Usciva nella primavera del 1984 il primo album cantato in lingua genovese ad avere un successo internazionale: Creûza de mä, ovvero “mulattiera di mare”.
Fabrizio De André aveva lavorato principalmente ai testi, Mauro Pagani alla musica. «Creûza de mä è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati» ha detto il Faber a proposito della canzone che ha dato il titolo all’album «Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Creûza fosse il veicolo per far penetrare nelle orecchie dei genovesi (e non solo nelle loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura.».
L’idea della canzone? Non una celebrazione di Genova o del genovese, ma come ha raccontato più volte il Faber, Creûza de mä è dedicata al bacino mediterraneo:
«Dovevo scrivere delle parole che rispecchiassero letterariamente, perché sono sempre per canzoni, quello che è il mondo del Mediterraneo. Credo che il genovese sia tra gli idiomi neolatini quello che ha più importazione di fonemi arabi, che coinvolgono tutto il Mediterraneo». Il capolavoro assoluto che ne è uscito, in quello strano patois genovese “antico” che neanche esiste più, se mai sia esistito, in quel misto di fantasia linguistica che include turco e arabo, in cui il bouzouki suona come strumento solistico forse per la prima volta, guardato con diffidenza in principio, rappresenta ancora oggi un unicum per i genovesi e non.
E a proposito di genovesi la canzone di De André arriva sul palco di Sanremo con Bresh – genovese anche lui, originario di Lavagna – che nella serata dei duetti la canta con il figlio di Fabrizio, Cristiano
«Sono molto geloso di De André» ha racontato Bresh nella lunga intervista a GQ, «era quasi come se fosse la mia ragazza che amo da tutta la vita. Avevo davanti il palco con più pubblico che io abbia mai avuto a disposizione, non potevo non fargli questa dedica. Faber è di tutti, gli artisti sono un po’ di tutti, tutti siamo gelosi dell’artista che amiamo. E quindi, Creûza de mä, per me era tipo una fidanzata, ecco. Quindi me la volevo limonare», ci ha detto ridendo l’artista. «Per me è un omaggio a un artista inarrivabile, porto Faber proprio perché, per me, non ce ne sarà mai un altro e se posso portare avanti ancora un po’ il suo messaggio, ne sono felice.».
Ecco la traduzione del testo di Crêuza de mä in italiano
Umbre de muri, muri de mainé
Ombre di facce facce di marinai
Dunde ne vegnì, duve l’è ch’ané
da dove venite dov’è che andate
Da ‘n scitu duve a l’ûn-a se mustra nûa
da un posto dove la luna si mostra nuda
E a nuette a n’à puntou u cutellu ä gua
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
E a muntä l’àse gh’è restou Diu
e a montare l’asino c’è rimasto Dio
U Diàu l’è in çë e u s’è gh’è faetu u nìu
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
Ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andrea
A funtan-a d’i cumbi ‘nta cä de pria
alla fontana dei colombi nella casa di pietra
E ‘nt’a cä de pria chi ghe saià
E nella casa di pietra chi ci sarà
Int’à cä du Dria che u nu l’è mainà
nella casa dell’Andrea che non è marinaio
Gente de Lûgan facce da mandillä
gente di Lugano facce da tagliaborse
Qui che du luassu preferiscian l’ä
quelli che della spigola preferiscono l’ala
Figge de famiggia udù de bun
ragazze di famiglia, odore di buono
Che ti peu ammiàle senza u gundun
che le puoi guardare senza preservativo
E a ‘ste panse veue cose ghe daià
E a queste pance vuote cosa gli darà
Cose da beive, cose da mangiä
cose da bere, cose da mangiare
Frittûa de pigneu giancu de Purtufin
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
Çervelle de bae ‘nt’u meximu vin
cervelli di agnello nello stesso vino
Lasagne da fiddià ai quattru tucchi
lasagne da tagliare ai quattro sughi
Paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
pasticcio in agrodolce di lepre dei tetti
E ‘nt’a barca du vin ghe naveghiemu ‘nsc’i scheuggi
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
Emigranti du rìe cu’i cioi ‘nt’i euggi
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
Finch’ou matin crescià da puéilu rechéugge
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
Frè di ganeuffeni e d’è figge
fratello dei garofani e delle ragazze
Bacan d’a corda marsa d’aegua e de sä
padrone della corda marcia d’acqua e di sale
Che a ne liga e a ne porta ‘nte ‘na crêuza de mä
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare
(fonte: link)