Con il nuovo EP Summer Bummer, gli Hearts Apart si confermano una delle realtà più interessanti del panorama punk rock italiano.
Sei brani intensi e viscerali che mescolano energia, ironia e un pizzico di disperazione, catturando perfettamente l’anima della band. In questa intervista ci raccontano il processo creativo dietro il disco, l’importanza dell’approccio DIY e i loro sogni per il futuro.
ASCOLTA L’EP: https://youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_nboB5ppOtVr31_B_KcC8shHJJc5ZWzVpU&si=PiRRxQ_28WqEMMqW
Summer Bummer è un titolo che evoca un contrasto forte: l’estate, spesso associata alla spensieratezza, qui sembra avere un lato malinconico e disilluso. Qual è il filo conduttore che lega queste sei nuove canzoni?
Crediamo che il trait d’union sia proprio il contrasto tra l’amarezza nata dalla fine di un rapporto in aggiunta ad una certa agorafobia e la volontà di reagire quanto di esserci ed aiutare, tramutate soprattutto in pennate decise, riff diretti, suoni graffianti, nervo, energia.
Avete registrato l’EP in modo spontaneo e diretto, con l’idea di catturare il vostro suono più grezzo e viscerale. C’è stato un momento in studio in cui vi siete detti: ‘Ok, questa è la versione definitiva, non cambiamo nulla’?
Al di là della microfonazione e del soundcheck, i brani sono stati incisi – strumentalmente – in due ore, con i suoni più fedeli ai nostri possibili. Già al primo ascolto, grande soddisfazione. Icio ha poi dato il suo tocco, plasmando il groove del registratore a cassetta in maniera, a nostro avviso, eccezionale.
“I Hate The Summer” è nato quasi per gioco, ma alla fine è diventato il singolo di lancio del disco. Cosa c’è dietro questo brano? È più uno scherzo musicale o un vero e proprio sfogo emotivo?
Dietro a questo brano c’è la fine penna della Santanchè.
Spoiler: non è vero.
Il brano è chiaramente una provocazione: di per sé il brano è decisamente solare, un martello pneumatico punk rock’n’roll, botta su botta. Nasce però da un dolore, da un’altra esperienza emotiva fallimentare connessa alla sindrome del rifiuto/abbandono. Olè. Ergo sì, la faccenda dello sfogo, della rivalsa, c’entra assai.
Nella vostra musica convivono urgenza punk, ironia e una vena di disperazione. Pensate che questa combinazione sia il segreto per trasformare il disagio esistenziale in qualcosa di catartico e condivisibile?
No. Non lo pensiamo, non possediamo nessuna formula segreta – forse di qualche intruglio alcoolico sì.
Crediamo però che sia un tentativo valido, certamente una forma di autoanalisi e cura, una terapia sonora da far riverberare ed esplodere sul palco o se non altro nei corpi di chi ci ascolta.
Dai primi concerti su un pick-up a 1.825 metri di altitudine fino ai palchi tra Italia e Germania, il vostro percorso è stato tutto fuorché convenzionale. Quanto conta per voi mantenere questa attitudine DIY e fuori dagli schemi?
Noi siamo Maestri di Casualità. Che ci piaccia (spesso sì) o meno, rotoliamo nel futuro su questo barcone messo assieme da una certa organizzazione e da un certo caos. Il dionisiaco e l’apollineo? Ma sì, esageriamo. Del resto l’attitudine do it yourself ci ha plasmati come persone prima ancora che come musicisti. E gli schemi ci piacciono solo giusto giusto se connessi allo sport.
Con Summer Bummer avete alzato l’asticella rispetto ai vostri lavori precedenti. Qual è stato l’elemento che ha segnato maggiormente la vostra crescita, sia a livello di scrittura che di sound?
Indubbiamente Gesù.
No, scherziamo.
Onestamente ci è difficile cogliere un solo preciso aspetto attinente all’evoluzione del nostro scrivere. Cambiano le esperienze personali, i mood dei periodi, gli ascolti, le esigenze. E così cambia anche la composizione dei brani. Però questo EP è stato scritto quasi del tutto pensando già a questi 6 brani da fare anzitutto in studio, coesi, nati pressoché tutti dalla stessa sostanza.
Guardando al futuro, c’è un posto o una situazione in cui sognate di suonare la vostra musica? E che tipo di pubblico immaginate di trovare dall’altra parte del mondo?
Suonare al funerale di Salvini. Sai che figata?
Detto ciò, si sogna di poter calcare più palchi all’estero, si sogna di poter aprire ai Marked Men, agli Hives, ai Rancid.
È già splendido suonare per le persone connesse al mondo punk rock, come è stimolante sudare per chi non ne fa parte. Avanti così, noi lo si fa soprattutto per tentare di salvarci dall’oblio post-liberista e per dirci che ci vogliamo bene e che ci divertiamo.
Hearts Apart on vinyl:
https://www.epidemicrecords.net/store/58-hearts-apart