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“Planet O” dei Daisy Daze and the Bumble Bees: un viaggio tra disco, fantascienza e Lupin III

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Lupin III

La canzone “Planet O”, pubblicata nel giugno del 1979 dal gruppo francese Daisy Daze and the Bumble Bees, rappresenta una curiosa anomalia nel panorama musicale dell’epoca.

Infatti, “Planet O” è un brano disco con sfumature fantascientifiche e sottotesti audaci, che ha trovato una seconda vita come sigla italiana della prima serie animata di Lupin III.

La sua storia è un intreccio di creatività, opportunismo commerciale e un pizzico di casualità, che merita di essere esplorato in dettaglio

Alla fine degli anni ’70, la disco music dominava le classifiche mondiali, un fenomeno che aveva conquistato anche la Francia. In questo contesto nacque “Planet O”, un singolo concepito come un tipico prodotto da studio, frutto della collaborazione tra autori e produttori attivi nella scena musicale francese dell’epoca. Il gruppo Daisy Daze and the Bumble Bees non era una band nel senso tradizionale del termine, ma un collettivo temporaneo, assemblato per sfruttare l’onda della disco e, forse, per sperimentare qualcosa di leggermente più audace rispetto agli standard del genere.

Il brano fu scritto da Farouk Safi (pseudonimo di Albert Emsalem, produttore insieme al cantante Pascal Auriat), Norbert Cohen (noto anche come Norbert Alvil, cantautore francese) e Sharon Woods, un nome che richiama il mondo della disco internazionale. L’arrangiamento fu affidato a Tony Rallo, un musicista esperto nel dare forma a suoni accattivanti e ballabili. La traccia, pubblicata inizialmente in Francia dalla casa discografica Disc’Az in formato 12” con una versione strumentale sul lato B, presenta tutti gli ingredienti classici della disco: una sezione ritmica pulsante, archi enfatici, fiati vivaci e un tocco di elettronica che strizza l’occhio alla fantascienza.

Tuttavia, “Planet O” non si limita a essere un semplice brano da discoteca

La copertina del singolo, che mostra un alieno muscoloso sovrastare una giovane donna in una posa sottomessa, e il testo stesso suggeriscono un’intenzione più provocatoria, che va oltre il puro intrattenimento. In Francia, però, il brano non ottenne il successo sperato, rimanendo un prodotto di nicchia in un mercato già saturo di proposte simili. La sua vera fortuna sarebbe arrivata altrove, in un contesto del tutto inaspettato.

Il significato del titolo e i sottotesti del brano

Il titolo “Planet O” è già di per sé un indizio della sua ambiguità e del suo potenziale evocativo. La “O” potrebbe essere letta come un richiamo al “Pianeta Zero“, un luogo immaginario e misterioso che si inserisce nel filone fantascientifico allora in voga, grazie a film come Star Wars o Incontri ravvicinati del terzo tipo. Ma c’è un’interpretazione più intrigante e controversa: il riferimento al celebre romanzo erotico Histoire d’O, scritto da Pauline Réage (pseudonimo di Dominique Aury) nel 1954.

Histoire d’O racconta la storia di una donna, chiamata semplicemente “O“, che si sottomette volontariamente a pratiche sadomasochiste in un percorso di esplorazione della propria identità e desiderio. Il parallelo con “Planet O” emerge nel testo della canzone, che narra di pirati alieni provenienti dal fantomatico “Planet O” con l’intento di schiavizzare e sedurre una giovane ragazza. Le liriche, cantate in inglese, alternano la voce femminile – inizialmente riluttante (“Please don’t touch me, don’t come near“) – a un coro maschile più deciso e dominante (“We’ll enslave you, we will break your soul“), fino a culminare in gemiti che suggeriscono un abbandono estatico.

Questa narrazione, accompagnata da un ritmo irresistibile e da un’atmosfera volutamente esotica e “spaziale”, sembra voler evocare un’immaginaria fusione tra fantascienza e trasgressione erotica

I Daisy Daze and the Bumble Bees, con questo brano, potrebbero aver cercato di distinguersi dalla massa dei prodotti disco inserendo un elemento scandaloso, ispirato alla letteratura erotica francese, ma senza mai spingersi troppo oltre per non alienare il pubblico mainstream. Resta il dubbio se il riferimento a Histoire d’O fosse intenzionale o semplicemente un’eco inconscia della cultura dell’epoca; quel che è certo è che il testo di “Planet O” ha poco a che fare con l’innocenza delle sigle animate per cui sarebbe stato poi utilizzato.

Chi erano i Daisy Daze and the Bumble Bees?

La risposta è sfuggente, come spesso accade con i progetti da studio degli anni ’70. Non esistono molte informazioni sulla loro storia o sui membri effettivi del gruppo. È probabile che si trattasse di un ensemble di session musicians, cantanti e produttori riuniti per l’occasione, senza una vera identità artistica consolidata. Il nome stesso – “Daisy Daze” (che potrebbe tradursi come “stordimento delle margherite“) e “Bumble Bees” (api ronzanti) – suggerisce un’immagine giocosa e surreale, in linea con il tono eccentrico del brano.

Nonostante il loro anonimato, i Daisy Daze and the Bumble Bees incarnano un fenomeno tipico dell’epoca

la creazione di gruppi “usa e getta” per cavalcare mode musicali passeggere. Dopo la pubblicazione di “Planet O”, non risultano altre incisioni significative a loro nome, e il collettivo sembra essersi dissolto rapidamente, forse tornando alle carriere individuali dei suoi componenti nella scena musicale francese. La loro eredità, tuttavia, sarebbe stata riscoperta e amplificata grazie a un imprevedibile colpo di scena in Italia.

L’approdo in Italia: da oscura traccia disco a sigla cult

La vera svolta nella storia di “Planet O” avvenne quando il brano approdò in Italia, dove fu scelto come sigla della prima serie animata di Lupin III, trasmessa nel 1979 sui circuiti delle televisioni locali. Pubblicato in formato 7” dalla RCA Victor, il singolo fu tagliato in due parti per adattarsi alla durata ridotta del vinile più piccolo, una pratica comune all’epoca. Ma come e perché una canzone disco francese con temi fantascientifici e sottotesti erotici finì per accompagnare le avventure del ladro gentiluomo creato da Monkey Punch?

La risposta sta probabilmente nella praticità e nel pragmatismo dei produttori italiani dell’epoca

Negli anni ’70, le sigle dei cartoni animati erano spesso selezionate tra brani già esistenti, adattati senza troppe pretese di coerenza tematica. “Planet O” aveva un ritmo accattivante, un’atmosfera moderna e un costo presumibilmente basso, dato il suo scarso successo in Francia. Il pubblico italiano, ignaro del testo in inglese e dei suoi significati nascosti, lo accolse con entusiasmo, associandolo indissolubilmente alle gesta di Lupin, Jigen, Goemon e Fujiko.

Il singolo fu ristampato più volte in Italia

Dapprima con la dicitura “Sigla della serie TV «Lupin III°»” aggiunta alla copertina originale, poi, a dicembre 1979, con una nuova versione che utilizzava l’immagine della locandina del film Lupin III – La pietra della saggezza. Questa connessione con l’universo di Lupin trasformò “Planet O” in un piccolo classico, nonostante la totale assenza di legami narrativi tra il brano e la serie. Laddove il testo parlava di pirati alieni e seduzione, gli spettatori vedevano inseguimenti, furti audaci e l’ironia del ladro in giacca verde.

“Planet O”: golden age degli anime in Italia

Con il passare degli anni, “Planet O” è diventato un simbolo della golden age degli anime in Italia, un’epoca in cui la sperimentazione e la casualità regnavano sovrane. Quando Mediaset acquisì la serie nel 1987, la sigla fu sostituita da Lupin, l’incorreggibile Lupin di Enzo Draghi, più in linea con il tono scanzonato dell’anime. Tuttavia, per i fan della prima ora, il fascino retrò di “Planet O” rimane intatto.

Oggi il brano è ricordato sia come una curiosità musicale – un raro esempio di disco con ambizioni trasgressive – sia come parte integrante della storia di Lupin III in Italia. Le sue ristampe in vinile colorato (come quelle del 2013 e 2018) e la disponibilità su piattaforme digitali testimoniano un interesse rinnovato, alimentato dalla nostalgia e dalla riscoperta del suo bizzarro background.

— Onda Musicale

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