Quando penso a Hound Dog Taylor, sento nelle orecchie il suono ruvido e vibrante della sua slide guitar, un’energia che sembra uscire direttamente dal cuore di Chicago.
Theodore Roosevelt Taylor, conosciuto come Hound Dog, non è stato solo un musicista, ma un simbolo del blues più autentico e viscerale, quello suonato nei piccoli club di periferia, lontano dalle grandi produzioni discografiche. La sua musica era grezza, instabile e terribilmente viva, proprio come la sua personalità.
Nato nel 1915 a Natchez (Mississippi), Hound Dog Taylor cresce immerso nelle sonorità del delta blues. Fin da ragazzo impara a suonare la chitarra, ma è solo negli anni ’40, dopo essersi trasferito a Chicago, che il suo stile comincia davvero a prendere forma. Il passaggio al blues elettrico è naturale per lui: la città brulicava di club dove si suonavano Muddy Waters, Howlin’ Wolf e altri giganti. Lui, però, non imitava nessuno. Con la sua tecnica grezza e la sua slide improvvisata, suonata con una chitarra economica Teisco, creava un suono che era solo suo: diretto, ritmico e contagioso. Il suo approccio non era impeccabile dal punto di vista tecnico, ma questa imperfezione era parte del suo fascino.
L’uso del bottleneck
Hound Dog Taylor suonava spesso con un bottleneck slide, che gli permetteva di ottenere quel suono graffiante e lamentoso, e amava eseguire ritmi trascinanti con una chitarra accordata in modo aperto. Il suo stile era caratterizzato da riff veloci e incalzanti, che accompagnavano la sua voce calda e ironica. Lo si poteva trovare suonare nei bar di Chicago, intrattenendo il pubblico con pezzi come “Give Me Back My Wig” e “It’s Alright” o con interpretazioni uniche dei classici del blues.
La svolta
Ma la vera svolta nella sua carriera arriva negli anni ’60, quando Hound Dog Taylor e i suoi The HouseRockers – una formazione ridotta con lui alla chitarra e voce, Brewer Phillips alla seconda chitarra e Ted Harvey alla batteria – attirano l’attenzione del giovane Bruce Iglauer, allora dipendente della Delmark Records. Iglauer rimase così colpito dal talento di Taylor che fondò un’etichetta discografica, la alligati, proprio per pubblicare il primo album del musicista. “Hound Dog Taylor and the HouseRockers”, uscito nel 1971, è un disco che cattura perfettamente l’energia esplosiva delle sue performance dal vivo.
Nonostante il successo fosse limitato rispetto ai grandi nomi del blues, Taylor divenne un’icona del circuito underground. Collaborò con altri musicisti blues, come Koko Taylor, e influenzò artisti che avrebbero proseguito nel portare avanti lo stile del blues elettrico di Chicago.
Hound Dog Taylor non era solo un musicista, ma anche un intrattenitore
Sul palco, la sua energia era magnetica: scherzava con il pubblico, rideva e suonava fino allo sfinimento. La sua musica non aveva bisogno di virtuosismi: era l’essenza del blues nella sua forma più pura, una celebrazione della vita con tutte le sue contraddizioni. Purtroppo, la sua carriera è stata breve. Hound Dog Taylor – che era un grande bevitore e fumatore – muore nel 1975 per un cancro ai polmoni. La Alligator Records è oggi una delle etichette più importanti del blues, e il suo nome è indissolubilmente legato a quello di Hound Dog Taylor, il suo primo artista.
Tra le sue canzoni più celebri, oltre a “Give Me Back My Wig” e “It’s Alright”, meritano di essere ricordate “Sadie” e “Phillips Goes Bananas”, pezzi che mostrano il suo stile unico. Hound Dog Taylor è stato un uomo e un artista senza compromessi. La sua musica racconta una storia che non si può spiegare a parole: bisogna ascoltarla, viverla, lasciarsi travolgere dal suo ritmo.