Dal 4 all’8 dicembre 2019 c’è stato a Roma il consueto appuntamento con la fiera della piccola e media editoria: “Più libri più liberi”.
Tra editori, autori e titoli vari, l’evento continua a stimolare numerose riflessioni e discussioni sul ruolo della letteratura oggi, della scrittura in senso lato o, ancor più, della carta stampata come supporto di diffusione culturale. Per chi scrive di musica, inoltre, la fiera è sempre il luogo più adatto all’incontro con le diverse realtà editoriali che si occupano (anche o solo) di musica. Per questo, di fronte alla quantità e la qualità dei testi dedicati, ho cercato di indagare sui perché, alla soglia del 2020, la scrittura musicale su carta possa o meno rappresentare una valida alternativa, se non il mezzo privilegiato, per la diffusione di contenuti di vario tipo non necessariamente fruibili sulla rete.
Perché, infatti, comprare libri di musica in un panorama musicale sempre più indirizzato verso forme aleatorie e l’online? Perché la musica raccontata su un libro può avere un rapporto direttamente o inversamente proporzionale alle forme “analogiche” d’esperienza d’ascolto? Oppure, a quale pubblico potrebbe rivolgersi la proposta editoriale dei diversi autori, giornalisti ed editori?
Ho rivolto la domanda – “Perché libri di musica oggi?” – ai presenti, addetti ai lavori e non, ottenendo le risposte più diversificate, vedendomi illustrate le diverse proposte di lettura e raccogliendo pareri abbastanza eterogenei tali da tracciare una panoramica di massima discretamente esaustiva.
Per la maggiore, lo sguardo sembra rivolto al passato, non solo perché i libri di musica sanno raccontare suoni e artisti di qualche decennio fa, ma perché alcune figure che hanno ruoli di responsabilità nelle case editrici hanno attraversato i decenni continuando a raccontare i miti del proprio tempo. “Noi come editore abbiamo da qualche anno una collana dedicata alla storia della musica, perché l’editor responsabile (Ezio Guaitamacchi) è un grandissimo appassionato di musica (dai Led Zeppelin ai Pink Floyd) e appartiene a una generazione che ama quella musica alla quale piace trovare sui libri la storia di rock, blues, punk…”, ci racconta Elisa Basso di Hoepli. Ma rivolgere lo sguardo al passato, dunque, vuol dire anche continuare a raccontare quelle storie a chi quel passato lo ha vissuto. Infatti, prosegue la Basso: “Non sono libri che vanno a un pubblico giovane, ma a chi è nato nei 60,70, 80 e gli piace ritrovare band storiche. Una nicchia nel mercato della produzione musicale su carta che con pochi titoli ci ha fatto diventare il quarto editore dopo i big: Mondadori, Arcana, ecc.”
Il catalogo della casa editrice, infatti, propone diverse monografie illustrate riguardanti i diversi generi musicali (canzone d’autore, punk, rock classico, opera rock, blues, ecc.) raccontando l’evoluzione dei diversi generi, o di alcuni artisti di spicco, nel corso del tempo, da ieri a oggi.
Una visione parallela e diametralmente opposta è quelle raccontatami da altri, come ad esempio Yuri Garrett,editore di Caissa Italia: “La musica è cultura, troppi dimenticano che dietro un musicista non c’è improvvisazione, ma una storia personale che è fatta di studio ma anche di fatica e sacrifici enormi. Noi vediamo il frutto finale, che è quello del musicista che è già arrivato e che tutti conoscono, ma dietro questo ci sono storie che possono essere esempi e che possono rappresentare uno stimolo per un giovane che voglia intraprendere non soltanto quella strada ma tante altre strade”. Il racconto dei grandi del passato – come Lou Reed o Enzo Jannacci, di recentemente tracciato da Paolo Vites – per dare supporto alle nuove generazioni.
Ma lo sguardo al futuro, partendo da personalità interessanti di un passato – che forse non deve essere così lontano – può aiutare a leggere il complesso sostrato culturale del mondo in cui viviamo ancora. Questa è stata la visione proposta da Gianluca Testani, editor di Arcana e fondatore della neonata Jimenez Edizioni, che spiega: “Perché libri di musica oggi? Perché ancora raccontano storie interessanti, al di là della passione musicale. Ci sono dei libri che soddisfano curiosità per fan di un genere, artista o gruppo. Poi libri che ti aprono altri mondi ti danno prospettive diverse per ascoltare un disco, entrare in profondità di un genere musicale o riscoprire risvolti storici che non sapevi di non conoscere e che ti fanno dire: ‘Accidenti, davvero è andata così?’. E poi perché è importante la storia, così come è importante conoscere la storia d’Italia è importante la storia musicale per capire che musica ascoltiamo oggi. La musica in fondo non invecchia mai, anche quella di 40-50 anni fa, è importante per capire meglio quello che viene ascoltato oggi”.
E proprio Jimenez si è fatta carico di raccontare, in italiano, le storie di artisti controversi come Robbie Robertson di The Band, o di evidenziare gli innumerevoli intrecci tra musica, cultura e letteratura, come nel suo “Rock Lit” ha saputo fare Liborio Conca. L’autore in questione era presente a “Più libri più liberi” e ha saputo esporci la sua personale visione in merito: “Pensandoci direi perché il mondo della musica, intesa in senso molto ampio, poiché sappiamo che ci sono mille differenze tra i generi, contiene tante storie che sono degne di essere raccontate. Si può affrontare l’argomento sulla nascita delle band, degli autori delle canzoni, ma anche penetrare dentro le canzoni stesse, sia per quello che è il significato che hanno ricoperto nel corso del tempo sia per l’eco che hanno a livello culturale, perché esiste sempre un discorso culturale sulle canzoni e sulla musica”.
E proseguendo la discussione sugli intrecci tra musica, società arti e cultura di vario tipo, Antonio Coletta – autore di una monografia su Calcutta, così come di racconti dell’assurdo del suo nuovo “Mia madre astronauta” – ha affermato la necessità di leggere di musica in quanto “forma di sostegno al reddito per tutte quelle persone che lavorano nell’ambito musicale. La critica è sempre importante e se nessuno paga per leggere, nessuno scrive più e non ci sarebbe più critica o differenziazione tra i lavori. Potremmo finire ad ascoltare tutti le stesse cose, quello che ci passano gli algoritmi di Spotify. Se approfondissimo di più troveremmo delle scelte che potrebbero essere più consone alle nostre passioni. Comprare libri di musica è un modo per sostenere la cultura, l’editoria, per come si sia evoluta e verso quale direzione andiamo. A me interessa leggere chi scrive di musica perché mi aiuta a scoprire altri suoni ma anche altre arti, perché spesso gli autori di libri di musica sono appassionati anche di letteratura, cinema e i collegamenti con politica, attualità e cultura. È un centro da cui parte tutto”.
E un’attenta disamina su questo centro d’irradiazione in grado di produrre cultura, ma anche di distruggerla e ricrearla, l’ha fatta Antonio De Gennaro, editore di Minimum Fax: “La musica è un linguaggio con una grammatica e una storia di contesto sociale. Non potendo eludere la primaria esperienza d’ascolto, ci sono, qualche volta, dei libri che approfondiscono il sostrato culturale e sociologico. Andy Warhol e Miles Davis forzano una lingua per crearne un’altra, non accettano un canone ma lo forzano per crearne un altro. Minimum Fax è interessata sostanzialmente agli innovatori – sia musica o cinema – coloro che non hanno voluto subire gli stili, ma esprimere la libertà liberando, a loro volta, i fruitori. Dalla biografia di Davies – gli incontri con Bowie, Warhol ecc. – fino ai dialoghi di Chet Baker che abbiamo tradotto. Storie che aggiungono un valore all’esperienza d’ascolto e ti raccontano le ragioni di questa trasformazione dei linguaggi. Ci siamo spostati sul contemporaneo, il jazz, personaggi influenti come Tom Waits e interviste d’autore che hanno dignità letteraria quando di un certo livello. (In arrivo c’è un saggio di Simon Reynolds sull’elettronica di circa 800 pagine). Funzionano quando scritti bene, con una storia vera alla base che viene a spiegare l’evoluzione di suono, fraseggio, arrangiamento, uso degli strumenti”.
Uno sguardo che va al presente, dunque, sembra essere sempre necessario, così come suggerisce l’editore di Edizioni Clichy Tommaso Guerrieri: “Noi pubblichiamo biografie (Bowie, Vasco Rossi, De André, Syd Barrett e Battiato). Perché lo facciamo? Perché la musica è la forma che ci racconta tutti i giorni, senza mediazioni o sovrastrutture. È il suono della quotidianità”. E in quanto suono della quotidianità raccontare la musica implica anche il racconto di quello che siamo in quanto fruitori di questo o quel genere, anche quelle forme meno prettamente mainstream che un editore come Tsunami Edizioni ha saputo catturare, con grande personalità, parlando del Doom, così come di Metal, di Rap come di classici del rock (dai Led Zeppelin ai Rainbow di Ritchie Blackmore, per fare qualche esempio).
Max, dell’editore milanese, ci spiega: “I libri che parlano di musica parlano degli artisti che fanno musica, delle storie di questi artisti e quindi delle storie che stanno dietro ai dischi alla musica che ci accompagna tutti i giorni. Ognuno di noi – noi per esempio siamo metallari, ma ce ne sono tanti di generi, dal rap a qualsiasi alta cosa – ha una colonna sonora nella propria vita e i libri che facciamo noi sono alle spalle delle colonne sonore che scandiscono la vostra vita”.
Ma il mondo dell’editoria ha da fare i conti, costantemente, con la dura realtà di un mercato non sempre redditizio, dovendo giungere talvolta a un compromesso tra l’investimento, la passione e la tradizione, resistendo tuttavia ai cambiamenti nel tempo. È quanto emerso dalla conversazione con Federico Pancaldi, editore di Arcana Edizioni, marchio storico e per numero di pubblicazioni vero leader dell’editoria di argomento musicale: “Non è facile trovare una risposta, perché i numeri del mercato di libri di musica sono bassi, quindi la prima motivazione non è direttamente economica. Però ovviamente una compatibilità economica quando si fa gli editori ci deve essere e quindi si trova per fortuna.
È una ricerca difficile perché si deve adottare qualche accorgimento. Il perché poi è, anzitutto, portare avanti una tradizione che nel nostro specifico caso ha cinquant’anni e quindi si vorrebbe non si fermasse mai. Poi ovviamente la passione, siamo tutti appassionati di musica e ci piace ovviamente pubblicare libri che parlano di questi artisti”. Il catalogo Arcana, che ho avuto personalmente modo di sostenere con i miei contributi sui Pink Floyd, spazia dall’indie al Jazz al rock, dal commento delle canzoni di De Gregori o Paolo Conte, fino a saggi sull’influenza della musica, di ogni tipo, nella società e nella politica, nelle altre arti.
Ma i libri di musica possono anche sopperire alla mancanza – particolarmente frequente nei più giovani – di frequentazioni con i vecchi supporti, su tutti, il vinile. Paola Papetti, addetta stampa di Odoya, ci spiega: “Facciamo musica da tanto tempo. La nostra seconda collana è Odoya Cult Music. Abbiamo fatto della biografia importanti, come Tom Waits o Bob Dylan. Ci siamo trovati a gestire questa collana perché ci mancavano i supporti, cioè ci mancavano i vinili e i cd con i loro libretti. Lì c’era tanta cultura, venendo a mancare quella, e magari guadagnando in una fruizione più fluida per certi versi, è venuta a mancare un pezzo di cultura. Quella cultura la trovate nei nostri libri che parlano della musica che ha fatto storia. Ad esempio, nel libro di Stefano Solventi sui Radiohead c’è una lettura del passaggio dal vinile a Spotify, quindi da una musica più analogica possibile, fino alla musica dematerializzata. E credo che testi simili spieghino perché in tanti anni abbiamo trattato così tanto la musica”. E parlando di Vinili e della loro storia, è stato interessante parlare anche con Marco Tesei, giornalista e scrittore, che ha recentemente pubblicato un testo intitolato: “Mondo vinile. Stili, mode e avanguardie musicali in un pick-up”: “Io sono per quei libri di musica – parliamo di musica pop – che in qualche maniera riescono a far conoscere ai più giovani un periodo della storia musicale che non si conosce, o che si conosce per sentito dire, o che si vive senza sapere cosa si stia vivendo. Se prendiamo la musica degli anni Settanta e Ottanta, vediamo che il rock n’roll, così come il blues, nascono in un humus storico molto particolare, con annesse problematiche sociali, legate alla difficoltà dei rapporti umani. Little Richards ad esempio, era l’unico che riusciva negli anni Sessanta a raccogliere in un locale da ballo i bianchi e i neri… La forza della musica è cultura più di ogni altra cosa. La musica infatti si lega a molto altro, ad esempio il cinema, senza la colonna sonora il film è n’altra storia. Leggere quindi libri che raccontano la storia della musica, ma anche dei supporti che l’hanno portata avanti nel tempo, per esempio il vinile”.
E proprio di vinili ce ne erano molti nello stand dei ragazzi di Goodfellas, casa editrice con un catalogo molto interessante, che hanno sottolineato il ritorno nel mercato dell’album come oggetto tattile, una musica con una consistenza fisica apprezzata anche per le sue imperfezioni e che proprio nella sua “fisicità” riesce a legarsi con i libri e la loro funzione educativa: “La maggior parte degli ascoltatori di musica che compra i nostri libri vuole ancora ascoltare la musica in un certo modo. Quindi: perché ci sono i libri di musica? Perché la gente li compra, anzi c’è una riscoperta, un gusto dello sfogliare e toccare un libro. Purtroppo, i ragazzi, essendo abituati ai social – secondo studi recenti – tendono a sfruttare maggiormente una sola parte del cervello, con una lettura superficiale, c’è tutta un’altra parte che non si attiva legata alla corteccia. C’è una minor capacità di produrre un pensiero logico”.
Ma leggere libri di musica vuol dire, soprattutto, leggere storie appassionanti o addirittura testi che possano avere un valore letterario intrinseco quando l’autore – chiunque esso sia – riesce a raccontare e interessare anche se solo alludendo alla musica o partendo da quella. Questa è la proposta di Edizioni Sur presentata dalle parole di Selena Daveri: “Le storie legate alla musica sono in assoluto quelle più belle e divertenti che ci possano essere perché il formato libro pare resistere più rispetto al cd, quindi abbiamo qualcosa di concreto, non solo lo streaming ma anche qualcosa di solido da tenere in mano. Poi ci sono tanti modi diversi di parlare di musica: il memoir classico, l’autobiografia – come ad esempio quella di Johnny Marr che abbiamo pubblicato – c’è poi la saggistica, e testi sul modo in cui la ascoltiamo. Allo stesso tempo molti musicisti sono ottimi scrittori, infatti noi ripubblicheremo a febbraio il primo libro di Nick Cave”.
Matteo Palombi – Onda Musicale