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“There will never be any band like them, ever, for eternity”: Brian Epstein, straordinario e lungimirante artefice del successo dei Beatles [Parte Seconda].

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Tra i prodotti che si potevano trovare alla NEMS uno dei più interessanti era sicuramente Mersey Beat. All’epoca – e stiamo parlando del 1961 – per avere il più rapidamente possibile informazioni fresche su ciò che accadeva sulla scena musicale bisognava per forza leggere la carta stampata.

Fu proprio tramite lo stesso giornale – per l’esattezza con il suo secondo numero – che lo stesso Brian scoprì l’esistenza di un gruppo che si faceva chiamare The Beatles… (con il senno di poi, se chiunque di noi fosse stato al suo posto in quel momento, di sicuro si sarebbe mangiato le mani!). Nella sua autobiografia, A Cellarful Of Noise (uscita nel 1964), Brian non ce la racconta giusta, dal momento che narra – in maniera un po’ romanzata – il momento in cui un diciottenne del luogo entra nel negozio chiedendo di “My Bonnie”, singolo pubblicato nella Germania Ovest il23 Ottobre 1961. La richiesta del giovane, stando al racconto della biografia, pare cogliere alla sprovvista l’abile venditore, ma – come abbiamo appena visto – non è così.

A proposito della collocazione topografica del negozio NEMS di Whitechapel Street è importante notare come fosse situato letteralmente a una manciata di passi da Matthew Street, sede di un locale ricavato da un rifugio antiaereo e che, di lì a qualche anno sarebbe divenuto memorabile. Sto parlando del claustrofobico Cavern Club: fondato nel 1957, il suo nome sarebbe rimasto per sempre legato a quello dei Beatles, anche se non sono stati gli unici ad esibirsi al suo interno. Attualmente è ancora chiuso causa Coronavirus: ci auguriamo che possa riaprire il prima possibile.

L’incontro che cambiò sia la vita di Brian Epstein che quella dei Beatles avvenne il 9 Novembre 1961, durante un’esibizione all’ora di pranzo. A detta dello stesso Epstein, egli rimase colpito dalla loro abilità esecutiva, dal loro saper stare sul palcoscenico (anche grazie a un umorismo non comune) e dal fascino che emanavano (l’elemento più imponderabile di tutti, e che di solito si fatica a definire a parole). Dopo aver seguito l’esibizione dei Beatles e aver scambiato due parole con loro in camerino, Epstein andò a pranzo con il suo assistente Alistair Taylor, chiedendogli un parere su quanto aveva visto e sentito, oltre a chiedergli se fosse il caso che lui diventasse il loro manager.

Gli incontri della fine del 1961 furono fruttuosi, perché portarono alla firma del primo contratto dei Beatles con Brian Epstein. Il documento – visibile sul sito di Sotheby’s – fu siglato il 24 Gennaio 1962 per la durata di un lustro (cioè fino al 1967). L’ultima firma dell’accordo era quella di Pete Best: alla fine dell’anno al suo posto ci sarebbe stata quella di Ringo Starr.

Con il 24 Gennaio 1962 (leggi l’articolo) iniziava ufficialmente l’avventura dei Beatles.Epstein fu molto più di un manager, dato che – grazie al suo buon gusto e alla sua eleganza – diede ai quattro musicisti un aspetto professionale, non solo a livello di abbigliamento (fu abbandonato il look in jeans e giacche di pelle in favore del completo di sartoria, anche se inizialmente vi fu qualche resistenza), ma anche a livello di portamento (sconsigliato vivamente era il fumare, bere e mangiare durante le esibizioni, nonché il ricorso al linguaggio scurrile).

Dopo la conquista del contratto di “management” (come diremmo noi) veniva il difficile scoglio del contratto discografico. All’inizio del 1962 – esattamente il 1 Gennaio – c’era stato il famoso provino presso l’etichetta londinese Decca, famoso perché i Beatles erano stati scartati in favore dei Tremeloes. La svolta avvenne nel Giugno dello stesso anno, quando il gruppo ebbe occasione di conoscere George Martin, produttore discografico alle dipendenze della Parlophone (etichetta dipendente dal colosso EMI, gli stessi che gestivano gli studi di Abbey Road).

Con il 1962 iniziava un’avventura che avrebbe galoppato inarrestabile sino al fatidico 1966, quando i Beatles decisero che era doveroso prendersi una pausa dalla logorante vita delle tournée. Durante questi quattro lunghissimi anni, Brian aveva messo in piedi tournée su scala mondiale, oltre a numerosi altri impegni (film, apparizioni televisive e radiofoniche), che alla lunga avrebbero messo a dura prova la resistenza di chiunque. Con il rifiuto dei quattro musicisti a proseguire non si sa fino a quando con tale stile di vita, Brian ricevette un duro colpo, dal momento che si sarebbe aspettato ben altra reazione alle proprie proposte. I Beatles dimostravano di non essere docili creature, completamente al suo servizio.

Un aspetto poco edificante di questi anni forsennati era stata la dipendenza che Brian aveva sviluppato dalle anfetamine, dai sonniferi e dalle pillole in genere, conseguenza di uno stile di vita tutt’altro che equilibrato, dove l’estenuante raffica di concerti era stata sorretta da un’assunzione di stimolanti che – alla lunga – aveva fatto sentire i suoi effetti. Stravolto quello che avrebbe dovuto essere un normale ritmo quotidiano, molto probabilmente aveva compensato con i sonniferi e i sedativi. Tra questi ultimi fu il Carbitral ad essergli fatale, dato che l’esame autoptico determinò che la dose di pillole a cui si era assuefatto si rivelò letale in quanto combinata con l’alcol (molto probabilmente assunto a cena). In maniera del tutto accidentale se ne andava l’artefice dell’ascesa dei Beatles.

Il gruppo non si recò al funerale per evitare che la cerimonia si trasformasse in un eventoche avrebbe senza ombra di dubbio attirato parecchi fan. Non era il caso di fare gossip. John, Paul, George e Ringo onorarono la memoria del loro carissimo amico e manager il 17 Ottobre 1967, quando parteciparono ad una cerimonia presso la New London Synagogue, situata a pochi passi dagli studi di Abbey Road.

Brian Epstein – il quinto Beatle – riposa al Long Lane Jewish Cemetery di Aintree, Liverpool.

 

 

   Massimo Bonomo – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: The Beatles/Brian Epstein/Cavern Club
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