“Aham” è una parola che in sanscrito significa “Io sono”. Questa parola è stata la chiave con la quale ho iniziato ad indagare, seriamente e profondamente, sulla natura del mio essere e, di conseguenza, sull’essenzialità di ciò che percepisco come “Musica”.
Diversi anni fa ho cominciato a sentire il bisogno di rompere la trance in cui noi chitarristi elettrici viviamo da decenni. Dopo l’esplosione sonora, ed innovativa, dei grandi pionieri degli anni ‘60, ho trovato sempre più restrittivo e privo di immaginazione, sia il ruolo, che il suono della chitarra nel contesto della musica postmoderna.
Per cui, quando ho iniziato a concepire e a comporre le musiche per questo mio nuovo album, ho deciso di esplorare sonorità e contesti musicali avvalendomi della chitarra come unica fonte sonora e come unico campo di sperimentazione nel quale scoprire fino a che punto questo meraviglioso strumento, ed io, saremmo potuti arrivare.
Durante sei anni di lavoro e di sperimentazione, ho individuato alcuni limiti sulla gamma di suoni che la chitarra può produrre, ma sono stato anche incredibilmente sorpreso dalla sua versatilità e dal suo potenziale sonoro, quasi totalmente non sfruttato, o per lo meno abbastanza ignorato fino ad ora.
Infatti, man mano che andavo avanti con il lavoro, ero sempre più entusiasta ed eccitato dai piccoli/grandi segreti che lo strumento continuava a svelarmi.
Il modo in cui quest’album è stato concepito e realizzato, ha creato costrizioni e una distinta palette sonora, che hanno contribuito a definirne il suono ed atmosfera generale.
Non ero assolutamente interessato ad un progetto da “shredder” e visto che ho suonato tutto da solo, non aveva senso soffermarmi sull’improvvisazione, come metodo principale di espressione.
Nei brani si alternano (come nel caso di “Roots of progression” che è un mio tributo ai vari generi che hanno contribuito alla mia formazione di musicista) diversi riferimenti musicali, dal rock progressivo, al jazz-fusion, dalla musica ambient, al pop e musica classica.
Tutto ciò che si sente nell’album, da ciò che sembra batteria, basso, archi, fiati ed addirittura voce (come nel caso del brano “Aham”) è stato creato usando soltanto ed esclusivamente chitarra elettrica e/o acustica, trattata attraverso pedali analogici e plug-in digitali.
Uniche eccezioni, la voce solista di Andrew Strong (cantante e star del film “The Commitments”) nel brano “Alcove of stars”; la mia voce nel brano “The guilty thread” ed il mio battimani in “The last light spoken”.
Non ci sono Synth, Campionatori o Strumenti Elettronici di nessun genere… Solo il mio sangue, sudore e lacrime.
Alla fine non è così importante la modalità con la quale si costruisce un’opera musicale, ma soltanto se, ed in che modo, un musicista riesce a creare quello spazio emotivo e – da sempre – virtuale nel quale, sia l’artista che l’ascoltatore, trovano il modo per condividere le gioie, i dolori e la ragione stessa di questo nostro “Esistere”.
Spero che in questi miei sei anni di lavoro e di ricerca, io sia riuscito a descrivere un primo piccolo contesto musicale nel quale si odono i vagiti di quella che mi piace chiamare “Chitarra Transmoderna”.