I Rockets sono una band che ha ottenuto il suo massimo successo in Italia alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80, proponendo un genere musicale che spesso veniva definito “Space Rock“.
I Rockets rimangono memorabili per alcune loro hit come Future Woman, Space Rock, One More Mission, Elecric Delight, Galactica, On The Road Again. In un secondo momento il loro genere musicale viene definito pop synth o elettro-pop. La band nasce alla metà degli anni 70 quando un gruppo di giovanissimi, già dediti al rock blues (cover), decidono di proporre una musica più sperimentale. Ideatore di questo progetto è il produttore francese Claude Lemoine. Nel corso degli anni la formazione vede molti avvicendamenti fra i musicisti e pubblica 15 dischi, comperso l’ultimo uscito nel 2024, 10 raccolte e 22 singoli.
Il prossimo 15 febbraio suoneranno a Trento (Auditorium Santa Chiara) in una delle tappe del loro “The Final Frontier Tour 2025“. Abbiamo contatto il chitarrista Gianluca Martino, che suona con i Rockets dal 2004, e gli abbiamo rivolto alcune domande. Ecco l’intervista.
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C’è molta attesa a Trento per il concerto dei Rockets del prossimo 15 febbraio. Cosa puoi dirci dello spettacolo?
“Sono molto contento che a Trento ci sia attesa per il nostro concerto, anche perché è parecchio tempo che non veniamo da quelle parti. Siamo più o meno a metà del tour invernale, quindi lo spettacolo è già molto rodato. È uno spettacolo, come dire ibrido, perchè contiene un buon 50% di grandi classici dei Rockets. Compresi i pezzi del dell’album Kaos, che io amo particolarmente, e numerosi pezzi di The Final Frontier, nuovo album che stiamo portando in giro. La cosa interessante è che abbiamo un outfit completamente nuovo che abbiamo inaugurato proprio per questa tournée che è firmato da Katia Creative che è una stilista specializzata in cosplay e che ha dedicato la sua esperienza a creare i nostri costumi di scena. Sono dei modelli specifici per ognuno di noi musicisti che un pochino, come dire, strizzano l’occhio al periodo Silver, ma che sono molto moderni. Lo spettacolo dura circa due ore e un quarto, c’è un laser show bellissimo di Andrea Vesnaver di Megacromia, luci, audio fantastici. Uno spettacolo che sta bene in un teatro, ma starà molto bene anche poi per quest’estate all’aperto, perché ha un palco molto bello, molto vistoso. Insomma siamo molto contenti.“
Vanti molte prestigiose collaborazioni con artisti del calibro di Loredana Bertè, Boney M., Santa Esmeralda, Marco Ferradini, Articolo 31 e altri. Raccontaci del tuo ingresso (nel 2004) nella band
“Io nasco come turnista, quindi ho suonato con tanti artisti italiani, internazionali e con tanti produttori di grande, grande rilievo. È stata sicuramente una soddisfazione, una grande scuola per me. Sono cresciuto tantissimo nel corso degli anni e sono entrato nei Rockets tra il 2003 e il 2004 quando era stato appena pubblicato l’album Don’t Stop. Ovviamente il grande capo della band (Fabrice – NDR) voleva rimettere in pista la band per fare un po’ di concerti. Allora mi ha contattato attraverso delle conoscenze comuni. Io sono andato a casa sua per un colloquio conoscitivo. Mi aspettavo un provino artistico, cioè mi aspettavo di suonare. Invece lui mi ha detto che voleva soltanto chiacchierare per conoscermi come persona, perché dal punto di vista artistico e musicale aveva già delle garanzie, per cui non aveva neanche voglia di perdere tempo ad ascoltarmi, perchè sapeva come suonavo. Per cui senza neanche suonare abbiamo fatto una chiacchierata e dopodiché mi ha detto “ok presentati il giorno tale per le prove” perché c’era un concerto a Como e in effetti lo abbiamo fatto. E’ stato bellissimo. E da lì sono entrato nella band, poi siamo andati subito a Mosca a fare dei mini tour in Russia E da lì in poi non ci siamo più fermati.“
Deve essere davvero molto emozionante, anche per un professionista come te, suonare al fianco di un’icona della musica come Fabrice Quagliotti. Raccontaci qualcosa di lui e della sua grande professionalità.
“Fabrice Quagliotti è un nome che ha fatto la storia della musica, soprattutto della musica elettronica, in Italia e in Europa. Certamente quando mi ha convocato per me è stata un’emozione e una grande soddisfazione. Adesso, dopo così tanti anni, faccio fatica a parlare di Fabrice solo come un professionista perché ormai si è creato un rapporto di confidenza e di amicizia. Non lo vedo neanche come un musicista, lo vedo come un amicone, per cui litighiamo spessissimo per questione di formaggi e vini. Lui è francese, io sono italiano, lui dice che i formaggi francesi sono superiori, io dico che i formaggi italiani sono superiori, allora litighiamo durante i viaggi di trasferimento. Però è chiaro che al di là degli scherzi, come come artista è indiscutibile, soprattutto – secondo me – in fase compositiva. Lui ha delle grandi idee di suoni e di melodie, crea delle melodie veramente affascinanti, riesce a fare una cosa che amo, cioè con con poche note, creare delle melodie che ti restano in testa e che diventano un successo. E lui ha questa dote di studio. Infatti, spesso quando ci troviamo dopo aver “gozzovigliato”, ci chiudiamo in studio a sperimentare, a fare cose veramente divertenti e creative. Questa è la cosa che mi piace. Nonostante l’età non più giovanissima, lui ha sempre voglia di sperimentare cose nuove.“
I Rockets sono una delle band più iconiche e più amate in Italia e nel mondo. Tu sei nella band da 20 anni, quale è la chiave del successo di una formazione che sembra senza tempo?
“Con questa domanda andiamo a toccare un tasto un pochino spinoso, nel senso che secondo me il segreto di una band o il segreto di un’artista – non parlo dei Rockets, parlo in generale – è sapersi rinnovarsi sempre e cercare sempre qualcosa di nuovo in ogni progetto. E questo me lo insegnano i grandi. Io penso che David Bowie, Phil Collins, Sting, Prince, Michael Jackson, dei veri grandi della storia della musica, hanno sempre fatto così, si sono sempre rinnovati, hanno creato immagini nuove, suoni nuovi, hanno dettato le mode e non le hanno mai subite. È quello che nel nostro piccolo cerchiamo di fare anche noi Rockets. Purtroppo spesso questa cosa, al giorno d’oggi, non è premiata. Esistono fan storici integralisti, che sono quelli che vorrebbero che i Rockets rimanessero uguali a come erano nel 1977 e nel 1980, e questa cosa mi fa un pochino arrabbiare perché – io dico – voi che vi siete innamorati dei Rockets perché in quel periodo erano innovativi, adesso pretendete che i Rockets si cullino su loro stessi e che non vadano avanti? Questo mi infastidisce un poco. Io invece, sono sempre alla ricerca di cose nuove e di idee nuove, in tutti i sensi. E poi ci sono le nuove generazioni che ormai usano la musica come come se fosse un “fast food”. Ci sono alcuni media che non fanno altro che trasmettere ciò che fa audience, non importa che sia bello o brutto. E questo sta abbassando pesantemente il livello culturale. Non c’è più il gusto del bello che c’era una volta. Adesso l’unica cosa che conta è fare audience, fare follower, fare successo e fare notizia. Nel bene o nel male non gliene frega più niente a nessuno. Non c’è spirito critico e non c’è voglia di crescere. E questo ha – come ti ripeto – abbassato il livello culturale, ha abbassato anche il livello di chi va a sentire musica. Non ci si aspetta più che in un concerto succeda qualcosa di bello. A volte ci si aspetta solo casino e, ovviamente, mi riferisco a trapper e a tutto lo schifo che c’è in giro al giorno d’oggi.“
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Cosa puoi dirci del nuovo disco “The Final Frontier”?
“The Final Frontier è uno dei dischi più rapidi della storia dei Rockets, almeno da quando ci sono io. L’abbiamo fatto in meno di un anno ed è veramente un record per noi. E’ un disco che arriva subito dopo Time Machine (2023), che era un album di cover, il primo album di cover dei Rockets, che è stato fatto proprio su richiesta espressa del nostro discografico che ci ha detto: “tutte le band storiche hanno fatto un album di cover. Perché i Rockets no?” E allora abbiamo deciso di farlo anche noi. Sì, certo, nel nostro repertorio c’era On The Road Again e c’era Apache, però un album intero di cover no. Allora abbiamo deciso di farlo e di prendere tutti i brani che non erano stati coverizzati fino ad allora e reinterpretarli a nostro modo. Tuttavia, subito dopo sentivamo la necessità di fare qualcosa di originale, per cui ci siamo subito messi al lavoro con the Final Frontier. Lo scopo era quello di riprendere un pochino le sonorità degli anni 80, ma anche di valorizzare la grinta e il piglio rock del nuovo frontman Fabri Kiarelli. Quindi, diciamo, è un crossover tra l’elettronica tradizionale e lo stile classico dei Rockets e questa grinta rock nuova è arrivata con l’inserimento di Fabri. L’album sta riscuotendo un buon successo anche sul palco, perché comunque con questo piglio rock suona molto bene anche dal vivo. Insomma, speriamo che vada avanti così.“
Dal vivo la band ha sempre fornito delle prestazioni straordinarie, sarà così anche a Trento?
“Ti ringrazio per aver detto questa cosa riguardo alle nostre prestazioni straordinarie; questo tour sta andando molto bene, siamo molto molto contenti e sicuramente porteremo tutta questa energia e tutta questa grinta anche sul palco di Trento, anche perché, come ti dicevo prima, è parecchio tempo che non suoniame da quelle parti. E poi io personalmente ho un legame speciale con la città, conosco diversa gente, ho diverse amicizie in quella zona, per cui ci torno veramente con piacere e sicuramente questo mio stato emotivo si percepirà anche sul palco.“
Che programmi avete per il futuro?
“Per il futuro immediato il mio programma personale è quello di riposarmi un po’, perché questo periodo è stato terrificante dal punto di vista lavorativo. Dopodiché , il grande obiettivo è quello di trasportare questo show teatrale nelle piazze, per cui spero che da questa primavera in poi ci siano tanti concerti all’aperto, anche perché, come ti ho già detto prima, lo show sicuramente rende molto bene in teatro, ma credo che all’aperto sarà ancora più coinvolgente perché il nostro laser showne beneficerà tantissimo, per cui speriamo di rivederci presto in in un concerto all’aperto.“