A dare l’annuncio della scomparsa, dopo una lunga malattia, è stata la famiglia del musicista e attivista. La sua composizione Bring Him Back Home, in cui si chiedeva di liberare Nelson Mandela dalla prigione, divenne un inno internazionale per il movimento anti-apartheid.
E’ morto l’eroe musicale anti apartheid Hugh Masekela. A dare l’annuncio è stata la famiglia del trombettista flicornista via social: “Se ne è andato in modo pacifico” a Johannesburg, dove aveva vissuto e lavorato a lungo. Il musicista sudafricano, che aveva 78 anni, ha combattuto una lunga battaglia contro il cancro alla prostata.
Masekela era nato nella città di Witbank, in Sudafrica, nel 1939. Era cresciuto tra musica e impegno politico. Il padre, Trevor Huddleston, era uno stimato attivista per l’eguaglianza dei diritti in Sudafrica: a quattordici anni gli aveva messo in mano una tromba e Hugh aveva scoperto presto il suo stile inconfondibile e vivacissimo.
“Quando la mia generazione è cresciuta, c’erano già in atto mille espedienti di lotta contro l’establishment. Quello che la gente non sa sull’oppressione è che chi è oppresso lavora ei si impegna molto di più: mentre cresci ti viene continuamente detto che tu non sei abbanstanza intelligente o veloce. Ma tutti noi ragazzini di allor siamo cresciuti con la voglia di battere il sistema“.
Masekela ha perfezionato il suo Afro-Jazz alla fine degli anni ’50, lavorando al musical King Kong del 1959, scritto da Todd Matshikiza. Da sempre impegnato contro l’apartheid, a ventun anni va in esilio, dopo gli scontri nella manifestazione di Sharpeville del 1960, in cui sono uccisi 69 dimostranti. Ha ventun anni, e la lontananza dalla patria durerà trent’anni.
A New York si iscrive alla Manhattan School of Music, in piena epoca d’oro della musica jazz. Masekela ogni sera assiste alle esibizioni di Miles Davis, John Coltrane, Thelonious Monk, Charlie Mingus e Max Roach.
Sotto la tutela di Dizzy Gillespie e Louis Armstrong, Hugh sviluppa il suo stile unico, nutrendosi di influenze africane e americane. Il suo album di debutto, pubblicato nel 1963, si intitola Trumpet Africaine.
Alla fine dei ’60 si trasferìsce a Los Angeles nel cuore di Summer of Love, dove fu aiutato da icone hippie come David Crosby, Peter Fonda e Dennis Hopper. Nel 1967 si esibìsce al Monterey Pop Festival insieme a Janis Joplin, Otis Redding, Ravi Shankar, The Who e Jimi Hendrix. Nel 1968, il suo singolo strumentale Grazin in the Grass diventa un successo mondiale
Nei successivi cinquant’anni di carriera Musekela ha pubblicato oltre 40 album e ha lavorato con artisti diversi come Harry Belafonte, Dizzy Gillespie, The Byrds, Fela Kuti, Marvin Gaye, Herb Alpert, Paul Simon, Stevie Wonder e Miriam Makeba.
“Ho imparato tantissimo da musicisti come Gillespie, Makeba e Belafonte.
Belafonte mi raccontava che Louis Armstrong non finiva mai una frase senza ricordare New Orleans“.
Nel 1990 Musekela è tornato finalmente a casa dopo l’esilio trentennale con la liberazione di Nelson Mandela, un evento che aveva anticipato nell’inno anti-apartheid Bring Home Nelson Mandela (1986)
(fonte: www.repubblica.it)
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