Stadio di Wembley, Londra, 1987. I Genesis del periodo più pop, capitanati da Collins, stanno portando in giro per il mondo il loro tredicesimo album, “Invisible Touch”, dell’anno precedente.
Album che vede sonorità più ammiccanti agli anni ’80 e la stroncatura dei fan di vecchia data. Il concerto attira comunque moltissimi spettatori ed i Genesis, nonostante lo sfociare nel pop più 80’s, sono comunque in formissima.
Li troviamo quindi nella formazione a tre citata dal disco “… And Then There Were Three…” del 1979, chiamato così a causa dell’uscita del chitarrista Steve Hackett, con Phil Collins (voce e batteria), Mike Rutherford (basso e chitarra) e Tony Banks (tastiere).
Inoltre suonano assieme ai due turnisti Chester Thompson (batteria e percussioni) e Daryl Stuermer (chitarra e basso come il buon Rutherford).
Questi ultimi, dopo l’esperienza con i Genesis, confluiranno nel progetto solista del batterista canterino per eccellenza accompagnandolo durante i suoi concerti.
Il concerto prevede, per la maggior parte, il materiale dell’album in questione a cui si aggiungono brani di “Genesis” del 1983 (“Mama”, “That’s All” ed “Home by the Sea”), “Abacab” del 1981 (pezzo omonimo), “A Trick of the Tail” del 1976 (la strumentale “Los Endos”) e “Duke” del 1980 (“Turn It On Again”).
È proprio su quest’ultimo punto che mi vorrei soffermare. Dai quasi quattro minuti, “Turn …” arriva al quarto d’ora abbondante con le dovute variazioni nelle altre esibizioni live della band (viene usata anche “You Really Got Me” dei Kinks).
Ma andiamo con ordine. Inizio energico e classico, con la schitarrata di Rutherford e l’accompagnamento di Banks, con un Collins che gioca con il pubblico per i primi 3 minuti, ma poi tutto cambia.
Al brano di “Duke” viene fatto seguire un’altra canzone che ha influenzato, e continua ancora oggi, gli anni ’80. Si tratta infatti di “Everybody Needs Somebody to Love” dei Blues Brothers dove Collins non ha mancato di ricordare i nomi dei celebri personaggi interpretati da John Belushi e Dan Aykroyd.
Dopo l’America si torna nel Regno Unito per poi citare due delle maggiori influenze inglese sulla musica mondiale. Nello specifico sono i Rolling Stones con la loro mitica “(I Can’t Get No) Satisfaction” e l’urlata “Twist and Shout” dei Beatles (cantata all’epoca da un raffreddatissimo John Lennon).
Come il rock insegna, le origini stanno tutte nella cosiddetta “musica nera” tra blues, soul, jazz e rhythm and blues. Vengono dunque riprese “Reach Out (I’ll Be There)” dei Four Tops, un classico del “blue – eyed soul” dei Righteous Broters quale “You’ve Lost That Lovin’ Feelin’” (scritta a più mani tra cui anche quella di Phil Spector).
Piccola pausa con “Pinball Wizard” dei conterranei Who e poi si ricomincia con una scatenata versione di “In the Midnight Hour” di Wilson Pickett.
Detto questo è l’ora della ripresa finale di “Turn It On Again” e dell’assolo di batteria finale tra Collins e Thompson, sorretti dalle tastiere di Banks e le chitarre di Rutherford e Stuermer, per chiudere in bellezza brano e concerto con un pubblico in visibilio.
Certo, non siamo più nel periodo d’oro di Peter Gabriel, ma comunque questo è un piccolo episodio che, secondo il mio modesto parere, non fa male conoscere.
Vanni Versini – Onda Musicale