Esattamente un anno fa partiva “Nemesi Tour”, una performance di Alberto Nemonelle più importanti piazze dell’Italia del Nord.
Nel volantino che veniva distribuito si leggeva: “… oscurare lo schermo, scoprire cosa rimane ancora di noi; presto la luce si spegnerà e calerà il sipario. (r)esistere senza scomparire sarà la nostra nemesi.”.
Sappiamo tutti cosa è accaduto subito dopo. Oggi Nemo sta realizzando un album dal titolo “Nemesi” e sceglie di accompagnare i suoi brani con dei video neri e con questa frase: “Il suono non ha bisogno di immagini. Chiudi gli occhi. Immagina”.
Lo schermo oscurato non è qui un segno di perdita o di annullamento, è una presa di coscienza, il bisogno di ripartire dal gesto primario su una superficie per ritrovare la meraviglia e lo stupore dell’arte. Chiudere gli occhi non significa non vedere, è fermare il flusso delle immagini per concentrarsi. È l’otturatore della macchina fotografica che si apre il tempo necessario per registrare e poi si chiude perché la foto non si bruci.
Senza questa salutare oscurità perderemmo la vista e la vita, il necessario tempo del riposo, il piacere del risveglio. Lo schermo scuro è un dono di libertà, uno spazio nel quale lo spettatore è invitato a fermarsi per ascoltare e immaginare. L’attesa di un tempo che non sia una perdita.