress” (1969)

Pilgrim’s Progress è stata scritta da Matthew Fisher e Keith Reid. Il testo si ispira probabilmente al romanzo allegorico The Pilgrim’s Progress from This World, to That Which Is to Come (Il pellegrinaggio del cristiano, 1678) di John Bunyan (1628 – 1688). L’opera è incentrata su un sogno raccontato da un narratore onniscente.

— Onda Musicale

Tags: Prog Rock
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