Ecco alcune sue considerazioni tratte da un’intervista pubblicata sul suo podcast Digging Deep, nel quale la voce degli Zeppelin ha deciso di parlare “a ruota libera” di quello che probabilmente è stato il momento più complicato e delicato della sua vita, ossia quello dopo la morte di John Bonham e la successiva fine della sua esperienza con i Led Zeppelin.
“Nell’81, ’82 e ’83 ho cercato disperatamente di scrivere nuove canzoni per allontanarmi dalla mia prima esperienza musicale – ha spiegato Plant – a dirla tutta, molti anni prima di allora andai ai Rockfield Studiosdi Monmouth, in Galles, dove Dave Edmunds stava registrando alcuni brani. Il suo contratto con l’etichetta RCA stava per scadere e io adoravo la sfacciataggine del suo rock ‘n’ roll. Sembrava come quello degli anni ’60 proveniente da Nashville e Dave Edmunds era uno dei massimi esponenti di quel genere. Aveva davvero una band grandiosa”.
“Così andai ai Rockfield Studios – ha proseguito il cantante inglese– il posto mi piacque molto. Incontrai Dave Edmunds e lo convinsi a firmare per la Swan Song Records e poi ho proseguito con i miei affari, lui ha riscosso un grande successo e ha vissuto un bel periodo. Io ero solito passare spesso da quelle parti perché il confine con il Galles per me è una sorta di mana e inoltre laggiù ci sono posti davvero belli”.
Ed in effetti questo lavoro di preparazione è servito a Robert Plant per ripartire da zero con la sua carriera da solista: “Alla fine del 1980 non avevo un posto dove andare. I Led Zeppelin erano finiti, John era morto, così ho messo insieme una band chiamata Honeydrippers.”
E fu proprio con questa band che Plant ricominciò a esibirsi in concertini live, anche se in posti ben lontani da quelli ai quali era abituato con i Led Zeppelin: “Suonavamo gratis nei club in tutta l’Inghilterra era una band grandiosa perché era composta da grandi musicisti. Robbie Blunt e Andy Silvester erano i due chitarristi, erano entrambi musicisti straordinari e lo sono tuttora.”
In un’occasione tuttavia la band adottò uno stratagemma per scoprire se il pubblico fosse o meno a conoscenza della presenza di Robert Plant nella serata: Ecco cosa successe: “Il nostro autista andava all’entrata senza dire chi fosse e chiedeva a qualcuno presente chi suonasse nel locale. Se menzionavano il mio nome ce ne andavamo.”
Gli Honeydrippers volevano suonare la loro musica e non essere una cover band dei Led Zeppelin e non volevano in alcun modo attirare l’attenzione del grande pubblico per la sola presenza di Plant.
Poco tempo dopo, però, Plant e i suoi compagni si resero conto che ai loro concerti c’erano pochissime persone e che la situazione non poteva andare avanti a lungo e infatti Robert Plant decise di formare una vera e propria band con dei pezzi originali. Queste le sue parole: “Andai ai Rockfield Studios, o meglio, andai in quelli che oggi sono conosciuti come Monnow Valley Studios e misi su un gruppo insieme a Cozy Powell, Paul Martinez, Robbie Blunt e Andy Silvester che, per iniziare, suonò il basso.”
“Conobbi Andy quando suonava in un gruppo chiamato The Shades of Blue che si esibiva nella Black Country – ha proseguito il cantante di Birmingham – era un gruppo favoloso che suonava roba R&B davvero forte. E fu così che formammo questa band. Iniziammo a scrivere canzoni che ci vennero fuori così, quasi per caso. Alla fine Andy decise di tirarsi indietro e così al suo posto al basso arrivò Paul Martinez. A quel punto ci chiudemmo in studio e iniziammo a registrare qualcosa”.
Gli Honeydrippers, dunque, rappresentarono per Robert Plant un nuovo inizio, il punto di partenza per quella che è poi stata la sua carriera senza i Led Zeppelin.
La band realizza un solo disco nel 1984 intitolato “The Honeydripper: volume One” che veda la partecipazione anche di Jimmy Page, Jeff Beck e Nile Rodgers.