In primo pianoMusica

Janis Joplin: simbolo di libertà, passione e fragilità umana

Janis Joplin

Janis Joplin è una delle figure più iconiche della storia della musica americana, una voce potente e un’anima tormentata che ha segnato gli anni ’60 con il suo stile unico e la sua intensità emotiva.

Conosciuta come la “Regina del Blues Rock“, Janis Joplin ha rivoluzionato il panorama musicale con una fusione di blues, rock psichedelico e soul, incarnando lo spirito ribelle e libertario della controcultura hippie. La sua vita, breve ma intensa, si è conclusa tragicamente all’età di 27 anni, lasciandola per sempre nel leggendario “Club dei 27“.

Gli inizi: da Port Arthur al sogno musicale

Janis Lyn Joplin nacque il 19 gennaio 1943 a Port Arthur (Texas), una cittadina industriale conservatrice dove lei si sentiva un’outsider. Figlia di Dorothy, impiegata, e Seth, ingegnere petrolifero, Janis mostrò fin da giovane un interesse per l’arte e la musica. Durante l’adolescenza, trovò rifugio nei dischi di blues e folk, affascinata da artisti come Bessie Smith, Lead Belly e Big Mama Thornton. La sua voce potente e grezza, che sviluppò cantando nel coro della chiesa locale, era già un segno distintivo, ma il razzismo e il conformismo della sua città natale la spinsero a cercare altrove la sua strada.

Dopo un breve periodo all’Università del Texas ad Austin, dove fu vittima di bullismo per il suo aspetto fisico e le sue idee anticonformiste, Joplin Joplin abbandonò gli studi nel 1963 e si trasferì a San Francisco, attratta dalla nascente scena musicale di Haight-Ashbury. Qui iniziò a esibirsi nei locali folk, accompagnandosi con la chitarra acustica, ma fu l’incontro con il rock psichedelico a cambiarle la vita.

La svolta con Big Brother and the Holding Company

Nel 1966 Janis Joplin entrò a far parte dei Big Brother and the Holding Company, una band psichedelica della Bay Area guidata dai chitarristi James Gurley e Sam Andrew. Il loro primo album, Big Brother & the Holding Company (1967), passò quasi inosservato, ma fu il secondo, Cheap Thrills (1968), a consacrarli. Prodotto dalla Columbia Records, l’album raggiunse la vetta delle classifiche grazie a brani come “Piece of My Heart” e “Summertime“. La voce di Joplin, rauca e carica di emozione, trasformava ogni canzone in un grido dell’anima, mentre il sound della band univa il caos psichedelico a radici blues.

Il successo arrivò rapido, ma con esso emersero tensioni interne

Janis Joplin, sempre più al centro dell’attenzione, decise di lasciare la band nel 1968 per perseguire una carriera solista, sentendo che il gruppo limitava la sua visione artistica.

La carriera solista: Kozmic Blues e Pearl

Con la Kozmic Blues Band, Janis Joplin pubblicò I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama! (1969), un album che esplorava un sound più soul e rhythm and blues, influenzato da artisti come Otis Redding e Aretha Franklin. Brani come “Try (Just a Little Bit Harder)” e “Kozmic Blues” mostravano una Janis più matura, ma il disco ricevette critiche miste per la produzione e l’incoerenza stilistica. Nonostante ciò, le sue performance dal vivo, come quella al Woodstock Festival del 1969, rimasero leggendarie per la loro energia viscerale.

Nel 1970 Janis Joplin formò la Full Tilt Boogie Band

Un gruppo più coeso che le permise di esprimere al meglio la sua visione. Il risultato fu Pearl (1971), pubblicato postumo, considerato il suo capolavoro. Con canzoni come “Me and Bobby McGee” (scritta da Kris Kristofferson), “Mercedes Benz” (un brano eseguito a cappella, ironico e brillante) e “Cry Baby“, l’album mostrava una Joplin al culmine della sua potenza vocale e interpretativa, mescolando blues, rock e accenni country.

Lo stile musicale: un urlo dal profondo

Lo stile di Janis Joplin è un’esplosione di emozioni crude e autentiche. La sua voce, capace di passare da un sussurro fragile a un ruggito disperato, era il cuore della sua arte. Influenzata dal blues del Delta del Mississippi e dal gospel, Joplin trasformava ogni canzone in una confessione personale, spesso improvvisando e lasciando che il dolore e la gioia emergessero senza filtri. Il suo approccio al rock psichedelico aggiungeva un tocco di sperimentazione, mentre il soul le dava una profondità che pochi contemporanei potevano eguagliare.

Sul palco, Janis Joplin era una forza della natura

I capelli selvaggi, gli abiti hippie e un’energia quasi sciamanica catturavano il pubblico. Cantava con il corpo e l’anima, incarnando il motto della controcultura: “vivi intensamente, ama liberamente“. La sua abilità di trasformare cover come “Ball and Chain” di Big Mama Thornton in qualcosa di completamente suo dimostrava un talento raro, capace di trascendere i generi.

La tragica morte: dettagli e misteri

La vita di Janis Joplin si spense il 4 ottobre 1970, in una stanza del Landmark Motor Hotel (oggi Highland Gardens Hotel) a Hollywood. Aveva 27 anni ed era nel pieno della registrazione di Pearl. La causa ufficiale della morte fu un’overdose di eroina, ma le circostanze rimangono avvolte da domande irrisolte.

Quel giorno, Janis era attesa in studio per registrare la parte vocale di “Buried Alive in the Blues“, ma non si presentò. Preoccupato, il produttore Paul Rothchild mandò il road manager John Cooke a cercarla. Cooke la trovò nella stanza 105, riversa sul pavimento accanto al letto, con il viso insanguinato per una caduta e una sigaretta ancora tra le dita. Vicino a lei c’erano una siringa usata e una bottiglia di Southern Comfort (un liquore simile al whiskyy), il suo whisky preferito. L’autopsia, condotta dal coroner Thomas Noguchi, stabilì che la morte era avvenuta per un’overdose accidentale di eroina, aggravata dall’alcol. Noguchi notò che l’eroina era insolitamente pura – circa il 40-50% rispetto al 10-20% tipico dello street drug dell’epoca – suggerendo che Janis Joplin, abituata a dosi meno potenti, non si fosse resa conto della pericolosità.

Tuttavia, alcuni dettagli alimentano teorie alternative

Peggy Caserta, un’amica presente nei giorni precedenti, raccontò nel suo libro Going Down with Janis (1973) che Janis aveva acquistato l’eroina da un nuovo spacciatore, George “The Beard” Fher, noto per fornire droga di alta qualità. Caserta sostenne di aver visto Janis iniettarsi la sera prima senza problemi, ma di essere andata via prima dell’overdose fatale. Altri testimoni, come il fidanzato Seth Morgan, dissero che Janis sembrava in buona forma, anche se combatteva da tempo con la dipendenza, alternando periodi di sobrietà a ricadute.

Un mistero ulteriore riguarda il suo stato mentale: Janis aveva lasciato l’eroina per mesi durante la lavorazione di Pearl, ma era tornata a usarla sotto la pressione del lavoro e della vita personale. Alcuni ipotizzano che la purezza dell’eroina fosse un errore del fornitore, altri che fosse un atto deliberato, anche se non ci sono prove di omicidio. Il suo corpo fu cremato e le ceneri sparse nell’Oceano Pacifico, come da suo desiderio, mentre un piccolo memoriale si tenne a Marin County con amici e colleghi.

La morte di Janis Joplin sconvolse il mondo della musica, ma il suo lascito è immortale. Pearl scalò le classifiche postumo, e “Me and Bobby McGee” divenne un inno generazionale. La sua influenza si sente ancora oggi in artiste come Stevie Nicks, Melissa Etheridge e Amy Winehouse, che ne hanno ripreso l’intensità e la vulnerabilità.

— Onda Musicale

Tags: Aretha Franklin, Otis Redding, delta blues, Big Mama Thornton
Sponsorizzato
Leggi anche
Tell me a song: “Rikki Don’t Lose That Number” degli Steely Dan
Taylor Swift, è ufficiale: l’Eras Tour ha incassato 2,2 miliardi di dollari