La Electric Light Orchestra è una delle band più caratteristiche degli anni Settanta. Loro sono pezzi cult che ancora oggi sono suonatissimi, ma la loro musica è sempre stata di difficile classificazione.
Le origini della Electric Light Orchestra, sono da ricercare nei favolosi anni Sessanta inglesi. Mentre i Beatles sconvolgono il mondo e il rock si divide in mille rivoli, a Birmingham nascono i The Move, una band che parte da un beat abbastanza tradizionale. Fondati nel 1966 dall’istrionico Roy Wood e guidati dal suo estro eclettico, i Move si impongono con hit come Flowers in the Rain (primo brano trasmesso su BBC Radio 1) e Blackberry Way, un pezzo che profuma di psichedelia e anticipa atmosfere più orchestrali.
Blackberry Way li fa conoscere – anche se di riflesso – anche in Italia. Infatti, se nel nostro paese il pezzo è sconosciuto, basta dire Tutta mia la città e subito cambia tutto. E sì, uno dei cavalli di battaglia dell’Equipe 84 è proprio la cover dell’hit dei Move.
Wood, però, non è contento. Intorno a lui soffiano i venti del nascente rock progressivo e Roy sogna una band capace di unire rock e musica classica, chitarre elettriche e violini. Quando nel 1970 i Move reclutano Jeff Lynne, musicista ambizioso proveniente dagli Idle Race, il sogno inizia a prendere forma. Con Bev Bevan alla batteria, Wood e Lynne fondano la Electric Light Orchestra, usando i Move come trampolino per finanziare il nuovo progetto.
L’album di debutto, The Electric Light Orchestra del 1971, è tanto affascinante quanto acerbo. L’apertura, 10538 Overture, con la sua cascata di archi e il riff ipnotico, è un piccolo capolavoro che definisce il sound della band. Il sound è un ibrido di rock sinfonico che guarda ai Beatles di Sgt. Pepper’s. I tre, del resto, non fanno mistero di ritenersi gli eredi dei Fab Four.
Addirittura, il loro intento dichiarato è di riprendere laddove Sgt. Pepper aveva lasciato. Le difficoltà tecniche e i contrasti interni, però, rendono il periodo turbolento. Wood lascia la band subito dopo l’esordio per formare i Wizzard.
Senza Wood, Jeff Lynne diventa il leader indiscusso della band. La Electric Light Orchestra perde forse il suo diamante pazzo, ma guadagna in compattezza e strategia. Il secondo album, ELO 2 del 1973, prova a puntare sul miscuglio di rock e classica con pezzi lunghi e complessi. Ma anche con esperimenti digeribili come Roll Over Beethoven, cover di Chuck Berry con inserti sinfonici.
L’album non va nemmeno troppo male, ma rimarrà il meno celebrato della band. È infatti con On the Third Day del 1973 che la Electric Light Orchestra trova davvero la giusta identità. Showdown, con il suo groove funky e gli archi che sembrano danzare, segna il primo successo significativo. Il disco è ancora classificato come rock progressivo, ma è chiaro che la band sta cercando un altro suono.
Il basso rotolante di Showdown pare anticipare la disco music, così il falsetto di Lynne. Gli archi suonano piuttosto ruffiani e il sintetizzatore prende sempre più spazio. La Electric Light Orchestra è pronta per esplodere e per riempire le piste da ballo.
L’album successivo, Eldorado, esce ne 1974 ed è un concept che racconta il viaggio immaginario di un sognatore. Qui Lynne si sbizzarrisce con arrangiamenti lussureggianti, una vera orchestra e brani indimenticabili come Can’t Get It Out of My Head, che diventa la prima hit negli Stati Uniti. E il mercato a stelle e strisce è davvero l’Eldorado per qualsiasi band.
Con Face the Music, nel 1975, la band affina ulteriormente il proprio sound. Gli equilibri sono spostati sempre più lontani dal rock, a favore di un sound ballabile e pop, ma sempre di grande qualità. Evil Woman e Strange Magic sono pezzi perfetti, in bilico tra pop, rock e arrangiamenti orchestrali di rara eleganza. Il primo, in particolare, è forse il primo vero pezzo che assurgerà allo status di cult.
Il 1976 è l’anno di A New World Record, che consacra gli ELO a livello mondiale. Con singoli come Livin’ Thing, Telephone Line e Rockaria!, Jeff Lynne dimostra di essere un autore straordinario, capace di creare melodie che restano impresse al primo ascolto. Gli archi da disco music, i coretti in falsetto e un tocco di esotismo in salsa pop diventano i marchi di fabbrica. Certo, i guizzi psych dei Move e prog dei primi dischi sono ormai lontanissimi.
La Electric Light Orchestra però vende milioni di dischi. Jeff Lynne è ormai un numero uno della musica mondiale, mentre i progetti di Roy Wood non escono dalla nicchia di culto. A modo suo, ognuno dei due aveva ragione.
Il vero trionfo arriva con Out of the Blue del 1977, un doppio album monumentale che è un compendio di tutto ciò che la Electric Light Orchestra rappresenta: pop sinfonico, ballate struggenti e rock vibrante. Brani come Turn to Stone, Sweet Talkin’ Woman e la suite Concerto for a Rainy Day sono ormai leggenda, così come il mastodontico UFO che la band utilizza nei tour, trasformando ogni concerto in uno spettacolo fantascientifico.
Con Discovery (1979), gli ELO abbracciano definitivamente la disco music. Il disco è un concentrato di hit che entrano nella storia e tuttora sono immancabili nelle serate revival degli anni Settanta ballabili. Don’t Bring Me Down diventa uno dei loro maggiori successi, mentre Shine a Little Love e soprattutto Last Train to London portano la band in cima alle classifiche.
Questo disco segna però un cambiamento forse eccessivo. Il suono si fa più leggero e fin troppo commerciale, e i fan più affezionati ai primi lavori iniziano a storcere un po’ il naso.
Negli anni Ottanta, il successo degli ELO inizia a vacillare. I tempi cambiano velocemente, la rivoluzione punk brucia nel tempo di un fiammifero ma lascia tracce profonde. Una band come la Electric Light Orchestra, sospesa ambiguamente tra rock sinfonico e disco, inizia a fare la figura del dinosauro. Time del 1981, un concept album di fantascienza, contiene comunque gioielli come Twilight e Hold On Tight. L’album è l’ultimo vero successo degli ELO, ma il declino è già iniziato. I successivi Secret Messages del 1983 e Balance of Power di tre anni dopo vedono una band ormai stanca, con Jeff Lynne che sembra più interessato alla produzione – collaborerà con George Harrison e Tom Petty – che agli ELO stessi.
Il sodalizio è sciolto. Da allora, si susseguono tentativi di riportare in auge il marchio, ma è inevitabile che la magia non sia più quella di un tempo.
Dopo una lunga pausa, Lynne rilancia il progetto con Zoom nel 2001, ma è con Alone in the Universe del 2015 che gli ELO tornano davvero sotto i riflettori. I concerti, tra cui lo spettacolare show al Wembley Stadium del 2017, dimostrano che il loro sound non ha perso il suo fascino.
La Electric Light Orchestra è una delle band più uniche e inclassificabili della storia del rock. Con il loro mix inconfondibile di melodie Beatlesiane, sperimentazione prog e ritmi pop e disco, gli ELO hanno scritto pagine indimenticabili. E, cosa da non sottovalutare, venduto milioni di dischi.
Certo, non hanno mai avuto il rispetto e la devozione della critica come altre band degli anni Settanta, ma il loro catalogo di hit è comunque una testimonianza della loro genialità. Per dirla con Jeff Lynne: “Sono solo canzoni, ma continuano a brillare come un piccolo sole.”