Vi è mai capitato di andare ad un concerto nel vostro locale di fiducia e pensare: come è possibile che uno così bravo non sia famoso? Se doveste imbattervi in un concerto di Paolo Saporiti avreste la stessa sensazione.
Chitarrista, cantante e compositore, Paolo Saporiti propone un cantautorato in cui l’attenzione per i dettagli e la profondità dei testi sono il valore principale. La sua voce calda, graffiante ed evocativa innesca perfetti equilibri con gli arpeggi costruiti dalla sua chitarra acustica.
Dopo alcuni album da solista, nel 2015 forma i TODO MODO assieme a Giorgio Prette (ex batterista degli Afterhours) e Xabier Iriondo (chitarrista e polistrumentista degli Afterhours). Il loro progetto sforna due album: “Todo Modo” (2015) e “Prega Per Me” (2017), entrambi usciti per l’etichetta GoodFellas con grande riscontro di critica.
A marzo 2018 è uscito il suo ultimo album da solista “Acini” da cui viene estratto il primo straordinario singolo dal titolo “Arrivederci Roma” seguito da “Amica Mia”.
Il 12 dicembre è venuto il momento per il terzo singolo “La Mia Luna”, un brano di una bellezza commovente con una melodia a metà strada tra dolcezza e malinconia ed un testo autobiografico, accompagnato da un video da cui è impossibile staccare gli occhi.
Link al video
Quando hai deciso di fare il cantautore e cosa ti ha spinto in questa direzione?
“Avevo più o meno dodici anni quando mia madre, su suggerimento di mio zio, mi fece regalare la prima chitarra classica, una Clarissa, accompagnata dalle trascrizioni e dai testi di Nebraska di Bruce Springsteen (unico suo disco che ho davvero apprezzato). Nel giro di pochi istanti, ebbi la conferma di come i suoni che sentiamo come nostri, siano fondamentali e debbano essere “proprio quelli e non altri”. Perché interiori. Non è una questione di età. Forse di ereditarietà ma transgenerazionale e collettiva, in quel caso. Non la volevo con le corde di nylon e basta e così fu, me ne dimenticati nel giro di qualche giorno, chiusa e sepolta in un armadio. Chiesi una chitarra acustica che mi fu regalata da mio padre, su mia indicazione questa volta, il Natale successivo. “Voglio un’acustica come quelle di Crosby, Stills, Nash & Young”, non era un capriccio di un giovane adolescente e la simbiosi che si scatenò ne fu la conferma. Mi arrivò una Fender – altro acquisto improprio – ma almeno il suono era quello, le corde d’acciaio sferragliavano e io ci potevo cantare su quello che ascoltavo, suonato dagli altri. Non era ancora tempo per una Martin, dicevano gli adulti. Ci pensai da solo quando andai in America per comprarmene una. Le concezione primordiale e definitiva. Pian piano ho iniziato a scrivere, appena la pressione interna è stata abbastanza alta. All’inizio avevo paura della mia voce e volevo fare il chitarrista alla Leo Kottke ma poi – come lui del resto – ho capito che le parole per un essere umano sono tanto, figuriamoci per uno che ha voglia di raccontarsi. La prima canzone, la prima manciata di brani, il primo disco in inglese, quello in italiano e così via, a partire da mio padre, mio zio, mia madre, dalla mia vocazione profonda.”
Qual’è la cosa che ti da più soddisfazione del tuo lavoro?
“Suonare su un palco, per un pubblico. Lo stesso processo di scrittura prevede sempre, dentro di me, un uditorio. Si tratti della musa ispiratrice o di chi ne fa le veci in quel preciso istante.”
Raccontaci del tuo nuovo singolo “la mia luna” come è nato ?
“Era estate, a Mantignana, Perugia. Eravamo in vacanza io e Silvia e una sera c’era questa splendida luna piena che illuminava a giorno la campagna e l’interno della nostra piccola tana. Quella sera ho capito quanto fossi felice con lei e quanto il mondo che stavamo costruendo mi corrispondesse a pieno. Parlo anche di Alessandro, suo figlio, col quale è iniziato subito un rapporto speciale ma io sono comunque un uomo razionale, un ingegnere dell’armonia con una propria precisa idea del mondo e fino a quando non ho inquadrato le cose emotivamente e tutto non mi risuona, finché tutto non mi appare come vero e reale, non riesco a procedere e a credere, lasciandomi andare alla realtà. C’è una soglia di verità in tutto quello che vivo che mi deve necessariamente convincere e corrispondere.”
Ci è piaciuto in modo particolare il video che l’accompagna, come vi è venuta l’idea?
“Merito dei due registi: Gabriele Ottino e Paolo Bertino. Ho trovato molto azzeccata l’idea di viaggio simbolico e l’ho fatta mia, l’illusione di un uomo di poter trovare la luna, cambiando panorama, anche attraverso la creatività (il film dei bambini). L’uomo così accetta di doversi confrontare con la propria solitudine – in relazione all’altrui – per poter attingere alle proprie grandi verità, il senso della propria esistenza su tutti, spalancando le porte sul mondo.”
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Paolo De Feudis – Onda Musicale