C’è stato un tempo in cui la coppia superlativa di cui tutti volevano sapere di più – senza riuscirci – era formata da Luigi Tenco e Dalida, il cantore italiano dei sentimenti crepuscolari e antiborghesi e la chanteuse d’amour mélancolique.
Per alcuni si è trattato solo di una mossa pubblicitaria, una di quelle operazioni da cui ci si aspetta che la somma di uno più uno dia dieci
Ma più passa il tempo e più si accredita l’idea che qualcosa ci sia stato, e quel qualcosa ha provocato una reazione chimica di elementi troppo affini perché ne uscisse qualcosa di buono. Infatti, sono passati 55 anni ma il suicidio di Luigi Tenco, che mise fine a tutto, resta ancora il mistero più insondabile di Sanremo, una polaroid offuscata nell’album di immagini chiassose del Festival della canzone italiana che si cerca di commentare poco, perché la vita va avanti e le generazioni successive di artisti hanno diritto di viversi la kermesse senza nuvole nel cielo ligure.
Ancora oggi non è chiaro se quel 27 gennaio del 1967 il corpo esanime di Luigi Tenco fu trovato dal suo grande amico Lucio Dalla o dalla stessa Dalida, ma nessuno dei tre è più qui per raccontarlo
Dalida e Luigi Tenco si erano conosciuti dopo essere passati attraverso molte storie d’amore. Lei, che si chiamava Iolanda Gigliotti, era nata nel 1933 da una coppia di Catanzaro emigrata a Il Cairo, lui violinista e lei sarta, e aveva vinto Miss Egitto a 21 anni. Il titolo l’aveva incoraggiata a lasciare l’Africa per tentare la fortuna prima come attrice, poi come cantante. Un successo strepitoso che l’aveva portata a essere la prima donna a vincere il disco d’oro. Nel 1961 aveva sposato il suo mentore Lucien Morisse che l’aveva lanciata in Francia, ma era stato più un matrimonio di gratitudine che d’amore ed era durato solo pochi mesi.
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Poi lei aveva avuto diverse storie fugaci e di minore importanza, fino a quando non ha conosciuto Luigi Tenco, quello che per i francesi è stato “il primo che le fece venire voglia di impegnarsi davvero“
Luigi Tenco, che invece era del 1938 e veniva dal Piemonte, a sentire chi lo conosceva da giovanissimo è sempre stato tenebroso, romantico, un po’ Romeo shakespeariano e un po’ eroe byroniano, e questo faceva impazzire le ragazze. Come non innamorarsi di uno che scrive, e poi canta: Mi sono innamorato di te/ Perché non avevo niente da fare, un’esca irresistibile verso il piacere dell’autodistruzione in cui alle donne spesso – purtroppo – piace indulgere? Nel 1966 i rispettivi produttori dei due cantanti decidono di far partecipare entrambi a Sanremo l’anno dopo nella formula abbinata che si usava allora.
Quando Dalida e Tenco si incontrano la prima volta si attraggono come calamita e ferro e scoprono di avere molto in comune. Iniziano a frequentarsi con discrezione, tra Francia e Italia, perché lui, si dice, ha una fidanzata segreta da due anni. Poi arriva il momento di partire per Sanremo. E tutto comincia a rovinare giù per la china come una valanga.
Anche se l’ha scritta lui, Luigi Tenco non è pienamente d’accordo sulla scelta di Ciao Amore, ciao, la canzone che lui e Dalida devono interpretare separatamente
Però con i giornalisti si mostra certo della vittoria. Non è sereno, ha comprato diverse armi da fuoco, dice che qualcuno lo vuole uccidere. La sera della sua performance tutto va a rotoli, il pubblico sembra essergli ostile, lo applaude controvoglia, prende pochissimi voti. Dalida va decisamente meglio ma non basta, vengono eliminati. Lei cerca di consolarlo ricordandogli che la canzone vincitrice di Sanremo non è mai quella che vende più dischi, ma lui lascia il teatro prima della fine del concorso e torna nella sua stanza numero 219 nella dependance dell’Hotel Savoy, a fianco a quella di Lucio Dalla.
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Dalida non lo avrebbe più rivisto vivo
Secondo la versione ufficiale, la cantante entrò nella stanza alle 2.20 della notte e, dopo averlo trovato a terra, iniziò a urlare “Assassini!“. Accorse Lucio Dalla, che dopo aver visto l’amico morto, rimase immobile, seduto su un divano con lo sguardo fisso per molti minuti. Luigi aveva un foro di proiettile in testa, era ancora vestito come sul palco ma aveva la camicia aperta e i piedi infilati sotto una cassettiera, e viste anche le confidenze fatte agli amici sul sospetto che qualcuno lo voglia uccidere, quella posizione inspiegabile induce la polizia ad avviare un’inchiesta.
Nessuno, fra tutti quelli che alloggiavano vicino alla sua stanza, compreso il giornalista Sandro Ciotti, ha sentito lo sparo
C’è anche un biglietto d’addio in cui dice, tra l’altro: “Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale“. La perizia calligrafica confermerà che è stato scritto da lui. Da quel momento, e per anni, si snoderà la sequela delle rivelazioni impossibili da verificare.
Si dice che lui fosse alterato perché aveva assunto un tranquillante con molti alcolici per affrontare il palco
Che stesse per annunciare le nozze con Dalida. Che avesse telefonato all’ipotetica fidanzata, di cui il nome è rimasto segreto, per dirle che avrebbe fatto causa al festival. Che il corpo fosse stato portato all’obitorio e poi riportato di corsa in albergo perché la polizia non aveva ancora scattato le foto. Che sulla sua mano non ci fossero le tracce tipiche di chi si spara alla tempia. Il caso è stato riaperto due volte, senza esito. Ma Dalida era ancora viva e costretta a portarsi dietro un ricordo che nessuno vorrebbe. Si dice che nei giorni successivi abbia espresso interesse con la sua assistente per un posto libero vicino a Luigi che aveva visto nel cimitero di Ricaldone, dove è sepolto.
Il 28 febbraio, un mese dopo la morte di Luigi Tenco, anche lei viene trovata a terra da una cameriera nella stanza che occupava nell’albergo Prince de Galles a Parigi. Aveva assunto dei barbiturici e verrà salvata, ma non sarà mai più la stessa
Per sette anni tutti i suoi concerti finirono con il brano Ciao amore, ciao, fino a quando i suoi produttori non glielo vietarono perché intristiva il pubblico. Nel 1970 anche il suo ex marito Lucien Morisse, con cui era rimasta in ottimi rapporti, si era tolto la vita. Le sue spalle, rese fragili anche dalla depressione, non riuscirono a sopportare tutto questo, nemmeno concentrandosi solo sul lavoro.
Anche lei chiuderà il sipario della vita con il terzo tentativo di suicidio, stavolta riuscito, nella notte del 2 maggio 1987
Ha lasciato un biglietto anche lei, in francese, che diceva: “La vita mi è insopportabile. Perdonatemi”. Quel posto libero al cimitero in Piemonte, vicino a Luigi Tenco, Dalida non lo aveva prenotato più. È sepolta in quello di Montmartre di Parigi, a 850 chilometri di distanza da lui.
(articolo di Debora Attanasio – link)