Mark Hollis è stato un genio introverso e relativamente incompreso della storia della musica. Ripercorriamo attraverso alcune tappe la sua breve – ma fin troppo intensa – carriera.
Talento precoce
Fresco di studi in psicologia infantile, nel 1977 un Mark Hollis poco più che ventenne fu influenzato dalla scena punk e dal fratello produttore e tentò la scalata nel mondo della musica coi The Reaction. Il gruppo avrà vita breve ma getterà il seme compositivo nel cuore di Hollis, un talento presto notato anche dalla Island Records. Proprio una sua composizione, scritta ancora per The Reaction, divenne il primo successo della nuova band fondata nel 1981: i Talk Talk.
Talk Talk / Duran Duran
Tanti i punti in comune con la band new romantic di Simon Le Bon, a partire dal sound. Inizialmente il synth pop imperante condizionò anche i Talk Talk. Questo perché entrambi i gruppi erano ormai sotto contratto con la EMI e soprattutto erano prodotti tutti e due da Colin Thurston (già artefice del successo di The Human League e ingegnere del suono del Bowie berlinese). Ulteriori influenze su Mark Hollis provenivano senz’altro dagli allora onnipresenti Roxy Music, ma la personalità del gruppo spiccava dalla massa grazie ad alcuni accenni jazz e scelte anticonformiste presenti già nel loro primo album ‘The Party’s Over’ (1982).
In conflitto col successo
Nell’estate del 1984 i Talk Talk spopolarono con ‘It’s My Life’ e ‘Such a Shame’. Durante le riprese del video promozionale per la loro prima hit, Hollis non rispettò per diversi take il playback, muovendo intenzionalmente le labbra fuori sincrono. Il suo look cozzava poi coi dettami degli anni Ottanta: pesanti abiti fuoristagione, berretti di lana “della nonna”, occhialoni scuri da menagramo e capelli poco curati… Nulla a che vedere coi cocktail e le palme cui ci abituarono all’epoca sex symbol britannici come Wham, Spandau e Duran. Basti pensare che ‘Such a Shame’ traeva spunto dal libro preferito di Hollis, ‘L’uomo dei dadi’, romanzo di circa 700 pagine dello psicanalista George Powers Cockcroft, alias Luke Rhinehat.
Pioniere del post-rock
Dopo ‘The Colour of Spring’ (1986), già teso a una nuova onda rock particolarmente cupa, arrivò nel 1988 ‘Spirit of Eden’, una fusione quasi sperimentale di improvvisazioni ambient, jazz e minimal, che in molti oggi vedono come il disco alfa del post-rock. Altra peculiarità anti-commerciale del disco, il rifiuto da parte di Hollis e del suo compare Friese-Green di promuovere il disco: nessun video, nessun singolo, nessun concerto. Veri kamikaze del successo, i due scelsero di staccarsi dalla EMI, che portarono poi in causa per questioni legate ai diritti degli album precedenti.
Il canto del cigno per i Talk Talk
‘Laughing Stock’ (1991) fu il quinto e ultimo album dei Talk Talk: criptico e sperimentale, è divenuto un cult per pochi iniziati grazie alle sue note ricercatissime, alla forte componente strumentale e all’uso magistrale degli archi, quasi inedito per il pop dell’epoca. Fu però un terribile flop commerciale, che portò allo scioglimento dei Talk Talk nel 1992.
Mark Hollis nel 1998 apparve ancora fugacemente sugli scaffali con il progetto solista che portava il suo nome e poi si ritirò definitivamente a vita privata con la famiglia a Wimbledon. Importante la sua (silente) influenza sugli anni Novanta, decennio anti-pop per eccellenza, dai Radiohead ai Sigur Rós. Da citare ancora la riuscita cover dei No Doubt di ‘It’s My Life’, che nel 2000 riportò brevemente il gruppo alla memoria delle masse.
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