Sono solo, al computer. Rifletto sul fatto che in questi anni ho passato molto tempo della mia vita online. Metto su da YouTube un po’ di musica per così dire “ambient”.
No, non quella che immaginate. Non ci sono uccellini o foreste nella distopia dell’Internet. Attacco quella musica post-moderna, tipica dell’Internet. La Vaporwave. Mi calo cioè nella parte, sono un anonymous in mezzo a tanti altri utenti connessi in rete.
E’ anni che ascolto questo genere musicale, iniziato dal mio coinquilino ad apprezzarne l’enfasi. Alcuni fra i commentatori online la considerano la prima estetica del cyberspazio. Navigando, cercando spunti, mi imbatto nel magistrale documentario di Wolfenstein OS X, “What the hell is Vaporwave?” a cui mi ispiro mentre scrivo.
“What the hell is vaporwave?”
Nasce da Tumblr e Reddit nei primissimi anni dieci. Non appartiene a nessun luogo fisico, è nata su Internet. Questo fa di lei il primo genere musicale realmente globale.
Nasce come una subcultura anni ottanta e novanta, e principalmente è una cultura a e s t h e t i c , estetica. E no, gli spazi sono al posto giusto. Fanno da cornice automobili provenienti dalle pixellose macchine da sala giochi che corrono su strade tropicali, statue greche, cultura giapponese, cavalli degli scacchi.
Si parla della migliore musica ascensoriale degli anni ottanta. Se ve lo state chiedendo, non è gregoriano. E’ musica da “elevator”, quelle musichette che si potevano e tuttora si possono trovare nei grandi centri commerciali dell’Occidente.
Questo, misto a dell’ottimo smooth jazz e funk new age.
Tutto inizia, dicevamo, nel 2010, quando il musicista sperimentale Daniel Lopatin (aka “Oneohtrix Point Never”) rilascia sotto lo pseudonimo di Chuck Person l’album “Ecco Jams Vol.1”.
L’album è formato da tracce audio composte da campionamenti di canzoni pop provenienti dagli anni ottanta rallentate in uno stile narcotico e tali da rievocare gli stili chopped and screwed, “tritato e avvitato”, genere che ha preso piede in Texas e legato al consumo di droghe leggere, in primis marijuana e sciroppo per la tosse (già, contengono codeina e prometazina…).
Nel contempo James Ferraro, definito ad oggi come l’“Andy Warhol” della nostra generazione, è nella fase migliore della sua carriera. Proviene da una formazione “rumorista” (chiamatela musica, se volete. Io la apprezzo lo stesso…), si sposta nel pop.
Non inventa un genere musicale: ne inventa due. Diventa il padre spirituale dell’hypnagogic pop nel 2010: new age, MTV generation e pop commerciale fungono da “medicina della nonna” per i figli degli anni ottanta-novanta, maturi al punto giusto negli anni dieci,ma non ancora troppo seri per smetterla con le droghe.
Il suo classico nel genere è “Night Dolls With Hairspray”, ed è tutto orgogliosamente low fidelity.
Ma è l’anno successivo quello che ci interessa: è il 2011, esce “Far Side Virtual” di James Ferraro. E qua la musica cambia, e non solo.
Anche l’estetica si aggiorna, si entra nelle tematiche sociali. Parole chiave: estetica digitale, iper-realtà, consumismo, retro-futurismo, advertising, pop art… In una parola, “distopia”.
Inizia il percorso che porterà alla vaporwave, inizia una descrizione della società vissuta dai millennials, i ragazzi nati fra il mondo pre- e post- digitalizzazone.
I ragazzi adattati a due mondi: prima di loro, i “vecchi”, che non si sono adattati al mondo digitale, dopo, i “nativi digitali”, che non hanno coscienza di un mondo precedente alla digitalizzazione.
Siamo arrivati a fine 2011. Vektroid, al secolo Ramona Andra Xavier, in arte Macintosh Plus, New Dreams Ltd, PrismCorp Virtual Enterprises, Laserdisc Visions, 情報デスクVIRTUAL, dstnt e molti altri.
E’ una DJ sperimentale, appassionata del mondo virtuale. Il suo contributo prende a prestito da Lopatin e Ferraro: li confonde, li distorce, li rende più maturi. Ora la vaporwave ha un senso, estetico e musicale.
Fonde la drone music, il minimalismo delle note prolungate, musica anni ottanta, funky, musica da ascensore e immancabili suoni di sistema tratti da Windows e glitch sonori.
Ad oggi è impossibile quantificare il numero di artisti facenti parte della vaporwave: dato il carattere underground del genere, esistono un’infinità di artisti minori.
Possiamo comunque senza pretesa fare un elenco dei maggiori artisti: Macintosh Plus, Blank Banshee, Saint Pepsi, マクロスMACROSS 82-99, Luxury Elite, Internet Club, Oneohtrix Point Never, Chuck Person, James Ferraro, 骨架的, Fuji Grid TV, ECO VIRTUAL, 2814, 회사AUTO, mediafired, Sacred Tapestry, Infinity Frequencies. Per citarne alcuni…
A e s t h e t i c s
“Who am I?” dice l’icona del computer su desktop. “You are already dead”, cita uno slogan motivazionale. “My life is almost finished”, recita una grafica scritta nel wordart di Word 95. “Solid State Drive”, recita un commento posto su un immagine di navi da guerra su un mare pacifico. Grafiche confuse, distorte.
Un tripudio di rosa e blu, riferimento agli occhialini per il tridimensionale. Colori digitali degni di una manciata di bit. Questa è l’estetica vaporwave, figlia legittima del caos dell’Internet e dell’epoca digitale.
E poi tablet, video fatti con programmi di modellazione 3d di edifici ormai obsoleti. Statue greche, il ritorno al classicismo. Musicassette e VHS, nostalgia del primo movimento digitale.
Il cavallo degli scacchi, l’uomo (lo scacchista mondiale Garri Kimovič Kasparov) battuto per la prima volta da Deep Blue, un computer della IBM.
E ancora cultura giapponese e ai kanji, vecchi videogiochi a scorrimento o visual novel, vecchi PC, Macintosh plus. Anche riferimenti alla seapunk, delfini, mari tranquilli.
La critica è al consumismo, al post-modernismo, al degrado delle pubblicità contemporanee. Alla velocità del mondo contemporaneo, a cui rispondono a tono le note lounge del genere.
Alla iper-contestualizzazone e alla omnicomprensione dei dispositivi digitali nelle nostre vite: in una parola: è distopia.
“La vaporwave è morta: lunga vita alla vaporwave” Lo afferma Mirror Kisses, lo suona Sandtimer e lo spiega Scott Beaucamp di Esquire.
Dopo la sua nascita e la diffusione nella seconda wave, a cura di Saint Pepsi, Internet Club, マクロスMACROSS 82-99 e degli altri, anche la vaporwave ha iniziato a subire quelle variazioni sul tema che accompagna tutti i generi musicali nel tempo. Velocemente, come il tempo su internet.
Ma la sua critica sociale è ancora ampia, così che il reporter di Esquire vede nella dichiarazione “vaporwave is dead” un obbligo da parte dei suoi fautori di annunciale pubblicamente la sua scomparsa anzitempo: difendere i “confini” del genere, dichiararlo morto, significa proteggerne l’identità in un dato periodo nel tempo.
Proteggerlo dal giogo stesso della realtà che critica. Le ragioni della creazione della vaporwave, continua Beaucamp, sono infatti rilevanti: il cinismo verso il capitalismo, il sarcasmo verso gli obiettivi mai raggiunti dall’utopia delle decadi passate, il consumismo, il desiderio di evasione, la globalizzazione.
La visione della Vaporwave non è ancora esaurito, il genere è ancora attuale e crescerà in nuove forme.
Una curiosità: su Facebook stanno nascendo comunità vaporwave legate ad alcune città, come Vaporwave Naples ナポリe Vaporwave Udine//\\ 悲しみ、ワインと雨.
Cercate la vostra!
Michele Venuti – Onda Musicale