“Venus” è una delle canzoni più iconiche della storia del pop-rock, un brano che ha attraversato decenni e confini geografici, diventando un simbolo della musica degli anni ’60 e oltre.
Interpretata dal gruppo olandese The Shocking Blue, Venus ha conquistato il mondo nel 1969, raggiungendo la vetta delle classifiche in numerosi paesi, inclusi gli Stati Uniti. La sua melodia accattivante, il riff di chitarra inconfondibile e la voce potente di Mariska Veres hanno reso “Venus” un classico intramontabile. Ma dietro il suo successo si cela una storia affascinante, fatta di ispirazioni, controversie e un’intuizione geniale
The Shocking Blue
I The Shocking Blue si formarono nel 1967 a L’Aia, nei Paesi Bassi, nel cuore della vivace scena musicale olandese nota come Nederbeat, un movimento che fondeva il rock psichedelico con influenze pop e beat britannici. La band fu fondata da Robbie van Leeuwen, un talentuoso chitarrista e compositore che aveva già fatto parte dei The Motions, un altro gruppo locale di successo. La formazione originale includeva il cantante Fred de Wilde, il bassista Klaasje van der Wal e il batterista Cornelius “Cor” van der Beek. Tuttavia, nel 1968, de Wilde fu sostituito da Mariska Veres, una cantante dalla voce potente e dal carisma magnetico, figlia di un violinista ungherese e di una madre franco-tedesca. Con i suoi lunghi capelli neri e il look esotico, Veres divenne il volto e l’anima della band, portando una nuova energia al progetto. I The Shocking Blue si distinsero per il loro stile psichedelico, arricchito da elementi folk e da un uso innovativo della chitarra e del sitar da parte di van Leeuwen, ma fu con “Venus” che raggiunsero l’apice della loro fama.
La genesi di “Venus”
La storia di “Venus” inizia nell’estate del 1969, quando Robbie van Leeuwen, mente creativa della band, compose il brano. La canzone fu inclusa nell’album At Home, il secondo lavoro in studio dei The Shocking Blue, ma fu rilasciata come singolo a luglio di quell’anno sotto l’etichetta Pink Elephant, creata appositamente per la band dalla casa discografica Dureco. La genesi del brano, però, non è priva di influenze esterne e dibattiti su presunti plagi.
Van Leeuwen si ispirò a “The Banjo Song“, una composizione del 1963 del trio folk americano The Big 3, che includeva Cass Elliot (futura membro dei The Mamas & The Papas). “The Banjo Song“, a sua volta, era un adattamento lirico e musicale di “Oh! Susanna“, un classico del XIX secolo scritto da Stephen Foster. Van Leeuwen prese la struttura ritmica e melodica di “The Banjo Song” e la trasformò, aggiungendo un riff di chitarra iniziale che molti hanno notato somigliare a quello di “Pinball Wizard” degli Who, pubblicato pochi mesi prima, nel marzo 1969, come parte dell’opera rock Tommy. Sebbene non ci siano mai state azioni legali per plagio, queste somiglianze hanno alimentato discussioni tra gli appassionati di musica. Tuttavia, van Leeuwen non si limitò a copiare: riscrisse completamente il testo, dando vita a una celebrazione della dea Venere, simbolo di bellezza e amore, e creò un arrangiamento fresco e ballabile che si discostava dal folk per abbracciare il pop psichedelico.
Un dettaglio curioso della genesi di “Venus” è un errore nel testo originale
Nel verso iniziale, “A goddess on a mountain top” (“Una dea in cima a una montagna“), la parola “goddess” (dea) fu erroneamente trascritta come “godness” nel testo fornito a Mariska Veres. Lei cantò la parola così come era scritta, e questo refuso rimase nella versione registrata, diventando parte del fascino unico del brano. Le successive cover avrebbero corretto l’errore, ma l’originale conserva questa imperfezione storica.
Il significato di “Venus”
Il testo di “Venus” è semplice ma evocativo, un’ode alla bellezza e al potere seduttivo di una figura femminile idealizzata, paragonata alla dea romana dell’amore, Venere. “A goddess on a mountain top / Was burning like a silver flame / The summit of beauty and love / And Venus was her name” (“Una dea in cima a una montagna / Bruciava come una fiamma d’argento / Il vertice della bellezza e dell’amore / E Venere era il suo nome“) dipinge un’immagine mitologica e sensuale. La protagonista è descritta come irresistibile, con “occhi cristallini” che fanno “impazzire ogni uomo” e un’aura oscura e misteriosa (“Black as the dark night she was“).
Il ritornello, con il celebre “She’s got it / Yeah, baby, she’s got it / I’m your Venus, I’m your fire, at your desire” (“Lei ce l’ha / Sì, tesoro, lei ce l’ha / Sono la tua Venere, sono il tuo fuoco, al tuo desiderio“), trasmette un senso di sicurezza e magnetismo.

Sebbene il testo possa sembrare una semplice celebrazione della bellezza femminile, alcuni interpretano “Venus” come un riflesso dell’epoca: gli anni ’60, un periodo di liberazione culturale e sessuale, in cui le donne stavano ridefinendo il loro ruolo nella società. Mariska Veres, con la sua presenza scenica forte e indipendente, incarnava perfettamente questa figura. Per altri, il brano è un’esaltazione universale dell’attrazione e del desiderio, priva di significati più profondi, ma resa immortale dalla sua immediatezza e dalla sua energia.
Dove è stata registrata Venus?
“Venus” fu registrata al Soundpush Studio di Blaricum, una cittadina nei Paesi Bassi a circa 30 chilometri da Amsterdam. Questo studio, relativamente modesto, era dotato di una macchina a due tracce, un’attrezzatura semplice per gli standard odierni ma sufficiente per catturare l’essenza cruda e diretta del brano. Robbie van Leeuwen non solo scrisse la canzone, ma ne curò anche la produzione, supervisionando ogni aspetto della registrazione. La band utilizzò strumenti essenziali: la chitarra elettrica di van Leeuwen per il riff distintivo, un basso discreto ma pulsante suonato da Klaasje van der Wal, la batteria ritmica di Cor van der Beek e, naturalmente, la voce straordinaria di Mariska Veres. L’arrangiamento fu arricchito da un pianoforte elettrico che riprendeva la linea di basso, rendendo il brano più dinamico e ballabile rispetto alle sue influenze folk.
Quando “Venus” uscì nei Paesi Bassi nel luglio 1969, raggiunse rapidamente la terza posizione nella Top 40 nazionale
Ma il vero successo arrivò alla fine dell’anno, quando il singolo fu distribuito a livello internazionale. Il 13 dicembre 1969 approdò nei negozi degli Stati Uniti sotto l’etichetta Colossus, grazie al produttore Jerry Ross, che stava promuovendo il cosiddetto “Dutch Sound“. Il 7 febbraio 1970 “Venus” raggiunse la numero uno della Billboard Hot 100, un traguardo storico: fu la prima canzone olandese a ottenere questo risultato. Rimase in vetta per tre settimane, vendendo oltre un milione di copie negli Stati Uniti (certificata disco d’oro) e più di cinque milioni in tutto il mondo. Il brano dominò le classifiche anche in Belgio, Francia, Italia, Spagna e Germania, diventando un fenomeno globale.
Il successo di “Venus” non si fermò al 1969
Nel 1986 le Bananarama, un trio femminile britannico, ne realizzarono una cover in chiave dance prodotta dal trio Stock Aitken Waterman, riportandola al numero uno in sei paesi. Questa versione, con il suo stile hi-NRG e un video provocatorio, introdusse “Venus” a una nuova generazione. Negli anni, la canzone è stata reinterpretata da numerosi artisti, inclusi i Dalton (versione italiana del 1969) e Mina (1986), ed è apparsa in film, serie TV e pubblicità, consolidando il suo status di classico.
“Venus” rimane il lascito più duraturo dei The Shocking Blue, una band che, nonostante altri successi come “Mighty Joe” e “Never Marry a Railroad Man“, è spesso ricordata come un “one-hit wonder” al di fuori dei Paesi Bassi. Dopo il 1970, il gruppo continuò a produrre musica fino al suo scioglimento nel 1974, quando Robbie van Leeuwen si ritirò e Mariska Veres intraprese una carriera solista per poi morire nel 2006.
Un brano nato da un mix di ispirazioni, errori fortuiti e talento puro
Dalla sua genesi controversa alla registrazione in un piccolo studio olandese, fino al suo trionfo globale, la canzone rappresenta un momento magico nella storia della musica pop. I The Shocking Blue, con la loro visione psichedelica e la voce indimenticabile di Mariska Veres, hanno creato un inno che celebra la bellezza e il desiderio, un’opera che ancora oggi fa battere i piedi e accende i cuori.