Steve Morse, nato ad Hamilton il 28 luglio del 1954, è uno tra i chitarristi più conosciuti del mondo grazie al suo stile unico e la sua militanza in gruppi rock storici come i Kansas, i Deep Purple e naturalmente i Dixie Dregs i cui album hanno ispirato nomi illustri delle sei corde come Eddie Van Halen, Yngwie Malmsteen e tutta la scuola degli anni ’80.
In questi giorni Morse è stato alla University of Miami School of Music in Florida dove ha parlato della sua carriera, della chitarra e soprattutto della reunion dei Dixie Dregs il cui tour comincerà questa primavera. Vi riportiamo qui la sua intervista (clicca qui per leggerla in inglese) per AXS.
Ciao Steve! Dicci come sei tornato assieme ai Dregs originali per l’imminente tour.
“A dire il vero facciamo dei piccoli tour semi – regolari, ma non ogni anno. T. Lavitz è morto e poi abbiamo scoperto che anche Mark Parrish è deceduto! Non siamo rimasti in contatto con Steve Davidowski. Andy West, che era il nostro bassista, Allen Sloan (violino) e Rod Morgenstein (batteria) ne hanno parlato ed hanno rintracciato Steve. Era davvero preso dall’idea quindi mi hanno contattato a riguardo ed io ho detto di riunirci e suonare prima di fare qualsiasi altra cosa! Questo è quello che abbiamo fatto l’anno scorso ed è andata veramente bene. Allen e tutti quelli che ho nominato erano lì e quindi si trattava ancora della vecchia band, ma non ci sono state promesse, concerti, niente. Era solo l’occasione perfetta per familiarizzare di nuovo l’uno con l’altro e con la musica. Abbiamo suonato la maggior parte delle canzoni dal disco “Free Fall” quindi adesso la band include tutti quelli che hanno suonato il quell’album. Tutti avevano qualcosa in mente a proposito di come sarebbe stato un tour e quindi abbiamo detto “sì, facciamolo!” Io mi stavo solo immaginando un paio di brevi viaggi verso dei resort a cinque stelle (ride)! Nah, sto scherzando! Ma comunque sì, la personalità di tutti era molto simile a quella che mi ricordavo e tutti suonano alla grande”.
Hai dovuto prenderti una licenza dai Deep Purple per far funzionare la reunion o c’è stata un’opportunità per il tour dei Dregs?
“C’è stata un’opportunità ed il mio manager Frank ha visto che ci sarebbe stato un buco nel programma dei Deep Purple quindi è subito corso da me per dirmelo! È successo davvero in fretta”.
È stato impegnativo rimparare i vecchi brani oppure la memoria muscolare ha funzionato?
“Beh, entrambi. La memoria muscolare, sicuramente, per la maggior parte anche se ogni tanto c’era una sezione strana. Per esempio una delle canzoni che stiamo facendo, “Day 444”, non è mai stata suonata live da tutti noi quindi lì non c’era molta memoria muscolare! Quando l’abbiamo registrata io sono partito solo da un click, ho registrato la mia parte, poi Lav ha suonato e poi l’hanno fatto anche tutti gli altri. Ad un certo punto tutti hanno ascoltato ogni canzone per ottenere tutte le varie sfumature e così via in modo da fare il miglior lavoro possibile, ma quando ci siamo incontrati l’anno scorso tutti noi eravamo preparati!”
Come avete deciso, tu e gli altri Dregs, quali brani rivisitare?
“Tutti hanno parlato di quello che volevano fare, poi Andy ha fatto un sondaggio sul nostro sito web ed abbiamo incluso i feedback dei fan. Abbiamo contato i risultati dei fan almeno quanto un altro voto nella band”.
Come chitarrista che cosa cambia per te quando passi dalla strumentazione che usi per i Kansas, o per i Deep Purple, a quella per i Dixie Dregs? O non è affatto un “cambiamento”?
“Con i Dixie Dregs ci sono delle parti veramente specifiche in ogni canzone e molte di queste parti sono dei contrappunti dove io devo essere sicuro di suonare esattamente la stessa cosa che sta suonando Andy oppure Allen al violino. Questa è una cosa che facevo all’epoca, sapendo che eravamo un gruppo rock strumentale, per tenere i pezzi compatti, ma anche per cambiare quel tanto che bastava per mantenere vivo l’interesse della gente”.
La tua strumentazione è la stessa per ognuna delle tue band? Stesse chitarre e pedaliere?
“Tecnicamente sono cose diverse, ma fondamentalmente stiamo solo facendo un’irruzione nel mio studio per le mie cose stavolta! Quindi è simile, ma con meno casse!”
Hai sempre fatto delle grandi cover. È stato difficile imparare “The Clap” di Steve Howe (Yes)? Lo considereresti una tua influenza?
“Ho sempre pensato che tutto quello che ha fatto Steve Howe fosse ben pianificato. Infatti, per un breve periodo, ho cercato di ‘resuscitare’ un pezzo che avevo scritto per me e Steve intitolato “Up in the Air” (dall’album “Industry Standard” del 1982). Volevo riproporlo durante un tour dei Dregs, ma non è successo, ma Steve Howe comunque è stata una delle mie prime grandi influenze perché è stato il primo, che io ho sentito, suonare quella che lui chiamava “chitarra spagnola”. Io la chiamavo “chitarra classica”, ma comunque lo sapeva fare molto bene così come suonare la chitarra elettrica. Era interessato in entrambe ed ha legittimato l’idea che non devi appartenere solo ad un genere. Un altro brano che ‘risusciteremo’ è “Go for Baroque”. Parte con una chitarra classica e poi tutta la band si inserisce”.
Hai fatto una grande interpretazione di “Joy to the World” nella compilation “Merry Axemas” una ventina di anni fa. Hai scelto specificamente quella canzone per il progetto oppure avevi già una tua versione pronta?
“È stato Steve Vai a mettere l’album insieme e, all’epoca, e quando arrivarono a me erano rimaste solo tre possibilità (ride)! “Chestnuts / The Christmas Song” o qualcosa che sarebbe stata grande per qualcuno che suonava jazz, ma io volevo fare una versione rock e quindi bisognava riscrivere la melodia e pensare a tutte le possibilità. Avere a che fare con arrangiamenti come questi diventa impegnativo al pari di scrivere la propria canzone soprattutto quando viene buttato in tutte queste cose che prima non c’erano”.
L’hai davvero fatta da solo con i tuoi fills e le tue armonie. Suppongo che questo sia il trucco quando devi mettere la tua firma su un brano che tutti riconoscono come esistente.
“Questo è qualcosa a cui non faccio a meno di pensare. Sicuramente volevano includere questa parte (ride)!”
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