Gigaton è l’undicesimo studio album realizzato dai Pearl Jam. Pubblicato lo scorso 27 marzo sotto l’etichetta discografica Republic Records, è stato prodotto da Josh Evans.
Quando ci si approccia al nuovo lavoro di una band leggendaria come i Pearl Jam si hanno due problemi. Sono gli stessi due che si incontrano ogni volta che si parla di una band che ha fatto la storia della musica.
Si possono riassumere in questo modo: riuscirò ad essere abbastanza imparziale o mi lascerò influenzare dal nome della band e dalla sua incredibile carriera? E possibile non rimanere almeno un po’ delusi dal disco? Perché parliamoci chiaro, di Ten (Epic Records, 1991) ne esce uno ogni 100 anni. Anche se, ovviamente, non mi dispiacerebbe sbagliarmi su questo punto.
Detto questo, bisogna ammettere che questo disco non è ai livelli di capolavori come l’appena citato Ten o Vitalogy (Epic Records, 1994). Tuttavia, non manca certamente di qualità.
La prima parte risulta quella più accattivante e meglio riuscita del disco. Inizia con Who Ever Said, che parte con un’intro elettronica per poi subito dopo lasciare spazio ad un tripudio di chitarre elettriche. Una scarica di adrenalina che ti fa entrare vivacemente nell’album.
Questa energia continua nella canzona successiva, Superblood Wolfmoon, caratterizzata da venature quasi alternative/punk nelle melodie dei versi. La ritroviamo poi anche nel quarto brano, Quick Escape, una traccia guidata da un martellante riff di basso che ricorda melodie alternative/ Nu metal.
Da sottolineare in questa sezione del disco è anche Dance of the Clairvoyants, terza traccia del lavoro. E’ forse uno dei brani più interessanti dell’album. Qui vediamo i Pearl Jam giocare con la musica elettronica. Infatti, la base è composta da una melodia elettronica accompagnata da un accattivante riff di basso. Nel complesso si può dire che è un brano che strizza l’occhio a sound alternative/elettro rock.
Passate queste prime canzoni, la scintilla compositiva sembra affievolirsi. Si entra in una sezione che presenta un notevole numero di ballads, elemento che di per sé non avrebbe nulla di negativo. Queste composizioni, però, non possiedono purtroppo quella genialità creativa che troviamo in capolavori come Black (Ten), Daughter (Vs., 1993) o Just Breathe (Backspacer, 2009). Non lasciano, quindi, una sostanziale impronta nell’ascoltatore.
C’è però un brano che vale la pena di sottolineare in questa seconda parte del disco. E’ Comes Then Goes, una canzone dall’arrangiamento che potremmo definire come essenziale. Infatti, a dominarla sono solamente delle chitarre acustiche dal sapore blueseggiante e la voce graffiante di Eddie Vedder. Tuttavia, è proprio questo elemento che risulta essere la sua forza. Grazie ad esso i Pearl Jam hanno, infatti, sapientemente creato una ballata che strizza l’occhio al southern e classic rock.
Gigaton, è, in generale, un album che potremmo definire abbastanza sperimentale. Mostra la voglia della band di esplorare diversi modi per reinventarsi. E’ un lavoro eterogeneo che prende spunto da vari tipi di rock e inserisce alcuni elementi musica elettronica. Quest’ultimo elemento si può notare dal fatto che la band inserisca più volte anche drum loops e sintetizzatori all’interno delle basi.
Ad unire il tutto sono i testi, molto spesso legati all’ambito sociale. Non mancano, infatti,di far riferimento a Trump o di parlare del cambiamento climatico.
Giorgia Silvestri – Onda Musicale